Cultura

Premier della Tunisia, emblema delle donne arabe per una via democratica e liberale

Napoli, 5 Ottobre – In che direzione va la navicella Tunisia con il Parlamento bloccato dal Presidente che nomina una Premier per nuovi scenari politici? Nell’ambiente politico della Tunisia si continua a cercare una nuova strada democratica o via conciliante tra le innovazioni necessarie e le tradizioni volute da politici con feudi elettorali consolidati e consolidantesi. Circa un secolo fa, tra innovazione e tradizione lo scrittore italiano, Ignazio Silone, così si esprimeva in merito: “la tradizione è conservazione e può anche significare conservare la miseria. Innovare è trasformare e può anche significare distruzione”. Egli capiva bene che un cattivo conservatore è come un altrettanto cattivo innovatore. Dunque si cerca sempre un equilibrio possibile tra l’ambiente da innovare e quello da conservare, soprattutto in Democrazia, basata su 3 poteri: legislativo o parlamentare, esecutivo o governativo e giuridico o della magistratura. Mentre visitavo l’antica Cartagine che il cartello stradale-turistico data all’ 814 a. C., e la vicina città di La Marsa, ho notato in vetrina di una centrale libreria un libro interessante.

Per me, che leggo l’ambiente, non solo italiano, con gli occhi e le orecchie dell’Ecologia umana. Il titolo è: “La costruzione umana dell’Islam”, scritto in francese (”La costruction umaine de l’islam”) di Mohammed Arkoun, con preazione di Edgar Morin, Edit. Itinéraires du savoir. Già il titolo è accattivante, se poi lo si legge, cercando di apprezzare ciò che di buono scrive, qualcosa d’interessante si può sempre trovare soprattutto per la componente religiosa esaminata. Per me, che non ho una formazione di base, né professionale, di area umanistica, la religione potrebbe sfuggirmi perché tendo ad esaminare la società e la cultura, inquadrando sempre l’Homo sapiens, sia pure vestito e parlante di aspetti culturali soprattutto umanistico-linguistici. So bene perciò (più forse degli umanisti, teologi e linguisti) che l’Uomo è un mammifero placentato di una specie, prima citata e ben esaminata dalle scienze naturali, e solo uno scarso 25-35% dei suoi bisogni e caratteri sono da fare esaminare dalle scienze umane, viceversa si ha una lettura umana e sociale dell’ambiente ancora meno realistica e più campata in aria. C’è però da non sottovalutare la crescita della cultura scientifica anche nel popolo con la recente pandemia e nessuno più confonde un virus da un battere? Negli ultimi decenni anche la religiosità umana comincia ad essere esaminata sotto i riflettori non più dei teologi del passato remoto e prossimo, ma anche da uomini e donne di scienza. Tra questi, Federico Faggin, spesso lo cito nei miei articoli d’Ecologia Umana, ma anche e soprattutto nel mio prossimo libro “Canale di Pace. Evoluzione del suddito a cittadino per uno stato globale, federato e liberale”, in c. di s.. Il Fisico F. Faggin, pluriscopritore di elementi di ingegneria elettronica e italiano, laureato in Fisica all’Università di Padova e decorato per la promozione della ricerca scientifica dall’ex Presidente degli Usa, B. Obama.

