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NESSUNO È DA ESCLUDERE

Napoli, 3 Dicembre – Il tempo di vigenza del DPCM varato lo scorso tre novembre volge ormai al termine; tuttavia, ci apprestiamo a vivere un Natale che non si prospetta affatto giulivo, né tantomeno tranquillo: il nostro Paese (anzi, il mondo intero) sta combattendo duramente contro un nemico tutt’altro che “invisibile”, che non fa altro che turbare i nostri stati d’animo, oltre – ovviamente – a decimare la popolazione.

Ciò nondimeno, si tende spesso a dimenticare – se non addirittura a negare – l’esistenza di parassiti che, pur non avendo natura virale né batterica, sono da ritenersi indubbiamente nocivi per la civile convivenza: mi riferisco ai cosiddetti “parassiti sociali”, la cui carica è tale da spingere l’individuo a non prendere in debita considerazione le reali esigenze dei propri simili.

Attendendo il metrò ho notato che, pur essendo in corso diversi lavori di restyling delle stazioni e potenziamento infrastrutturale – cofinanziati, peraltro, dall’Unione Europea -, si continua a dare scarsa importanza al fatto che le persone affette da patologie invalidanti siano costrette a viaggiare in condizioni disagiate, a causa della presenza di molteplici barriere (non solo architettoniche!) tanto a bordo quanto a terra: agghiacciante, vero? Direi proprio di sì!

Alcuni cantieri, perdipiù, sono inspiegabilmente fermi da mesi, se non da anni: nel corso del lockdown primaverile non ci si è minimamente preoccupati di garantire ai diversamente abili uno stile di vita dignitoso, tale da non fargli avvertire il peso del macigno che hanno sul groppone: ciò avrebbe dovuto figurare tra le priorità nell’agenda del Governo centrale, il quale – oltre a gestire alquanto maldestramente la situazione epidemiologica – non ha affatto pensato al “dopo”. C’era da aspettarselo, dopotutto: dal duemiladiciotto s’è assistito, difatti, ad un brusco cambiamento di rotta in quel di Roma, giacché la classe politica – composta, in larga parte, da poltronieri e quaquaraquà, eccezion fatta per pochi – ha preferito (anche per ingraziarsi qualche consenso) far leva su un assistenzialismo tanto ridicolo quanto inutile: ciò comporta, ex se, un notevole spreco di risorse economiche e, al tempo stesso, una disfatta a livello sociale. In altre parole, sborsando denaro a go-go a beneficio di taluno che asserisce di averne bisogno (cosa non sempre vera!) si finisce per mettere a serio repentaglio la dignità di chi cerca un supporto – non necessariamente materiale – da parte di uno stato…democratico solo di nome!

Per fortuna – anzi, per divina Grazia, dato che sono credente – vi sono amministrazioni municipali, scuole, enti e soggetti privati che lavorano indefessamente al fine di rendere inclusivi gli spazi comuni: si pensi alle associazioni e/o fondazioni che, in collaborazione con le Autorità, si prodigano per l’edificazione di parchi inclusivi o per l’eliminazione di ogni cosa suscettibile di ostacolare (o rendere impossibile) l’accesso di un “invalido” ad un’area di interesse comune o ad un mezzo pubblico.

Se ciascuno ragionasse in questo modo – in parole povere, rimuovesse le barriere tra un neurone e l’altro del proprio cervello -, la strada verso la non esclusione di chi è meno fortunato non sarebbe in salita: iniziamo, dunque, ad esaminare con attenzione le nostre coscienze, cominciando a rimuovere dal nostro vocabolario termini come “cecato”, “zoppo”, “gamba di legno”, e via discorrendo, perché si tratta semplicemente di esseri umani.

M’aspetto di poter prendere la metropolitana insieme con uno di loro, purché chi di dovere lo metta in condizioni di sentirsi eguale, non “diverso”!

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