Attualita'

Monselice e Veneto tra sudditi, cittadini e scuole da regionalizzare

Napoli, 30 Luglio – Se Venezia è il capoluogo regionale veneto ed è nota al mondo intero, i comuni dell’entroterra non sono sempre da meno per radici storiche e importanza di studio ambientale, inteso come conoscenza di natura e cultura e non solo di natura come fa una certa e superficiale moda corrente. Uno dei circa 563 comuni veneti, non poco interessanti per lo studio ambientale, è Monselice (PD), che è uno dei 102 comuni della provincia padovana, la più popolata del Veneto. Un prof. universitario di Botanica, a Padova, mi diceva che Monselice deriverebbe dal Salice e dal monte su cui cresceva bene. La storiografia però sembra preferire altre ipotesi d’origine, ma non è quello il problema che intendo risolvere o meglio mettere a fuoco anche perché pochi degli oltre 8 mila comuni italiani e circa 500 in regione Veneto hanno origini certe e si rincorrono sempre più ipotesi, spesso mitologiche. Dal sito web di Monselice leggiamo notizie intressanti non solo per l’origine del nome: ”l nome di Monselice è di chiara origine latina. Il significato del toponimo “Mons silicis” potrebbe essere “monte della via selciata” (allusione alla via Annia che passava per Monselice), che è la teoria più accreditata, ma potrebbe anche derivare dalle cave di selce, pietra molto utili nel nostro passato preistorico.  Due fotografie ritraggono Venezia e la collina euganea di Monselice con la rocca sommitale viste insieme alle Frecce Tricolori che vi volano sopra e l’abbracciano quasi a ricordare all’osservatore sia la storia unitaria della  Repubblica di Venezia poi Serenissima che dopo il 1866. Oggi una certa cultura, medio-bassa veneta, fa eccessivo riferimento solo alla storia di Venezia prima di Napolone. Essa chiede, a me pare acriticamente la restaurazione poichè vuole subito 23 materie da amministrare e governare regionalmente ad iniziare dalla scuola. Quest’ultima citata, ma prima per valore simbolico e pratico, mi interessa di più non solo perché vi sono cresciuto come suddito-cittadino, ma anche perché il capitale immateriale che in essa si fa lievitare è di base di quello materiale più visibile, anche di gran parte delle  altre 22 materie che il Governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, chiede, giustamente, a gran voce da molto tempo e da circa 1000 giorni anche con un referendum, scontato, di adesione di molti residenti in Veneto. Se il presente è sempre figlio del passato come è anche base del futuro, dobbiamo interessarci anche di cose e persone passate per attualizzarlo se possibile al fine che non diventi solo accademia ciò che non è più direttamente presente. Durante la quarantena da covid19 mi sono concentrato, anche perché privato dai decreti del premier, Avv. Conte, a scrivere un saggio ambientale, che devo editare ancora: “Canale di Pace…Covid19, chi parla di pace non vuole la guerra ma uno stato globale”. In esso mi soffermo non poco sui castelli, vassalli e gentili, spaziando per l’intero globo, con 196 stati, e sottolineo molto l’evoluzione del suddito in cittadino, operazione che l’Homo sapiens tarda a compiere, ma pian piano, procede verso uno stato unico globale. In tale nuovo sforzo, editoriale soprattutto, si precisa che il suddito è presente laddove mai te lo aspetteresti e le cause sono sempre le stesse: dipendenze culturali ed economiche, opportunismi, virtù offuscate dal consumismo e da dipendenze patologiche, ecc.. L’Italia, con Roma antica e con il Rinascimento, ha ereditato molto dell’evoluzione del suddito in cittadino, purtroppo, ha ancora il più alto abbandono scolastico, il più basso n. di laureati, la più alta corruzione tra i paesi del G7, i politici con più facce e il gattopardismo imperante. Abbiamo però più semi o anticorpi del riscatto che altri popoli hanno in densità minore per risollevarsi dai vizi e seguire le virtù ad iniziare dall’ambiente italiano e del suo pezzo territoriale a nordest, il Veneto con i tanti castelli e ville venete disseminate, in prevalenza, nel territorio padovano.