Il Fisico, F.Faggin, afferma, nel suo ultimo saggio “Silicio. La consapevolezza”, che da quando si è realizzato, anche economicamente come scopritore di elettronica applicata, si è dato alla ricerca più appassionata della consapevolezza o coscienza. Egli cerca l’assoluto non nelle ideologie e teologie religiose, anche se ha studiato pure i Veda di 5mila anni fa, ma lo cerca nella meccanica quantistica, tra i quanti di energia e fotoni emessi. Un suo illustre predecessore, Albert Einstein definiva la religione come” debolezza umana e un insieme ben scritto di tradizioni e superstizioni”. Eccoci dunque al libro citato prima, che se letto da questi due uomini di scienza, e che scienza, non saprei se l’assoluzione sarebbe tollerante come lo è la mia che da piccolo ricercatore leggo sia gli umanisti e teologi come i sacrati che i non umanisti come i saperi scientifici. Parlare della costruzione dell’umano presuppone però anche una conoscenza di saperi scientifici, che spesso (per problemi di separazione tra le due culture, umanistica e scientifica) non si hanno da una parte e dall’altra. Direi non si hanno soprattutto in molti sacrati di qualunque religione, ed in particolare dai sultani sciiti ai papi, che di fisica, matematica, biologia, elettronica, ecc, ne capiscono poco o niente e solo per sentito dire, spesso da altri umanisti. Forse quando l’Imperatore di Roma o il Faraone d’Egitto o anche l’ultimo imperatore giapponese, accomunava il potere materiale e spirituale qualcosa di migliore nel governo della res publica poteva essere fatto oppure è stato fatto? Ma oggi solo la scienza ci indica il presente ed il futuro possibile sia pure con notevole tolleranza verso la componente religiosa ambientale, ma la religione, spesso mista al fanatismo è più diffusa numericamente non nel cittadino evoluto ma nel popolo, spesso suddito della propria ignoranza. Ciò premesso passo a leggere qualcosa dell’ambiente tunisino, ma non solo poiché ogni ambiente ormai è globalizzato e non più spiccatamente unico, quello è solo naturale. L’ambiente naturale della Tunisia è stata abitato fin dalla preistoria. La  presenza umana è documentata fin dal paleolitico. I suoi primi abitanti noti furono tribù berbere. Nella storia sociale tunisina va ricordato anche il lungo conflitto interetnico tra i berberi sedentari e gli arabofoni nomadi, avvenuto fra il XII e il XIV secolo. Si ricorda che l’ambiente tunisino fu ricco di vescovi  e la Chiesa di Cartagine fu la prima a celebrare la propria liturgia in lingua latina, mentre a Roma si utilizzava ancora il greco. Come un po’ ovunque nell’impero romano, anche la Chiesa nordafricana, che ben presto avrà in Cartagine il suo centro principale, subì nel corso dei primi tre secoli dell’era cristiana diverse persecuzioni. Ricordiamo i principali martiri  di questi ambienti. Nel 180 d.C. i martiri scilliani, nel 203 Perpetua e Felicita e compagni, nel 258 Cipriano, nel 304 i martiri di Abitina. il primo concilio riunì 70 vescovi; negli anni 236-240 un nuovo concilio riunì più di 80 vescovi, che divennero più di 100 nel 256. La maggior parte di questi prelati proveniva da territori corrispondenti alla Tunisia di oggi. Dunque non è la bassa percentuale tunisina registrata oggi, di cattolici che conta, ma la presenza nell’humus religioso anche dei non cristiani che si può notare conversando con chiunque in Tunisia, dove l’italiano è ben visto.  Di recente il Presidente tunisino Avv., Kaïs Saïed, ha incaricato una donna, la Ing. Néjla Bouden di formare il nuovo governo avendo ancora molti oppositori tra i parlamentari quasi ”agli arresti domiciliari” per impedirgli di nuocere-gli con le parole. La Tunisia ha quasi 12 milioni di abitanti, 163 kmq di estensione territoriale ed è parte significante del più vasto ambiente arabo-musulmano. Sta provando a cambiare volto e tutti stiamo a guardare dall’esterno, ma soprattutto dall’interno della ricca di storia società tunisina. La Tunisia è una nazione del Nord Africa che confina a Nord con  l’Italia mediante il Mar Mediterraneo e a Sud con il deserto del Sahara, a ovest con Algeria e ad est e sud con la Libia, il cui ambiente ha una instabilità elevata.

La Tunisia, dal 2014, è una repubblica semipresidenziale. Nella capitale, Tunisini, di oltre 1 milione di abitanti, si vedono, tra l’altro, moderni viali, statue di uomini illustri, la Porta di Francia e l’interessante culturalmente Museo del Bardo. Tale museo, reduce da un efferato attentato islamista estremo, espone collezioni archeologiche interessantissime, direi uniche al mondo, che vanno dai miti espressi in molti dei mosaici romani, dell’arte islamica. Anche la visita alla città antica della Medina è utile poiché comprende la grande moschea di Al-Zaytuna e un souk.

 

 

Il sito dell’antica Cartagine è caratterizzato dalle più note Terme di Antonino, dal meno noto luogo del martirio di  San Cipriano, e da altre rovine, oltre ai manufatti conservati o sparsi qua e la vicino alle moschee più illuminate e sorvegliate. Nell’ambiente tunisino si rilevano caratteri basilari di modernità europea intrisi di venature tradizionaliste che spingono verso la provincia islamizzante. E si sa che quando subentra la religione nel governo della res publica le cose si complicano. 6 secoli di Cartagine, 6 secoli di Roma, poi un periodo non breve ma instabile tra vandali e bizantini e poi il lungo dominio ottomano che ha impresso nel popolo la lingua e la religione nuova. Per la lingua il ceto medio tunisino preferisce sostituirla con il francese derivato da 75 anni di protettorato fino alla liberazione del 1956, prima ancora dell’Algeria e senza sparimento di sangue grazie a H. Borguiba. E’ nel ceto medio che ci sono i cittadini capaci di pensare democraticamente e che non invocano l’uomo solo al comando, che il popolo (“credulone data la diffusa ignoranza, dunque più infantile l’io”) osanna sempre! Il congresso internazionale tenutosi all’Università: “Il decennio delle mutazioni sociali in Tunisi 2010-2020: pensieri di dinamica sociale”, mi ha anche permesso di osservare dal vivo che le università tunisine, più delle nostrane, soffrono di secolarizzazione e la burocrazia nasconde non poco di inefficienze. Essa rispecchia la società e se la corruzione vi alligna si riflette anche in settori culturali che dovrebbero essere vaccinati, se cittadini assunti per meritocrazia. La cultura comunque è vincente sempre e in ambiente tunisino dovrebbe essere più libera dalla tradizione che affossa tutto con l’omertà e la religione, che oltre 6 volte al giorno obbliga a sentire tutti, cattolici e non religiosi inclusi, le preghiere dai numerosi minareti e ad alta voce pure alle 3 di mattino o di notte. Da noi si sente appena il rintocco delle campane a mezzogiorno, soprattutto di Domenica. Quando l’ambiente economico è più debole, allora è più forte la voce del potere religioso di turno secolare? Si perché al popolo indistinto e più ingenuo tutti si rivolgono per accrescere la propria voce: populares, conservatori, capi dei militari, religiosi e la retorica politica non conosce limiti.

