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Sex and the city, il trionfo della volgarità e donne rovinate da una “ruffiana serie televisiva”

Napoli, 4 Marzo – Chi non ha mai visto Sex and the city? Serie patinata, ambienta a Manhattan con quattro single che passano il tempo a fare nulla. Quattro donne che ragionano come uomini volgari e che, oggi, tutti quegli uomini per molto meno vengono definiti sessisti, misogini, cavernicoli, ecc. Insomma, Sex and the city le ha rovinate tutte. Le donne dopo i quaranta, intendo.

Quelle che si organizzano la sera per uscire con le amiche cascasse il mondo, le stesse dai tempi del liceo, nonostante il freddo, l’uragano, i fidanzati, il post lavoro cercando una giovinezza impertinente tra un bicchiere e l’altro, un party e l’altro, un evento e l’altro dimenticando che a volte stare a casa, a leggere un buon libro, è meglio di una faticosa e decantata ascesa all’olimpo del nulla e della volgarità.

Perché, ripeto, quelle di Sex and the City fanno discorsi volgari, imitando gli uomini da bar. Mi ritrovo per caso o per fortuna a rileggere Pier Paolo Pasolini che, di sicuro, era più avanti delle protagoniste della serie TV. “La volgarità è il momento di pieno rigoglio del conformismo… Infatti il primo carattere della Volgarità consiste nel suo essere invadente, nel suo volere rendere Volgare anche chi non lo è, chi è estraneo al suo mondo… reprimendo dunque quel tanto di comprensione, di libertà, o pietà che in questo “estraneo” – povero o uomo colto – possa avere nel giudicare.”

Oppure, in maniera più cruda e sintetica, Carmelo Bene: “Il facile accesso alla carne ha degradato il sesso.” Confesso che ciò che ha scritto, mesi fa, Marco Zonetti, direttore di VigilanzaTV. It, mi ha chiarito ulteriormente le idee. “Sex & the City: una serie scritta da astuti omosessuali maschi che hanno saputo astutamente spacciare quattro protagonisti omosessuali maschi per quattro intraprendenti donne in carriera. Turlupinando così le donne di tutto il mondo che hanno pensato per anni di seguire degli spregiudicati modelli femminili mentre sprofondavano sempre più a fondo in un vortice di superficialità fatto di “Manolo” e di Jimmy Choo, di abiti griffati, e di logorroiche pippe mentali sul ‘sesso visto dalla parte delle donne’. See vabbè… Il fatto che la serie piacesse smodatamente a moltissimi gay – che fra un DIVINO! e un ADORO! s’identificavano naturalmente nelle quattro protagoniste essendo queste ultime in realtà, come detto sopra, quattro maschi omosessuali – avrebbe dovuto mettere in guardia Carmelina di Bitonto, Samantuccia di Ariccia, Carlottella di San Donato Milanese e Mirandolina di Mestre.

Al contrario, le malcapitate hanno iniziato ad andare in giro per i negozi del loro paesino o della loro frazione pensando di avere il potere d’acquisto della moglie del sultano del Brunei, sognando di entrare in taglie 38 camminando h24 su tacco 15 (quando già traballavano con le ciabatte ortopediche del dottor Scholl’s), e pensando di conquistare fotomodelli tartarugati e (com)piacenti imprenditori stramiliardari. Con tutte le conseguenti frustrazioni del caso giacché gli unici uomini a portata di mano erano il magazziniere sovrappeso della Lidl e lo stempiato collega di lavoro all’ufficio del registro, con mutuo e debiti (magari ben più simpatici dei fotomodelli e imprenditori di cui sopra, ma troppo al di sotto delle aspettative di Carmelina, Samantuccia, Carlottella e Mirandolina, rovinate ormai per sempre da una ruffiana serie televisiva)” Marco Zonetti. Vi basta?

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