Per il territorio di Monselice i primi insediamenti umani sono molto più antichi dell’arrivo degli Eneti o Veneti, provenienti dalla Turchia interna ed alleati mercenari-guidati da Antenore- dei Troiani durante la guerra decennale con i Greci. A Monselice e dintorni Euganei vi erano da tempo gli antichi Euganei. Le due leggende che la vorrebbero fondata da Opsicella, un compagno di Antenore, o da Egina, regina della Rocca, ne sono una testimonianza. Numerosi reperti archeologici attestano altresì la presenza almeno di una stazione preistorica sviluppatasi tra l’età del ferro e quella del bronzo”. Negli anni Ottanta scrivevo su ”Il Montirone” quindicinale di Abano Terme, che veniva scritto anche in tedesco per i numerosi turisti termali teutonici, e, mi interessavo anche del parco naturale dei Colli Euganei e fui presente a Villa Vescovi alla sua inaugurazione come parco regionale. Allora la Regione Veneto era governata saldamente dai Dorotei della D. C., come oggi lo è dalla Lega. L’ambiente dei Colli Euganei era ed è ancora un gioiello di natura e cultura del più vasto ambiente naturale e sociale veneto. Le antiche comunità civili degli Euganei adoravano il dio dei vulcani, Aponus da cui aponensi o abanesi gli abitanti di Abano Terme (PD). Al laghetto di Arquà Petrarca, non lontano da Monselice, vi sono resti di palafitte che testimoniano insediamenti ntichissimi nel territorio locale. Este poi fu la capitale degli Euganei, utilizzata anche dai Veneti e dai Romani, sempre alleati di questi per fronteggiare il comune nemico transalpino. Oggi, invece, tra i residenti in Veneto, quasi 5 milioni, e Roma, sempre centralista e caput mundi, pardon solo capitale d’Italia, non sempre vi è alleanza incondizionata. La Lega, chiede da anni a Roma, caput Italia, ancora alleanza, ma condizionata a 23 materie da decentrare, una è la scuola regionale o non statale, che ha già il 16% di frequentanti dai 6 ai 17 anni e 65% fino a 6 anni. Bisognerebbe non solo regionalizzare i 75mila del personale scolastico statale attuale per 600mila studenti, ma mettere in competizione e in libera scelta la scuola regionalizzata e quella restante statale con borse di studio e rette pagate dalla Regione fino alla media di I grado. La scuola gratuita o quasi, non  deve più valere per la scuola  non più obbligatoria dunque per la media di II grado o speriore ed università. Il gratis dovrà essere permesso solo per i capaci e meritevoli ma con reddito basso stabilito polticamente dalla Regione. idem per le università di Padova, Rovigo, Verona, Vicenza, Treviso e Bellunesi. In regione Veneto non ha mai vinto la rosa o garofano dei partiti di centrosinistra, ma sempre la rosa bianca della D.C. dorotea prima e il Leone alato di San Marco poi, intermezzato dall’azzurro berlusconiano. La sanità in Veneto, più della scuola, che conosco meglio anche per molti studenti dei corsi serali, ha punte d’eccellenza come l’ospedale di Schiavonia, che ha gestito l’emergenza scoppiata dapprima a Vo Euganeo  con il primo cittadino, morto da covid-19. A me non pare che allettino, in Veneto, più di altre regioni italiane, gli oltre 2 mila miliardi per i 27 Paesi dell’Unione Europea, messi sul tavolo un po’ dagli Stati, un po’ dal bilancio Ue (in corso e nuovo), e una parte sarà raccolta sul mercato dalla Commissione europea attraverso l’emissione di bond. I fondi dovrebbero servire per affrontare l’emergenza causata dal diffondersi del coronavirus e ricostruire l’economia europea non com’era prima del Covid, ma dovrà essere più pulita, accelerare sulla decarbonizzazione e sulla digitalizzazione e più inclusiva (non lasciare indietro nessuno). L’elemosinare del governo, Conte, si scontra con i governi dei popoli del nord Europa (Danimarca, Olanda e Svezia) più l’Austria, che hanno oltre il 90% di lettori di libri e più del 50% di laureati, ben altra cultura dell’Homo sapiens che stenta a portarci o riportarci verso una civiltà meno misera e senza più sudditanze varie. A me sembra logico che ad uno a cui presti dei soldi, come minimo gli chiedi che li spenda bene, cosa che l’Italia, a me pare, non intende fare perché vuole continuare a spendere a iosa per mantenre feudi elettorali ed alimentare anche corruttele di sudditanze diffuse.