Gli attuali stati del mondo possono essere letti su un diagramma cartesiano in base al tempo e all’evoluzione economica da tradizionale a digitale con l’introduzione della qualità di merci e servizi e del marketing. Tale grafico lo si trova meglio illustrato nel mio saggio “Ecologia Umana e sviluppo economico. Esempi Italia e Romania)”, leolibri.it. Una valutazione, in piccola parte diversa, deriva da fatto che se in Afghanistan, con il ritorno dei Talebani, alle donne è stato tolto ogni potere e quasi ogni diritto civile, in Tunisia una donna diventa premier, emblema dell’intero ambiente arabo-musulmano, che registra oltre 1,2 mld di persone. Poco più di due mesi fa, il 25 luglio, il Presidente tunisino Kaies Saied aveva sospeso il Parlamento e sciolto l’esecutivo guidato da Hicham Mechichi. Poi, con una mossa a sorpresa, nei giorni scorsi ha incaricato Najla Bouden Romdhan, premier di un nuovo governo. Il Presidente ha annunciato al momento della nomina, sarà “la lotta alla corruzione”. L’annuncio è arrivato dalla Tv di Stato, che ha diffuso mercoledì 29 settembre, le immagini dell’incontro al Palazzo Presidenziale tra Saied e la premier incaricata prescelta. Romdhan ora dovrà lavorare in fretta perché il capo dello Stato, che i suoi nemici chiamano l’Al Sisi tunisino (in rimando al presidente egiziano) ha sottolineato che la Tunisia “ha perso tempo prezioso poiché alcune persone hanno trasformato le istituzioni statali in ‘arene’ in cui confrontarsi”. L’ambiente tunisino è ancora giovane per il pluripartitismo delle democrazie occidentali, somiglia, in piccolo, alle democrazie dell’Europa orientale, Russia in primis dove le opposizioni non sono avversari ma nemici da combattere, con le armi più sofisticate in pugno o magari nascondendo i pugni con applausi finti. Siamo in democrazie in fasce, come i nostri bambini 65 anni fa, prima dell’avvento moderno dei comodi pannolini pediatrici. La nomina del nuovo capo dell’esecutivo, infatti, è stata sollecitata a più riprese sia dai partiti politici che da diversi esponenti della società civile e arriva a poca distanza dalla manifestazione di protesta che si è tenuta Domenica 26 settembre nell’arteria principale della capitale tunisina contro le misure eccezionali disposte dal Presidente Saied nelle ultime settimane. Tra queste il rafforzamento ulteriore dei poteri della Presidenza, a scapito del governo e del Parlamento, che di fatto sostituirà legiferando per decreto. Chissà se ha in mente un Governo di Tecnici? Del recente incarico e di genere femminile, lo rende noto uno stringato comunicato della Presidenza precisando che tale decisione è stata adottata ai sensi dell’articolo 16 del decreto presidenziale 117 relativo alle misure eccezionali. Najla Bouden Romdhane, nata nel 1958 a Kairouan, è un ingegnere geologo, professoressa di ingegneria sismica presso la Scuola nazionale di Ingegneria di Tunisi. La signora Romdhane ha conseguito un dottorato in geologia presso la Paris School of Mines in ingegneria sismica. Nel 2011 è stata nominata Direttore Generale responsabile della Qualità presso il Ministero dell’Istruzione Superiore e della Ricerca Scientifica. Attualmente era coordinatrice di programmi presso la Banca Mondiale come funzionario interno ai progetti e al Ministero dell’Istruzione Superiore e della Ricerca Scientifica. Nel 2016 è stata a capo dell’unità Gestione per obiettivi per l’attuazione del progetto di riforma dell’istruzione superiore in Tunisia. La Primo ministro tunisino ha sfatato un record non solo nel suo Paese, ma anche in tutto il mondo arabo, diventando la prima donna primo ministro. Ciò rende la sua nomina ben accetta nel primo e secondo mondo, non altrettanto in gran parte della consistente percentuale islamica che vorrebbe ancora le donne intorno al focolare domestico, cosa che anche molti vescovi cattolici dell’Europa mediterranea predicavano in diocesi provinciali. Ad esempio ad Isernia alcuni decenni fa un vescovo si oppose sia all’apertura dei supermercati di Domenica che alla donna non più angelo del focolare domestico. Nella vicina Campania trovava non poca sintonia nelle omelie domenicali anche in alcuni cardinali metropolitani, che trepidano insieme ai Sindaci di tutti colori politici, dell’avvento del miracolo di San Gennaro. Ciò per dire che nel nostro ambiente con la nostra moderna società ad economia avanzata, dove non ci si meraviglia più se la donna va o meno in bicicletta come in Afghanistan e Pakistan, se guida l’automobile, lavora anche fuori casa e dirige aziende e istituzioni democratiche. Ciò vale di più in ambiente culturale anglosassone dove la Regina della Gran Bretagna ne è un esempio emblematico, mentre di califfe l’orizzonte non ne fa scorgere ancora una figura, ma sott il riflettore del moderno califfo si. Sembra quasi l’ambiente che qualche leader