Politica

Ambiente politico italiano-romeno, metà dei cittadini non va più alle urne per votare chi in nome del popolo sovrano spende e spande risorse dei cittadini

Napoli, 1 Ottobre – A Padova, nella sua prestigiosa ed antica Università, nella stessa aula che fu di Galileo Galilei, c’è una statua dedicata allo studente, poi diplomatico romeno Costantino Cantacuzino 1636-1716, che ho illustrato nella romena e colta Rivista “Vox Libri”, della biblioteca regionale di Hunedoara di Deva, città dove ho insegnato dal 2004 al 2008. In quella colta città ho conosciuto persone, non sudditi ma cittadini con capacità notevoli di pensare indipendentemente da circostanze anche avverse dell’ambiente romeno in generale. Tra i colleghi di scuola ed amici esterni ricordo Maria Andrei e il marito Jon(entrambi chimici), Corina Oprisu, Mariana Pandaru (poetessa raffinata ed editorialista di Ardeal Literar), Paolina Popa (colta scrittrice con una sua casa editrice Emia), Victoria Stoian(ing e saggista), Denise Toma, Herminia Palu, Maria Petrescu, Lucian Popescu, Valeriu Bargau, Gabriel Nitu(conosce bene l’italiano e i diversi ambienti romeni), Gligor Hasa (con casa editrice, curata dalla nipote Isabela), Dumitru Talvescu (saggista), Dumitru Huruba, Dan Oghici, Dan Heredea, ecc., alcuni frequentavano la comune Associazione degli scrittori della judet Hunedoara con quasi mezzo milione di residenti e con le due capitali storiche di Sarmizegetusa.

Tra Italia e Romania le analogie sono molte, ma la prima resta la lingua neolatina e la storia dell’annessione della Dacia ad opera di Roma nel 106 d.C. con l’imperatore Traiano. Dopo l’annessione e la severità romana nel decidere sui vinti fu assicurato alla ex Dacia un trattamento clemente e fiduciario per oltre 150 anni di costruzione dell’identità attuale daco-romana. Ma non è di Cantacuzin che intendo scrivere ora, ma di ambiente politico italo-romeno, simile non poco. Non è solo la paura da covid19 che induce molti cittadini a disertare le urne e ciò avviene dappertutto nelle democrazie moderne più o meno secolarizzate.

La ricerca dell’autonomia di giudizio e dell’indipendenza dai feudi elettorali non è facile con il passare del tempo e con il dominio digitale, sembra di nascondere il capo sotto la sabbia come recita un eufemismo romeno ”cauta indipendent adverul, sau ingropa-ti-in nisip….Oricum va trebui sa sapi!”(Cerca la verità in modo indipendente o seppelliti nella sabbia … Dovrai scavare comunque!). Gli eufemismi, a volte, esprimono utile saggezza.

