Riflessioni in pillole Rubriche

La casa del commiato

Napoli, 1 Novembre – È da tanto che volevo parlare della casa del commiato, ma qualcosa mi tirava indietro, oggi ho deciso di farlo essendo questi, giorni in cui si commemorano appunto, i defunti. Senza dubbio è un argomento molto delicato e anche difficile da trattare essendo strettamente collegato alla morte. Tutti sappiamo che lasceremo questa terra, molti ne sono ossessionati, altri la esorcizzano vivendo come se non dovesse mai arrivare.

Filosofi, teologi, poeti e scrittori hanno cercato di trovarne un senso, ma come dice Vasco Rossi, un senso non ce l’ha. Se non fosse per un sovraffollamento sul pianeta e una difficile gestione della vita stessa in corpi ormai usurati dal tempo, una vita eterna terrena sarebbe desiderabile o perlomeno dovrebbe essere facoltativa, come l’ora di religione a scuola.

Ma veniamo alla casa del commiato. Al nord esistono da tanti anni, ma anche al sud ha preso piede. Mi sono chiesta più volte, il motivo per cui è nata, oltre al business ovviamente che qualcuno ha visto. In verità conoscendo la cultura del nord in cui c’è un concetto di privacy abbastanza diverso rispetto al sud e al contempo la freddezza con cui affrontano la morte, la casa del commiato ha un suo senso, ma da meridionale, la stessa al sud, mi lascia tanto amaro in bocca, ma soprattutto perplessità.

Mi ritrovo pur senza volerlo a pensare al passato, a cinquant’anni fa, che poi non sono neanche tanti, e a fare paragoni. Vestiti neri, una fascia nera sul cappotto, sono i ricordi che ho di mia madre e di mio padre, e spille a forma di bottone, ovviamente nero, al petto anche di noi bambini, per la dipartita del nonno materno. Un lutto che durava almeno sei mesi ma in molti casi fino ai due anni. Un vicinato che diventava famiglia e un defunto che veniva avvolto dall’amore, dalla dipartita alla sepoltura, senza essere mai lasciato solo. Nella misura in cui era in ospedale, venivano avvisati per tempo i parenti affinché potessero riportarlo a casa e farlo spirare nel proprio letto.

Perché oggi si sceglie una casa del commiato? Credo sia per lo stesso motivo per cui si predilige una casa di riposo, una domus.

Credo fermamente che siamo esseri immortali e coscienti anche senza corpo e mi addolora molto pensare a quelle anime abbandonate in un momento così delicato, in un luogo estraneo, con nulla di familiare che possa forse tranquillizzarle. Credo che mai come in quei momenti si abbia bisogno di amore, di vicinanza. Credo che siamo una generazione fragile e che il brutto tempo ci spaventa ma se imparassimo a non averne paura, vivremmo meglio la morte ma soprattutto la vita.

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