italiano, che si dichiara custode o promotore del liberismo, cavalca da cavaliere molto attento a non essere disarcionato dai suoi staffieri e li promuove o licenzia a seconda della poca o molta luce mediatica che li abbaglia. La mania del capo ad ogni costo, non è dei cattolici, musulmani, scintoisti, buddisti, induisti, ecc., ma dell’Homo sapiens. Egli ha dovuto superare decine di millenni di vita in piccole tribù dove il capo si imponeva spesso per capacità, fino all’eredità del titolo, che troppo spesso seminava incapaci al comando benefico per la società. Un esempio eclatante lo troviamo nella storia di Roma caput mundi, che ebbe i migliori al comando quando gli imperatori furono non discendenti biologici anche se si preferiva scegliere tra capaci generali in armi o comunque di gens con consoli, questori e non schiavi e liberti tra gli avi. Traiano e Marco Aurelio furono due esempi mirabili di ottimi conduttori di Roma caput mundi. Con la Repubblica di Pericle il popolo ammesso al voto era solo per acculturati e possidenti, senza donne. In Italia gli uomini non scolarizzati sono stati ammessi al voto circa  secolo fa e le donne meno ancora, ritenendo ciò una conquista democratica soprattutto da parte di intellettuali affetti ed afflitti dall’odio della lotta di classe che il borghese C.Marx ha seminato a metà 1800 e gli altri due non popolari e polani, Lenin e Mao, hanno applicato fino a divenire loro capi dei capi minori, dapprima uccidendo gli avversari storici, i nobili, poi chiunque non la pensasse come loro destinati dal ”fato ideologizzato” al comando del popolo, quel popolo che ancora oggi si lascia guidare da chi grida di più o cospira meglio. L’homo sapiens del nostro tempo non è ancora riuscito a realizzare un governo della res publica con una Democrazia liberale capace di una sana competizione meritocratica interclassista, con distribuzione più equa delle risorse e senza la guerra fredda tra alcune nazioni egemoni per il domini del globo. E’ quest’ultimo carattere internazionale che affligge governi, presidenti e convegni del G20, dell’Onu, dell’Ue, del Mercosur, ecc.. I moti adolescenziali di protesta per le variazioni climatiche globali della ragazza scandinava, accompagnata da quella africana, pervadono il mondo dei genitori con i molti manifestanti di Milano. L’ex Presidente repubblicano degli Usa, D.Trump, non invita più i genitori della giovanissima Greta T., a sculacciarla e obbligarla a non marinare la scuola per proteste inutili. Tutti sembrano oggi, ancora più illuminati dal blà, blà che Greta T. pronuncia gridando e incolpando i politici.  Qualcosa si sta facendo per ridurre la quantità dell’anidride carbonica dalla bassa atmosfera, concausa l’effetto serra che farebbe sciogliere i ghiacciai non solo alpini ed andini, ma pure quelli più grandi polari. Si ricorda ai lettori, per “deformazione” professionale che il polo Sud o Antartico è più freddo dell’Artico perché è un continente non solo acqua ghiacciata, più mitigatrice climatica. Bene è anche ricordare e ragionare prima di parlare, istintivamente come spesso fanno non solo i più giovani, che un vulcano che erutta, emette tanta di quel biossido di carbonio, che 4 secoli di rivoluzione industriale non sono riuscite ad emettere con le necessarie ciminiere, tubi di scappamento dei gas dei motori, e canne fumarie per il riscaldamento domestico. Anche la Cina “sull’efetto Greta”, prima restia a chidere le ciminiere di carbone, comincia a promettere di farlo al più presto. A Milano le manifestazioni sono state molte e partecipate dopo una settimana di scioperi ed eventi-raccolti sotto All4Climate-i – promossi da associazioni ambientaliste italiane e internazionali. Hanno partecipato anche i volti più noti della protesta, Vanessa Nakate e Greta Thumberg, con una delegazione di ambientalisti provenienti da tutto il mondo. La stessa Merkel oppure Draghi sono sensibili ai temi ambientali climatici pur non possedendo un’adeguata preparazione di studi professionali naturalistici, ma solo economici e politici, a me pare. È, per ora, sempre il presidente tunisino a dettare la linea e le priorità del nascente esecutivo: “La lotta alla corruzione sarà la priorità del prossimo governo tunisino”, ha detto ricevendo Bouden e sottolineando quanto sia importante formare un governo “coeso” nelle “prossime ore o giorni” per non perdere altro tempo. “Per la prima volta nella storia tunisina una donna guiderà il governo”, ha poi voluto sottolineare in un video diffuso dalla Presidenza. Timore, quello di un’operazione di facciata, condiviso evidentemente anche dalla cancelliera tedesca uscente, Angela Merkel, che in un colloquio telefonico con Saied ha voluto ricordare che è “essenziale” che la Tunisia torni a una “democrazia parlamentare” attraverso il dialogo “con tutti gli attori politici”. Merkel ha