I residenti in Veneto sono, generalmente, gente laboriosa, e sanno, forse più di altri italiani, che chi ti presta i soldi prima o poi ripasserà per rintascarli e con gli interessi dovuti: la Repubblica di San Marco, forse, lo ha insegnato bene ai suoi cittadini con al governo nobili, spesso mercanti illuminati. Fanno bene a diffidare i soldi chiesti a gran voce dall’avv. degli italiani, Conte, e ancora di più dai vari capi correnti del Pd, che stanno trasformando in capitalismo di stato l’economia turbandone la libera concorrenza d’impresa, compresa la scuola. In Veneto le oltre 4 mila ville venete e i numerosi castelli e palazzi storici segnano, meglio di altrove, l’evoluzione del suddito in cittadino. Tale evoluzione è sempre in atto e molti ancora, purtroppo, sono i sudditi. I cittadini derivano dalla gens romana o villani perchè abitanti delle ville nobiliari, cioè consoli o gentili. Nel medievo i nobili li chiamarono anche vassalli e gentili, poi si formarono attorno al vassallo e nei borghi molti delle arti liberali: commercianti, artigiani, notai, medici, avvocati, ingegneri, ecc. fino all’epoca napoleonica con l’abolizione dei privilegi nobiliari. Nobili e gentili nel territorio veneto abbondano e sono ancora oggi presenti in rami e filiere finanziarie, qualcuno ha ancora fondi o feudi con 50 ettari di uva da prosecco sparsi di qua e di là come alcuni di Padova in territorio veneziano di mia conoscenza. Monselice tra i comuni veneti occupa un posto di rilievo con la collina sormontata da un castello e la sua nascita pare che si possa attestare certa come nucleo cittadino fin dal V-VI sec d. C.. Pare che ciò sia dovuta ad una prima fortificazione del colle della Rocca da parte dei Longobardi. Con la caduta di Roma imperiale del 476 d.C. tutte le pianure, del vasto territorio imperiale, in occidente, persero gran parte della precedente sicurezza e i borghi si spostarono, o s’insediarono ex novo, in aree più impervie e fortificate come Monselice centrale attuale. Monselice, da tempo, battezzata “porta degli Euganei”, oppure territorio ponte tra i Colli Euganei, composti da 97 vulcani spenti di rocce trachitiche  più 3 di rocce calcaree, e la pianura. Monselice, città murata, fu conquistata nel 1338 dalla Signoria dei Carraresi di Padova, al termine di un assedio durato un anno. L’estrazione di pietra dal colle della Rocca e dal Montericco è stata un importanta fonte di guadagno per la città, e le conseguenze sono ben visibili anche al giorno d’oggi. Un grosso carico di trachite partito per via d’acqua, da Monselice nel 1722 sarà impiegato per pavimentare piazza San Marco a Venezia.  

Il Castello risale all’epoca dell’ Alto Medievo. Fu ampliato dai Carraresi e ristrutturato da Ezzelino da Romano, di cui rimane a testimonianza il celebre camino. Oggi è stato arricchito con preziose collezioni di mobili, armi e suppellettili antiche. Recentemente è stato allestito l’Antiquarium Longobardo che raccoglie le numerose testimonianze rinvenute sul colle della Rocca, tra cui una preziosa crocetta d’oro. Le strutture esistenti vengono potenziate dopo l’invasione dei Franchi, e si compongono,  nell’anno mille circa, di un tessuto abitato discontinuo sulle pendici della Rocca e di un nucleo difensivo a guardia del ponte sull’antico fiume Vigenzone, che passava ai piedi del colle. Nell’XI sec. un aumento della popolazione locale favorisce nuovi insediamenti abitativi e alla metà del XII secolo Monselice diviene Comune, entrando sotto la giurisdizione di Ezzelino da Romano, genero dell’imperatore tedesco Federico II. Questi amplia e perfeziona il sistema di mura, che viene a chiudere completamente il centro abitato. Si devono inoltre ad Ezzelino la ristrutturazione del Mastio sulla sommità della Rocca, la costruzione della Torre civica, e l’edificazione del Palazzo oggi detto appunto “di Ezzelino”, che costituisce parte