La sovranità popolare, che sostituì quella monarchica del re, non soddisfa più il cittadino moderno che vorrebbe una sovranità più diretta e meno mitica di quella delegata al popolo sovrano, facile preda di feudi elettorali non più dei nobili medievali ma dei politici più scaltri che mettono all’angolo quelli più onesti ed attirano i riflettori mediatici solo su di sé con l’arte della retorica dei diritti del popolo e dei soldi di dare come il reddito di cittadinanza italiano, respinto dalla maggioranza dei cittadini soprattutto al settentrione dove l’onesto dipendente privato cominciò a dire: ”ma se devo lavorare 40 ore per avere poco più del reddito di cittadinanza e senza fare niente, perché devo lavorare?”. P. Calamandrei affermava:”Solo la scuola può compiere il miracolo di trasformare il suddito in cittadino”. Ho l’impressione che quel miracolo avviene per alcuni ma non per la maggioranza che frequentano la scuola, giustamente diventata di massa cioè accessibile facilmente a tutti. Ciò vale anche per gli altri 26 Paesi dell’Unione Europea e non solo. Il suddito moderno, non ancora cittadino, spesso casca nella rete ben nascosta dalle parole politichese e li vota pensando di fare cosa buona e giusta. Nel mio ultimo libro “Canale di Pace. Paure da covid19, chi parla di pace non vuole la guerra ma uno stato globale” in corso di stampa ha avuto il filo conduttore del saggio è il dovere di essere cittadino come nell’art. 4 della Costituzione Italiana: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Dunque in futuro, forse prossimo, uno stato globale (che allo stato attuale non può che essere gli Stati Uniti d’America perché con più alto PIL pro capite e più democratico pluripartito di altri superpotenze), confedererà gli attuali 192 stati mondiali con il cittadino sempre più vicino alla Democrazia diretta e non solo rappresentativa come attualmente, che causa l’abbandono delle urne. In Romania alle ultimissime elezioni, nelle 41 judet, più della metà dei cittadini ha disertato le urne. L’affluenza nazionale è stata del 46,02%, leggermente più basa del 48% di quattro anni fa. A Bucarest ha votato soltanto il 36,93%. Oltre 18 milioni di cittadini romeni sono stati chiamati alle urne per eleggere i sindaci, i presidenti dei consigli provinciali e i membri dei consigli locali e provinciali dei prossimi quattro anni. Nelle elezioni amministrative svolte il risultato più rilevante sembra essere stato il cambio della guardia al Comune di Bucarest. Per la carica di sindaco della capitale infatti gli exit poll davano nettamente in vantaggio lo sfidante Nicusor Dan, il candidato indipendente sostenuto dall’alleanza liberal-conservatrice Pnl-USR/Plus che, con il 47.2% delle preferenze, sarebbe avanti di quasi 8 punti rispetto al sindaco socialdemocratico, uscente, Gabriela Firea, la quale avrebbe raccolto circa il 39% dei consensi. Sembrano appannaggio del centro-destra anche 4 sindaci delle circoscrizioni in cui è suddivisa amministrativamente la capitale, mentre la situazione è in bilico in una quinta circoscrizione. Al centrodestra anche il Comune di Costanza, una delle città più grandi e importanti della Romania, dove mori il massimo poeta latino Ovidio in esilio perpetuo e dove c’è la flotta marinara romena con l’ex ufficiale e presidente Traian Basescu. Lo scrutinio in Romania avrebbe dovuto svolgersi a giugno, ma è stato rinviato a causa della pandemia da covid19 e i mandati degli eletti a livello locale sono stati prorogati per questi mesi. Il candidato indipendente Nicusor Dan, sostenuto dal Partito nazionale liberal romeno PNL, ha vinto le elezioni amministrative a Bucarest, ottenendo il 42,75% delle preferenze e battendo la sindaca uscente, Gabriela Firea, candidata dei Socialdemocratici PSD, che ha raccolto il 38% dei voti, secondo i dati della Commissione elettorale quando sono stati scrutinati il 94,4% dei voti.