sottolineato “l’importanza delle conquiste democratiche della Tunisia per la stabilità e il benessere del Paese”, secondo quanto si apprende da una nota della cancelleria. La razionalità dell’ambiente tedesco non condivide il più diffuso bizantinismo nel fare degli ambienti mediterranei, tunisino compreso. Ma torno alle variazioni climatiche per dire che non sono un falso problema. Lo sono o non lo sono? No, ma precisiamolo: è un problema naturale periodico detto glaciazione e inter-glaciazioni della durata di migliaia di anni, l’ultima espansione è di circa 10mila anni fa quasi all’inizio del nostro neolitico quando abbiamo iniziato ad essere stanziali, meno tribali con un governo della res pubblica dapprima monarchico, poi democratico con Roma repubblicana ma con consoli istruiti e capaci dopo un lungo cursus honorum, poi altre monarchie, signorie e repubbliche attuali, ma con tracce qua e là di monarchie molto costituzionali. Ma allora il problema del ritiro dei ghiacciai e la più o meno marcata desertificazione conseguente è un sogno infantile? No è un problema, ma vederlo come il problema dei problemi quasi da apocalisse religiosa è un’esagerazione irrazionale. E’ bene comunque la scelta ecologica di ridurre il consumo di idrocarburi tradizionali e incrementare quelli verdi sia termoelettrici, che materiali, eolici e solari. Predisporre automobili e motori elettrici è un bene per l’ambiente naturale, non è una moda. Agire in direzione ecologica dei governanti la res publica deve far scattare meccanismi popolari di agire come i bonus di riqualificazione energetica che vanno ancora di più sburocratizzati, ma per fare ciò, almeno in Italia, ci vogliono direttive ministeriali che al momento non sono semplici né chiare per gli attori coinvolti. Sembra, a molti italiani e a pochi amministratori condominiali e costruttori con tecnici, che la massa monetaria, del superbonus 110% in particolare, passi dallo Stato alle casse di banche, palazzinari e professionisti assoldati, senza benefici del cittadino contribuente o meglio con benefici ridotti a briciole. La Legge non fissa compensi agli Amministratori e questi si attrezzano per mungere soldi agli inquilini o di case singole. Lo Stato che fa? Prende tempo, è quello che si è specializzato a fare? Si perché non difende più il cittadino ma il popolo indistinto sul quale e del quale tutti ne parlano bene, ma sono pronti a colpire il cittadino pensante. Nell’ambiente arabo-tunisino in particolare, corre voce che il Presidente sta tessendo la rete per avere più soldi dall’Unione Europea con promesse che varie. Ritengo comunque positivo mettere a Premier una colta donna, professionalmente capace e non intrisa di cultura solo umanistico-politichese. Da una donna mi aspetterei la riforma del sistema d’istruzione tunisino, come di altri sevizi sociali tunisini erogati in quel Paese arabo in modo oggi poco efficiente, università comprese. Non sempre e non tutti gli strati sociali bramano per il ritorno a leggi coraniche tradizionaliste, anche se al popolo, meno istruito del nostro popolo, gli si fa dire quello che si vuole e soprattutto se gli si parla alla pancia come fanno anche i capipopolo europei e cattolici per non scomodare quelli asiatici e americani. Romdhane, che ha 63 anni come Saied, non ha grandi esperienze politiche: è un’ingegnera specializzata in geofisica e ha un dottorato ottenuto a Parigi in ingegneria sismica. Fino alla nomina a Premier era a capo di un progetto di riforma dell’istruzione superiore presso il ministero dell’Istruzione. Camminando per il lungo viale di Tunisi che dalla stazione ferroviaria porta alla Porta di Francia, su di un lato si vede la chiesa cattolica di San Vincenzo de Paoli, che interessa alcune decine di migliaia di cattolici e cristiani. L’unica circoscrizione ecclesiastica cattolica presente oggi in Tunisia è l’Arcidiocesi di Tunisi, che estende la sua giurisdizione su tutti i fedeli cattolici del Paese. L’Annuario Pontificio di 13 anni fa riporta questi dati aggiornati al 31 dicembre 2007:20.100 cattolici su una popolazione totale di oltre 10 milioni di abitanti, 35 preti, 28 religiosi e 126 religiose. Le parrocchie segnalate dall’Annuario Pontificio sono 10, mentre il sito ufficiale elenca 6 parrocchie: 2 a Tunisi (la cattedrale S. Vincenzo de Paoli e S. Giovanna d’Arco), ed una ciascuno a La Marsa (San Cipriano),La Goletta (Santi Agostino e Fedele),Susa (San Felice) e Gerba. Il vescovo di Tunisi è membro della Conferenza episcopale regionale del Nord-Africa, che raggruppa gli episcopati di Marocco, Algeria, Tunisia, Libia e Sahara Occidentale. Bene è leggere per maggiori informazioni sulla storia religiosa tunisina, Karl Baus, con il libro” Il cristianesimo nordafricano dall’inizio del dominio vandalico fino all’invasione araba, in Storia della Chiesa, vol. III, Jaca Book.