importante del Castello di Monselice. A Padova non pochi considerano ed appellano Ezzelino, tiranno. E’ solo una questione di posizione ideologica: era tiranno per i guelfi come i contadini sudditi del vassallo, conte Tiso di Camposampiero, e sovrano illuminato per i ghibellini o cittadini padovani (in quasi tutte le città dell’Italia settentrionale erano dominanti i ghibellini sui guelfi, mentre da Firenze in giù era l’inverso). Tale distinzione oggi sembra fuori luogo, ma non del tutto. Il volo della pattuglia acrobatica, che ricorda i tre colori della bandiera italiana a tutti, sulle città italiane come Venezia richiama la storia unitaria e il Risorgimento, che i veneti rimembrano  la canzone dei patrioti veneziani ”Sul Ponte sventola bandiera bianca”. Dietro i guelfi c’era il potere temporale prima che spirituale del Papa di Roma che mal sopportava altri poteri autonomi dal suo e voleva sempre re e nobili suoi vassalli e non cittadini. Mettiamo in chiaro una cosa essere sudditi e non cittadino non significa, oggi, essere più o meno cattolici, né essere più o meno riconoscenti delle responsabilità governative o dei palazzi romani a Roma. La definizione più veritiera, tra le tante possibili, è quella del colto Pietro Calamandrei, uno dei padri costituzionalisti: “Solo la scuola può compiere il miracolo di trasformare il suddito in cittadino”. Nel Veneto e a Monselice tale miracolo è avvenuto e continua ad avvenire, oppure bisogna aspettare la scuola regionale? Su questo problema la Sindaco leghista potrebbe aprire un fattivo dibattito, vorrei anch’io poter dire la mia come uomo di scuola sia in Veneto che all’estero. Monselice, come antica Pieve di Santa Giustina, ha il monumento religioso più rappresentativo della città, costruito nel 1256 in stile tardo romanico, con elementi decorativi gotici. All’interno si possono trovare testimonianze artistiche quattrocentesche. Cammino delle sette Chiesette e’ il simbolo di Monselice. Si tratta di un percorso voluto da alcuni nobili dell’epoca che fecero costruire sei cappelle, lungo il pendio del colle, ottenendo da papa Paolo V la concessione delle stesse indulgenze accordate ai pellegrini che si recavano in pellegrinaggio alle sette basiliche maggiori in Roma. L’ingresso avviene varcando la Porta Romana. Il percorso ha fine nella cappella dei Santi Pietro e Paolo nella quale è conservata una pala dell’artista Giovanni Carlo Loth. Il Santuario delle Sette Chiese è chiamato anche Santuario domestico visto che preservano le spoglie della famiglia Duodo, molto conosciuta perché formata da capi militari. All’inizio del XIV secolo la città è al centro di un’aspra contesa militare fra il vicario imperiale Cangrande della Scala, della Signoria di Verona, e la signoria dei Carraresi di Padova. Nel 1327 i Carraresi si impadroniscono definitivamente di Monselice e ne fanno l’avamposto difensivo di Padova verso Sud. In questa strategia viene ampliato e ulteriormente fortificato l’impianto delle mura di Ezzelino, che assumono nella seconda metà del XIV sec. la loro configurazione definitiva: una cerchia esterna provvista di torri e di monumentali porte di accesso e quattro cerchie interne, che risalgono la Rocca fino al torrione sulla vetta. Ma il momento di massima capacità difensiva della città coincide con l’inglobamento, avvenuto nel 1405, di Monselice nel territorio della sempre più ricca e potente Signoria o Repubblica Marinara di Venezia, poi Serenissima, la cui vocazione era maggiormente indirizzata sia ai traffici e ai commerci, che alla pratica militare con caserme fuori della laguna cittadina. Venezia era una Signoria composta spesso di grandi commercianti che avevano comprato feudi e titoli nobiliari. Ciò li rendeva meno bigotti e più illuminati tra i nobili  europei non solo peninsulari italiani come ad esempio i Borboni, nobili spagnoli a Napoli. Anche Monselice si