Riflessioni in pillole Rubriche

Giornata della Memoria, il campo di Ferramonti di Tarsia

Napoli, 26 Gennaio – Ferramonti, il campo di concentramento di Tarsia in provincia di Cosenza, rappresenta un fiore che spunta in pieno deserto o in una strada asfaltata, racconta una storia, anzi tante storie di cui se ne parla un gran poco, forse è anche giusto così poiché bisogna ricordare le atrocità commesse, far sì che le nuove generazioni sappiano affinché non avvenga più, anche se purtroppo di orrori ne è tutt’oggi pieno il mondo.

E’ bello però raccontare anche dell’umanità che appunto come il fiore, è sbucata in questo campo di concentramento. Ero ignara di questo luogo e della sua storia, ne sono venuta a conoscenza grazie ad una iniziativa del comune di Castenedolo, dove appunto vivo, che ha regalato alla sua comunità, un monologo stupendo di Sergio Mascherpa: “Il paradiso inaspettato”. L’attore di una bravura incredibile ha tenuto la platea col fiato sospeso per 60 minuti, raccontando egregiamente la storia di un deportato ebreo che viveva a Milano.

Era il 1940, 4000 ebrei e antifascisti da tutto il mondo, furono portati in uno spazio infinito, umido, pieno di zanzare, una zona da bonificare persa nelle colline calabresi. Era enorme, 92 baracche in 160.000 metri quadrati, uguale al campo di Dachau in Germania, ma con una sola grande differenza, qui nessuno subì violenza, nessuno venne mandato in un campo di sterminio, morirono 4 uomini, solo perché vittime di uno scontro aereo avvenuto nei cieli di Tarsia.

Le famiglie non furono divise, c’erano scuole, una biblioteca, una chiesa cattolica e tre sinagoghe. Si giocava a calcio, si cantava e si ballava. C’erano medici che curavano sia gli occupanti del campo che gli abitanti di Tarsia. Si celebravano matrimoni e nascevano bambini, alcuni dei quali ancora in vita ne raccontano la storia. Per assurdo in piena dittatura, all’interno del Ferramonti c’era un Parlamento che si riuniva regolarmente e democraticamente.

Tutto ciò si deve soprattutto a un grande uomo, il campano Paolo Salvadori direttore del campo che lo seppe gestire con umanità e rispetto per i deportati, ma anche agli internati che invece di soccombere a questa tragedia che li aveva travolti, seppero reagire e creare nonostante tutto. Non da meno il popolo di Tarsia che mettendo a repentaglio la propria vita, accolse gli ebrei nelle loro case, quando ci fu pericolo di deportazione.

Sono uscita da quella sala con le lacrime agli occhi e la felicità nell’anima. Ferramonti fu proprio un paradiso inaspettato e ciò non può che farci riflettere sul fatto che, anche in mezzo alla follia si può restare sani, anche in mezzo al terrore, restare coraggiosi ma solo finché resta umanità nel cuore. Mi piace pensare che se tutto ciò è accaduto al sud, un motivo ci sarà!!!

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