Pure interessante è il libro francese di François Decret, “L’Afrique chrétienne, de l’invasion vandale au Magreb musulman”. Queste notizie sull’ambiente religioso minoritario odierno servono anche a dire che la religiosità non è da sottovalutare nella cultura di una società specifica o locale. L’ambiente tunisino è stato protettorato francese per tre quarti di secolo circa, e ciò rende i tunisini del ceto medio padroni della seconda lingua, quella francese, che desiderano venga ben impartita anche a scuola e all’università. Il popolo, invece, predilige l’arabo sia perché le nonne parlavano solo arabo sia per la fede religiosa trasmessa in arabo anche dai minareti più volte al giorno. Dunque il francese o un’altra lingua straniera in Tunisia è da incentivare senza nulla togliere all’identità linguistica araba e islamica. Ma esistono identità tradizionaliste e innovative. Il nuovo governo, al femminile per il primo ministro, deve tener conto che se vuole una Tunisia modernamente inserita nel contesto globale, non deve solo marcare i suoi caratteri tradizionalisti arabi e islamici. Quando un emigrato giunge in Italia, dopo pochi mesi, se ha voglia di migliorare il suo status, non sfugge all’italiano medio che lo incontra, perchè nota che conosce più lingue oltre quella madre. Alcuni imprenditori lo/a scoprono mentre hanno in visita acquirenti stranieri che non parlano italiano. Allora fa ricorso all’emigrato/a straniero e da quel giorno in fabbrica quell’emigrato è un impiegato come colletto bianco. L’Italia ha sistema scolastico deficitario, di pochi laureati ed anche di diplomati plurilinguisti, mentre abbonda di liceali non professionalizzati. Altro che Tunisia per non pochi aspetti: da noi molti turisti che vanno a visitare Cartagine ed altre città storiche tunisine, si arrabbiano al ristorante o in hotel se l’interlocutore non capisce mentre parla non l’italiano ma solo il linguaggio veneto, friulano, lombardo, napoletano, siciliano o sardo. Il popolo italiano, ricco di tesori inestimabili, è provinciale come è provinciale il suo sistema d’istruzione. In Germania tre quarti di artigiani, idraulici, falegnami, ecc. sono laureati in Ingegneria, da noi meno del 25% è laureato e mancano ingegneri anche per i Superbonus del 110%. L’Italia ha una democrazia meno in fasce della Tunisia, ma non nuota nella saggezza matura, anzi spesso si accorge che nuota nella burocrazia statale e statalista che nessuna mente liberale riesce a ridurre anche se distinto Premier. Non parliamo poi di altre menti meno rigorose e più truffaldine dei bizantini. La crisi politica in Tunisia, dove il presidente Kais Saied ha rimosso il primo ministro e bloccato i lavori del parlamento, ha diverse cause tutte legate alla storia recente del Paese: l’instabilità politica endemica, la grave situazione economica e la conseguente poca capacità del governo deposto di gestire la pandemia da coronavirus, che in Tunisia preoccupa molto. Spesso l’instabilità di un Paese, in particolare se è arabo, dipende dalle ingerenze di altri Paesi egemoni che vogliono esportare la propria politica d’espansione. La guerra fredda tra le 3-4 grandi potenze mondiali è ancora in corso e la Tunisia, come altri Paesi, di riflesso ne subisce le conseguenze soprattutto in una non nascosta gara, tra i politici di rango dell’attuale Tunisia, di inseguire il volere popolare al quale gli fanno dire quello che loro vogliono. Bisogna ridurre i feudi elettorali che bloccano l’evoluzione del suddito a cittadino, artefice del proprio destino professionale. Con la diffusione d’internet però molto gli sfugge e le notizie, anche del cittadino pensante ed artefice del proprio destino, rimbalzano sui media esterni al mondo arabo, che usa meno internet e ha una più elevata percentuale di popolo poco scolarizzato e digitalizzato. Le donne fanno eccezione e sembra che gareggino con gli uomini per sorpassarli nell’uso del computer e di padroneggiare meglio la rivoluzione digitale globale.  In Tunisia poi c’è la più avanzata legislazione a favore delle donne dell’intero mondo arabo, ciò fa onore alla sua storia euro-africana. La Tunisia ha una storia che si può a gradi liee sintetizzare così: sei secoli di presenza di Cartagine, sei secoli di Roma e (dopo un breve periodo dei barbari di Genserico e delle truppe di Bisanzio spesso presenti sulla costa e nel primo entroterra tunisino) infine arrivano gli arabi, dapprima nei più poveri e disabitati paesetti del magreb come la città di Kairouan da cui proviene l’attuale premier tunisina. La sua formazione culturale è più scientifica e dunque, speriamo, a di sopra di parti ideologiche e religiose. Una visione trans religiosa e storica locale è necessaria per guidare l’ambiente tunisino verso un futuro non tradizionalista con il rischio pure di scivolare verso la visione estremista talebana oltranzista.  