avvia a diventare centro di soggiorno e di villeggiatura per le nobili famiglie veneziane lungo le vie d’acqua con burci per le merci e i sudditi e gondole e navigli eleganti per i nobili. Tra il XV e XVI sec. a Monselice sulla struttura urbanistica medioevale si innestano elementi rinascimentali con le famiglie gentilizie o nobiliari veneziane che acquistano ampie proprietà terriere in centro e nelle campagne circostanti. La gens o famiglia Marcello prende proprietà del palazzo di Ezzelino e ne amplia e arricchisce la costruzione; la gens o famiglia Duodo si insedia sul lato sud della Rocca e realizza splendide architetture arrivate intatte ai giorni nostri; la famiglia Nani costruisce l’omonima villa. Il centro urbano si arricchisce di elementi barocchi con la costruzione della Loggia del Monte di Pietà, la ristrutturazione della chiesa di San Paolo, i palazzi Fezzi e Branchini; altre famiglie veneziane costruiscono le loro ville appena fuori delle porte urbane e prosegue anche l’insediamento nelle campagne circostanti. L’800 vede la città di Monselice affacciarsi all’epoca moderna. Purtroppo, nella logica ottocentesca le mura e le torri della città fortificata medioevale vengono considerate un ostacolo all’espansione urbana. Alla metà del secolo viene cosi abbattuto parte del perimetro esterno delle mura e le monumentali porte di accesso alla città. Agli occhi dei visitatori dei giorni nostri si ammira la Torre Civica, buoni tratti di mura e il monumentale complesso del Castello, ed e completamente intatto tutto il patrimonio edilizio del periodo veneziano. Attorno al 1860, avviata un’attività di produzione di mobili, i Bertotti all’inizio del 900 scelgono Monselice per il loro commercio. Dopo un periodo di pendolarismo da Sant’Apollinare decidono di acquistare casa a Monselice e nel 1922 i fratelli Mariano e Umberto assieme al padre Luigi Giuseppe si trasferiscono definitivamente a Monselice dove i discendenti vivono. I politici del comune di Monselice, tra i tanti aspetti della res publica locale, hanno spesso dovuto amministrare i problemi connessi al locale cementificio ed anche perché la prima legge di difesa del suolo, legge n. 1079 del 29/11/1971, che bloccò l’estrazione dei Colli Eganei, almeno del materiale rachitico e del ciottolame, era di onorevoli locali: Fracanzani-Romanato. La città di Monselice dal 1960 ha un territorio esteso 50,57kmq, una quota altimetrica di 13 metri. Nel 1971 ebbe il massimo demografico di 17.621 abitanti poi ridotti di circa due centinaia di persone fino a tutto il 2019. Le frazioni Del pianeggiante territorio di Monselice sono: Ca’ Oddo, Marendole, Monticelli, San Bortolo, San Cosma. Nel 1975 gli stranieri a Monselice erano: 350 romeni, 240 moldavi, 227 marocchini, 113 macedoni, 98 albanesi, 94 cinesi e 27 ucraini. La biblioteca di Monselice con una storica sede, ha oltre 50mila volumi e tra l’altro organizza annualmente, Monselice in fiore, che promuove poesie e poeti emergenti e professionisti, lo scorso anno vi ho partecipato con un collega padovano che ha vinto il II premio. Ad essere onesti con se stessi, non avevo pretese perché non era il mio dominio culturale la bella poesia. La biblioteca ha una storia piuttosto articolata, che si può suddividere in due momenti principali: dal 1857 al 1939 e dal 1939 ad oggi, interessante è notare come religiosi, nobili e possidenti l’abbiano animata fino a pochi decenni fa. Andando all’ambiente economico locale sia agricolo che industriale e mercantile come un imprenditore monselicense conosciuto in Translvania mentre insegnavo là. Mi preme sottolineare uno solo degli aspetti economici e sociali che i media locali del tempo informavano: ”le cave si stanno mangiando il territorio”. Il fenomeno era più grave per il fatto che, una volta effettuate le escavazioni, quasi mai furono eseguite le opere di ripristino agricolo-forestale.

