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Grecia, Commemorazione al Monumento ai Caduti dell’Oria: 75° anniversario del naufragio. Tra gli imbarcati il tenente medico Rodolfo Serpico di Scisciano

Napoli, 6 FebbraioPochi sanno del naufragio del piroscafo norvegese Oria e degli oltre 4000 militari italiani che vi hanno perso la vita. La nave era salpata l’11 febbraio 1944 da Rodi alle 17.40 per il Pireo. A bordo circa 4200 militari italiani destinati ai campi di detenzione tedeschi per aver rifiutato, dopo l’8 settembre del ’43, di aderire alla Repubblica di Salò e di proseguire la guerra a fianco dei nazifascisti.

 

I giovani italiani, che avevano scelto la fedeltà alla Patria, erano diventati Internati Militari Italiani e privati anche delle garanzie riconosciute dalla Convenzione di Ginevra ai prigionieri di guerra. Tra gli imbarcati sul piroscafo Oria c’era anche il tenente medico (Divisione Regina) Rodolfo Serpico, nato a San Martino di Scisciano, il 26 aprile 1913, figlio della signora Maria Teresa Spiezia e marito della signora Virginia Arienzo.

Domenica 10 febbraio 2019 alle ore 11.00 in Grecia, presso il Monumento ai Caduti dell’Oria, alla presenza dell’Ambasciatore d’Italia, di autorità civili, militari e religiose elleniche e italiane, oltre a quelle diplomatiche e ad un gruppo di circa 50 familiari dei dispersi che arriverà sul luogo da tutta Italia, si svolgerà una solenne commemorazione in occasione del 75° anniversario del naufragio.

La tragica vicenda. Durante la notte, l’Oria, una «carretta del mare» in grado di contenere non più di 800 persone, stipata all’inverosimile, fu travolta dalla furia del mare e affondò presso Capo Sounion, a 25 miglia dalla destinazione finale, dopo essersi incagliata nei bassi fondali prospicienti l’isola di Patroklos. Forse il più grande naufragio del Mediterraneo. Pochissimi i salvati, una trentina, compresi il capitano norvegese e alcuni degli aguzzini tedeschi, tutti gli altri sommersi; decine i cadaveri restituiti dal mare nei giorni e nei mesi successivi e sepolti in fosse comuni. Su quella carretta del mare, che all’inizio della guerra faceva rotta col Nord Africa, gli italiani in divisa che dissero no a Hitler e Mussolini vennero trattati peggio degli ignavi danteschi nella palude dello Stige: non erano prigionieri di guerra, di conseguenza senza i benefici della Convenzione di Ginevra e dell’assistenza della Croce Rossa. Allo stesso tempo, poi, il loro sacrificio fu ignorato per decenni anche in patria.

Dieci anni dopo dell’Oria si recuperarono le parti commerciabili, quanto al suo carico umano si continuò a considerarlo di nessun valore. Rimase segreta la lista degli imbarcati, diligentemente stilata dagli efficienti germanici; del tutto ignorato il sacrificio degli anonimi Resistenti, sommersi dall’Egeo e dal silenzio di chi non poteva non sapere. Ai familiari in trepida attesa si disse, dopo mesi o addirittura anni, che i loro cari erano “dispersi”.

Qualche anno fa un gruppo di sub greci coordinati da Aristotelis Zervoudis ha ritrovato i resti del piroscafo e riportato alla luce diverse gavette dei soldati; l’efficacia comunicativa delle nuove tecnologie, la solidarietà ellenica e qualche altra benevola concomitanza hanno aggiunto altri pezzi di verità.

 I familiari che hanno riconosciuto i loro cari nella ormai nota lista degli Imbarcati, accomunati dal dovere della Memoria, si sono messi in rete; è stato costruito un sito (www.piroscafooria.it) per raccogliere testimonianze, immagini, dati relativi alla vicenda dell’Oria e agevolare l’individuazione di altri parenti.

Il luogo del naufragio è considerato, secondo la convezione dell’Unesco, Sacrario del Mare e dal febbraio 2014, proprio di fronte all’isola di Patroklos, a pochi chilometri da capo Sounion, un monumento ai Caduti dell’Oria guarda la bella spiaggia di Charakas e lo splendido specchio di mare che ancora custodisce quel che rimane degli oltre 4.000 ragazzi italiani partiti da Rodi la sera dell’11 febbraio 1944.

Il 6 settembre 2017, con un fuori programma nella sua visita in Grecia, il Presidente Mattarella ha reso onore alle Vittime del naufragio del Piroscafo Oria deponendo sul monumento una corona d’alloro.

 

 

 

 

 

            

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