Speriamo che l’Avv. Kais Saied, presidente della Tunisia dal 2019, abbia scelto queste doti, per me utili, a governare la Tunisia il cui ambiente naturale (ho pubblicato di fossili delle rocce nel piccolo porto di Sidi Boud Said e vedo pure con simpatia una Geologa alla guida della Tunisia) che conosco non pochissimo anche per aspetti sociali, culturali, religiosi ed economici- come pure per la Romania, la Germania, l’Egitto, la Turchia e l’America del nord e del Sud, tranne il centro. Il Presidente tunisino ha incaricato la docente universitaria Najla Bouden Romdhane, che diventerà quasi certamente la prima donna a capo del governo nella storia della Tunisia e la prima in assoluto nel mondo arabo. Nonostante, con il solo incarico, molti parlino della fase iniziale della nascita di un governo, nei fatti la decisione di Saied sembra definitiva. In Tunisia, da alcuni mesi, il parlamento è sospeso e da qualche giorno lo è pure la Costituzione, per volontà del Presidente: non ci sarà quindi nessun voto di fiducia di fronte alle Camere, ma solo la conferma della nomina da parte di Saied. Nei suoi anni di presidenza, Saied aveva più volte manifestato la sua intenzione di cambiare radicalmente la struttura della democrazia tunisina: in particolare aveva detto di voler modificare la Costituzione entrata in vigore nel 2014 a seguito della Primavera araba, che in Tunisia aveva portato alla destituzione dell’allora presidente Ben Ali dopo 23 anni al potere, questi nel 1987 aveva deposto Habib Bourghiba, che per 30 anni aveva ammodernato la Tunisia fino a fare un suo partito unico. La tendenza a fare un unico partio con un solo al comando, purtroppo, è un fenomeno tipico delle “democrazie in fasce” già analizzato in altri miei articoli anche su questo media genero so di non solo spazio democratico ”La stampa è l’artiglieria della liberà” è il logo di questo media e scusate se è poco!! Nel corso dell’ultimo anno, il Presidente tunisino, Saied, aveva detto apertamente che la Tunisia aveva bisogno di una riforma costituzionale che desse più poteri al presidente e li togliesse al parlamento, accusato di essere eccessivamente frammentato e di non riuscire a portare a termine le riforme necessarie per il Paese. Aveva inoltre rivendicato il controllo diretto dell’esercito e delle forze di sicurezza, quindi anche delle agenzie d’intelligence. A Saied però forse, data l’età e la poca dimestichezza, suppongo, con la rivoluzione digitale in corso ed inarrestabile globalmente, sfugge il potere del flusso di relazioni che entrano ed escono da qualunque ambiente umano. Un commerciante tunisino mi disse che cercava un uomo forte al potere, che facesse aprire anche il tempio del martirio di San Cipriano, che ritrovai chiuso dopo 3 anni. Il commerciante aveva sottovalutato il suo Presidente? Ricordo che l’ecologia Umana studia l’ambiente che è un insieme di Natura e Cultura. l’Ecologia Umana riesce a formare professionisti che lo analizzano in modo multi inter e transdisciplinare, come ho tentato di fare in non poche delle mie pubblicazioni in merito sia di saggi, la maggioranza digitali con la casa editrice LEOLIBRI.IT che di articoli anche su riviste trimestrali straniere come “Semne-Emia” An 1, 2, 3, 4/2020, rivista trimestrale romena guidata da un’altra colta donna, Paulina Popa, che ha dato risalto a 8 canti fluviali, dei 10 pubblicati prima da un’altra rivista internazionale in Usa, tra cui il mio ”Nilo, fiume più lungo, divino e creatore di civiltà più antica”. In essa termino ricordando l’adorazione monoteista del dio Sole, Aton, degli Egizi, non approvata dai vecchi sacerdoti politeisti che fecero uccidere il giovane figlio del Faraone sognatore per ritornare ai privilegi sacerdotali politeisti. Ecco che l’Afirica, regina di civiltà per l’Homo sapiens sia iniziale come Austroliptecus farensis, di Nonna Lucy di 3,2 milioni di anni si di Homo sapiens sapiens di oltre 5 mila anni fa con le dinastie faraoniche, non può non sognare e immettersi a pieno titolo nel teatro ambientale mondiale con le proprie spiritualità, risorse e creatività in collaborazione con il pensiero scientifico più che con il solo pensare umanistico più facile preda di ideologie astratte, anche se a più elevata socialità e forse sensibilità. Per questo l’importanza della nomina di una donna a primo ministro tunisino, che pur rimanendo una notizia rilevante, molti la ridimensionano: i poteri