Ma leggiamo la cronaca del cementificio di Monselice: dopo cinque anni – gli uffici tecnici del Comune di Monselice effettuassero un sopralluogo per constatare se fossero state effettivamente demolite le opere dichiarate inequivocabilmente “insanabili” anche nel 2013. La vicenda degli abusi edilizi della Cementeria di Monselice ha avuto inizio il 27 ottobre 2010 quando l’allora proprietario Radici chiese al Comune di Monselice la sanatoria sia edilizia sia paesaggistico-ambientale per quasi tutte le opere già realizzate nei suddetti terreni posti in zona agricola, in quanto realizzate in totale assenza dei necessari titoli autorizzatori. La pratica rimase sospesa perché non accoglibile fino al 2013 quando, nonostante interpellanze, segnalazioni, esposti, il Dirigente dell’Ufficio tecnico dell’epoca comunicò alla Cementeria l’effettiva sanatoria di tutti i manufatti eccezion fatta per alcuni ricadenti in zona agricola E2 che dovevano invece essere assolutamente abbattuti (una tettoia ricovero mezzi, l’area deposito rifiuti, un locale annesso all’area silos, un fabbricato adiacente all’impianto di trasformazione elettrica); alla Provincia, invece, veniva erroneamente comunicato che la Cementeria era in possesso di tutti i titoli abilitativi e che le sanatorie erano tutte efficaci. Questa comunicazione e i provvedimenti di sanatoria, impugnati peraltro dai Comitati davanti al TAR Venetohanno permesso alla Provincia di Padova di concludere positivamente la Valutazione d’Impatto Ambientale e rilasciare alla Società Cementeria di Monselice l’autorizzazione per l’inserimento di “rifiuti speciali non pericolosi” in sostituzione di materie prime nel ciclo produttivo in atto nello stabilimento di Monselice. C’è voluta una nuova esplicita richiesta dei Comitati, presentata il 17 settembre 2018, perchè – dopo 5 anni – gli uffici tecnici del Comune di Monselice effettuassero un sopralluogo per constatare se fossero state effettivamente demolite le opere dichiarate inequivocabilmente “insanabili” anche nel 2013. Dal sopralluogo, eseguito lo scorso 10 ottobre 2018, è stata infatti riscontrata la parziale demolizione delle opere abusive e di conseguenza è stata emessa una Diffida alla demolizione dei corpi di fabbrica realizzati in adiacenza all’impianto di trasformazione elettrica”. Proprio in questi giorni la Cementeria ha comunicato al Comune di Monselice, l’avvenuto abbattimento dei manufatti oggetto della diffida. Avevamo ragione, ma per vedere questo piccolissimo risultato ci sono voluti anni,  fiumi di atti e la perseveranza di chi, nonostante tutto, crede nella legge. Pensiamo di aver ragione anche nella contestazione delle altre sanatorie rilasciate all’epoca nel 2013 dal Comune di Monselice, a nostro parere ingiustamente, e che hanno di fatto permesso alla Cementeria di utilizzare rifiuti e procedere indisturbata nella sua produzione inquinante. Ci siamo affidati al Tar del Veneto, sono passati più di 5 anni e mezzo, ma non perdiamo la nostra fiducia e auspichiamo un pronunciamento definitivo. Sulle lotte politiche dei rosso-verdi dei Colli Euganei molti hanno assistito per paure prudenziali, ma bisogna riconoscere che quando agivano ed agiscono su problemi specifici e senza ideologie e lotte di potere municipali, gli va riconosciuto il merito. Loro combattevano contro una cultura amministrativa superata ed era nella tradizione del boom economico iniziato nel 1953 quando moltissimi a Padova costruivano le mura di casa in tutto o in parte con la trachite euganea. La moda ecologica attuale si fonda sull’ideologia del biocentrismo ed ecocatastrofismo, che vede la sedicenne svedese guidare le masse e influenzare gran parte dei governi dei 196 stati globali. L’Ecologia ha anche altre visioni su cui fa leva, l’antropocentrica di ieri e l’ecocentrica di oggi alla quale bisognerebbe fare più affidamento, ovviamente non solo a mio parere specialistico, ma anche del prof. dell’Univ di lione, Alain Pavè, ad esempio. Lo studio dell’ambiente veneto è interessante se non isolato dal resto d’Europa almeno. Oggi qualunque ambiente risente di un flusso di informazioni che escono continuamente anche con il sempre più diffuso e popolare sistema digitale. Non esistono più i Veneti (come intendono vendere non pochi dei 71 