Dopo i primi risultati Dan aveva ringraziato gli elettori sottolineando che i consiglieri di USR, Unione per salvare la Romania, e del PNL dovrebbero avere la maggioranza in consiglio. “Cambieremo il volto di Bucarest” una città “con un potenziale straordinario” perché “c’è un’enorme discrepanza tra quello che i cittadini di Bucarest fanno nel loro ambiente e quello che l’amministrazione pubblica è riuscita a fare per loro. Da oggi dobbiamo lavorare insieme”, ha detto. Per Dan, la decisione di un’alleanza Usr-Pnl è stata la dimostrazione di un sacrificio per il bene della città, per i cittadini di Bucarest “esasperati dall’amministrazione socialdemocratica”. Anche nella piccola città di Deva, in Transilvania occidentale, dove ho insegnato 5 anni al Liceo tecnologico ”Transilvania”, ha vinto il PNL per la carica di Sindaco (con una consigliera del PMP, ing. Corina Oprisciu, mamma di un mio studente) e il PSD per la carica di Presidente di Judet.In Romania il budget municipale paga anche i docenti e i candidati sindaci venivano invitati a scuola. Dal punto di vista statistico, sono stati allestiti oltre 18 mila seggi elettorali a livello nazionale, di cui oltre 1.200 a Bucarest. I consigli locali, provinciali, i sindaci e i presidenti dei consigli provinciali vengono eletti tramite voto universale, segreto e liberamente espresso. Nella capitale gli elettori votano per la designazione del consiglio e del presidente del municipio di residenza, del consiglio comunale e del sindaco di Bucarest. I consigli locali e provinciali vengono eletti per circoscrizioni elettorali, in base al voto sulle liste, secondo il principio della rappresentazione proporzionale. In questo caso il voto sembra possa avere dei risvolti “politici” e potrebbe rendere un’idea di cosa succederà alle elezioni parlamentari previste nel mese di dicembre. I liberali, attualmente al governo, hanno vinto le precedenti elezioni europee superando i socialdemocratici, all’opposizione però con la maggioranza nel Parlamento. Buone percentuali tra gli intenti di voto gode anche l’Alleanza di centro-destra Usr-Plus che ha ottenuto un numero significativo di voti alle elezioni europee e che ha, nelle grandi città, un elettorato numeroso, scontento dei partiti tradizionali. Hanno proposto candidati anche alcuni partiti che si aggirarono intorno alla soglia elettorale del 5 per cento. Le elezioni si svolgono in un unico turno. Uno degli ultimi provvedimenti dell’ex governo romeno a guida PSD ha aumentato, di molto, lo stipendio agli statali ed in particolare dei docenti, che si sono visti raddoppiati i circa 400 euro mensili di prima. Alcuni docenti, di grado 1, hanno ora più di 1.100 euro al mese, mentre un operaio arriva a malapena a 300 euro mensili e con un costo della vita elevatissimo a cominciare dalla benzina a oltre 1,2 euro a litro. Nonostante la mossa propagandistica prima delle elezioni il PSD fu sconfitto dal partito liberale guidato dall’ex Sindaco di Sibiu-città d’origine tedesca- che è stato riconfermato a presidente della Repubblica presidenziale di Romania. In quel Paese, poco noto a molti esterni, compreso gli italiani che ospitano 1,2 milioni d’immigrati romeni, ormai alla terza generazione e molto integrata. Con il raddoppio degli stipendi agli statali l’equilibrio, generale del sistema economico e retributivo romeno, si è rotto e molti gridano che “la coperta è corta”. Secondo molti romeni, nel Paese, quest’ultima resa dei conti politica, è l’ennesimo segno di come gli amministratori siano sempre più scollegati dalla società: istruzione e assistenza sanitaria sono temi giudicati prioritari eppure nessuna forza politica sembra affrontarli davvero. Secondo l’analista Andrei Taranu:“viviamo una crisi strutturale, una crisi che i politici non sono in grado di affrontare. Per questo propongono piccole crisi facili da risolvere in tempi relativamente brevi, senza affrontare i problemi più dolorosi che aspettano di essere affrontati”. Sembra che l’Italia non sia molto diversa per il ceto politico in essere e con un governo, G. Conte 2, che non rappresenta più il voto popolare spostatosi al centrodestra. In Italia alle ultime elezioni i cittadini che hanno disertato le urne sono quasi la metà in alcune aree del Sud e poco meno al nord compreso il Veneto dove l’autonomia regionale è più invocata in nome del popolo veneto, che ha i suoi leader con oltre il 74% di consensi elettorali. Eppure il nostro piccolo partito dei pensionati non era in lizza elettorale come lo fu anni fa per Abano Terme (PD).

In Italia dunque aldilà di nuovi fenomeni municipalisti di uomo solo al comando o presidenzialismo telematico, molti italiani non si riconoscono più nel popolo sovrano super pilotato dalla casta dei politici, con tanti poco attendibili, nullafacenti, parolai, poco trasparenti e dall’onestà poco esemplare. E’ bene che si cominci a pensare a mettere il cittadino al centro del potere sovrano e non più il popolo, entità più mitica ed anonima. Nel popolo il Masaniello di turno è sempre in agguato. A Napoli come a Venezia i governatori regionali potrebbero essere i nuovi Masaniello (da Tommaso Aniello, capo popolo e protagonista della rivolta napoletana che vide, dal 7 al 16 luglio 1647, la popolazione partenopea insorgere contro la pressione fiscale imposta dal governo)che dapprima sfidò il governo del re poi fu tradito da parte anche del suo popolo che lo fece uccidere), che il popolo ha acclamato e votato a stragrande maggioranza, ma è pronto ad abbandonarli al primo vento propagandistico soffiato da altre cassandre in agguato e specializzate a giochi di palazzo e dietro le quinte. Oggi la pressione fiscale italiana supera di molto il 44% uffuciale ed ogni volta che si va a fare la spesa vi sono molte voci d’Iva al 22%. Lo stato incassa troppe per restare sempre in deficit di bilancio e nonostante ciò fa nuovi governi all’insegna dello sperpero per dare a moltissimi finti poveri e per tartassare solo i dipendenti in pratica, che sono quelli che meno protestano. Sta distruggendo la classe media in nome del popolo italiano, sempre più povero ma che continua a votare, la metà che va a votare, i soliti Tommaso Aniello in Campania come in Veneto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Pace (ex prof., del Ministero A.Esteri dell’Italia, in Romania ed esperto internazionale di Ecologia Umana)

 

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