politici ed onorevoli locali a Roma) da almeno 2 mila anni, come non esistono gli Etruschi, i Sanniti, ecc.. A volte, al bar, più di qualcuno parla di Veneti, con la v maiuscola e ciò denota una cultura più bassa che media, ma nei TV in Veneto, l’errore d’informazione ricalca quel qualcuno che parla nel bar, magari anche dopo il secondo bicchiere alcolico. Nel territorio del Veneto vi sono tanti pregi nei suoi residenti, ma anche qualche difetto come un diffuso provincialismo, che decenni fa un Senatore fece apparire al parlamento nazionale, parlando in lingua veneta. Egli non ipotizzò che forse neanche gli altri 70 parlamentari del “suo” Veneto lo avrebbero capito bene e non solo gli altri fuori dei confini degli oltre 18mila kmq. Fece ridere tutti, ma credo che non se ne accorse perché “deformato” dalla professione di docente di area umanistica che esercitava? Nella scuola il suddito viene aiutato a divenire cittadino con un pensiero autonomo e non sempre dipendente dalle grida altrui. Uno dei padri della Costituzione, Pietro Calamandrei, scriveva: ”Solo la scuola può compiere il miracolo di rendere cittadino il suddito”. Sante, pardon laiche, parole valide ancora oggi e non solo quando l’Italia ed il Veneto erano in prevalenza contadini ed analfabeti. Oggi la scuola è, giustamente, di massa cioè accessibile a tutti. Ma non sempre si osserva una diffusa crescita del cittadino in ambienti di feudi elettorali, con sudditi, di cui l’Italia è, purtroppo, piena. La scuola in Italia costa al contribuente oltre 50 miliardi annui per istruire, in circa 8,5mila unità scolastiche con una presidenza e una segreteria, circa 7,5 milioni di studenti con 850mila docenti (700mila regolari più 150mila per il sostegno) più circa 300mila ausiliari o Ata (Assistenti, tecnici e amministrativi). Non basta trasformare i 75 mila del personale scolastico veneto per erogare a 600 mila utenti il servizio terziario-quaternario dell’economia che può essere considerata la scuola. Significherebbe intanto spendere di più di oggi, senza la certezza di migliore servizio, anzi con il rischio, a mio avviso, di peggiorarne la qualità se essa non torna al controllo diretto dell’utenza mediante la sana e libera concorrenza tra scuole libere tra loro e con la scuola pubblica statale e statalista attuale. Se il problema dei problemi è far partire la scuola a settembre con tutti i docenti, basta già ora controllare, come Regione, dall’eficienza reale, che gli uffici scolastici regionali e provinciali lavorino sodo in luglio e agosto per predisporre le graduatorie, e, rinviare le ferie degli addetti ad altri mesi dell’anno. Ma di fare questo nessuno dei 71 parlamentari del Veneto a Roma, ne parla, e si defilano delegano tutto e tutti a Luca Zaia sia parlare di tutto, spesso senza collaboratori validi sulle singole materie da decentrare. Qua non si tratta di gridare solo “voglio o vogliamo l‘autonomia”, ma di proporre come attuarla: i cittadini, non più sudditi, hanno il diritto di saperlo prima, soprattutto ora che devono decidere per chi votare e delegare a governare la Regione Veneto, senza slogan e uomini soli al comando. Un’alternanza alla guida regionale, con persone diverse anche dello stesso partito, alla Democrazia non può che far del bene. Ciò vale per tutte le 20 regioni italiane non è riferito solo al Veneto, ma anche alla Campania, ecc. dove i governatori si ricandidano senza lasciare spazio ad altri. L’Italia non ha bisogno più di chi fa solo politica, ma di cittadini che lavorano, fanno anche altro non solo politica conoscendone tutti i trucchi del linguaggio, che spesso è troppo politichese, non quello del governatore veneto in corsa per il terzo mandato regionale, sfidato dal prof. dell’Univ. di Padova, Arturo Lorenzoni, che sembra apprendere ora l’arte della politica e comincia a fare nomi di medici, secondo lui validi, come Zaia fa quello del solito prof. universitario per trattare con Roma centralista, senza conoscere che sull’autonomia all’Università di Padova, ci sono anche altri specialisti più ricchi di pubblicazioni a carattere meno provinciale.

 

 

Giuseppe Pace (V.Seg. Provinciale Partito Pensionati Padova e delegato per il decentramento scuola regionale)

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