della nuova prima ministra saranno contenuti e molto limitati dal crescente autoritarismo del Presidente? Si spera di no anche perché conosce ambienti extratunisini da cui attingere ispirazioni, consigli e saggezze oltre che quelli esistenti in patria. Egli è il responsabile per la prima volta nel mondo arabo a dare il potere di premier a una donna, riferiscono i media locali. La presidenza non ha reso noto la biografia della Bouden, che pero’ risulta essere professore di Geologia presso la Scuola Nazionale degli Ingegneri di Tunisi ENIT e ha ricoperto la carica di Dir. Generale e Capo dell’Unità di Gestione del Progetto di Modernizzazione dell’Istruzione Superiore a sostegno dell’occupazione, prima di ricoprire la carica di Policy Officer presso il Gabinetto del Ministro dell’ Istruzione Superiore e della Ricerca Scientifica. L’ambiente globale sempre più vicino ad una pace duratura: sono 76 anni che non si fanno guerre mondiali. Ha sottolineato la cancelliera Angela Merkel, che ha avuto un colloquio telefonico con il presidente tunisino Kais Saied, “L’importanza delle conquiste democratiche della Tunisia per la stabilità e il benessere del Paese”, secondo una nota della cancelleria. Il presidente tunisino ha incaricato l’accademica Néjla Bouden premier, ma l’opposizione parla già di una scelta di facciata con il parlamento ancora sospeso e l’esecutivo svuotato di potere. La stessa nomina sembra più una manovra di Saied per riprendersi un po’ di legittimità internazionale dopo gli ultimi mesi di caos. Il primo obiettivo del presidente è quello di riavviare il dialogo con il Fondo monetario internazionale (FMI) per ottenere un prestito da 4 miliardi dollari. La richiesta era stata fatta lo scorso maggio, ma le trattative si erano interrotte a luglio dopo la sospensione del parlamento, anche perché per continuare avrebbero dovuto essere accompagnate da una serie di riforme mai attuate dal governo tunisino. Se Kais Saied non vuole avere il difettino dei suoi due predecessori di scivolare verso un uomo solo al comando, come vorrebbe il popolo più grezzo, ha iniziato con una buona scelta di genere e di cultura. Così, per ora, non deve più temere che per il Paese si stessero ricreando le condizioni per un ritorno alla dittatura, a quasi 11 anni dalla Rivoluzione dei Gelsomini. Oggi, la mossa del capo dello Stato, che da oltre due mesi ha rimosso l’esecutivo in carica e congelato il parlamento non è chiara a molti tunisini visto che al momento il Parlamento è di fatto esautorato e non potrà quindi votare la fiducia alla nuova squadra di governo. Così, la decisione di Saïed di nominare la prima capa dell’esecutivo donna del mondo arabo, un evento storico in condizioni normali, è visto da molti dei feudi elettorali tunisini come una cosa che gli fa sfuggire l’elettorato e dunque la bollano come un’operazione di facciata per mantenere il potere esecutivo nelle proprie mani. È stato lui stesso, nello stringato comunicato fatto circolare dalla Presidenza, a specificare che tale decisione è stata adottata ai sensi dell’articolo 16 del decreto presidenziale 117 relativo alle misure eccezionali. Nella cultura avanzata dell’Homo sapiens c’è il nostro futuro e non nelle tradizioni, nelle superstizioni e nella demagogia, imperante, dei politici. Già il filosofo Platone proponeva “La Repubblica” guidata da uomini colti. La cultura spesso è senza “rischio educativo” dei Docenti per i Discenti, che vivono entrambi il secolarismo, molto citato da Benedetto XVI. La nostra partitocrazia, spesso patologica, sta generando un mostro: la disoccupazione giovanile diffusa e il pessimismo giovanile. Tempo è di passare alla Democrazia partecipata e non solo rappresentata per far crescere un’economia solidale, che non significa affatto un ritorno al villaggio antropologico alla Levi Strauss o di altri del ”si stava meglio quando si stava peggio”. Per ora, in Tunisia, nulla da temere e una sospensione di una democrazia per una pausa di riflessione non piò che fare bene per sbagliare meno, si spera come ecologo umano che, da super partes,  non parteggia e vede i circa 200 stati attuali da federare in uno stato globale sul modello di quello meno povero, con più partiti ed esteso tanto. Il sistema pluripartitico è il sistema democratico che conosciamo, ma si puo’ perfezionare limitando il potere dei partii nella costruzione di consenso per feudi elettorali, stabilendo curricula dignitosi per i candidati di tutti i livelli, garantendo più diritti al cittadino e meno al popolo grezzo e indistinto. 

 

 

 

 

Prof. Giuseppe Pace (Sp. internazionale in Ecologia Umana, Università di Padova)

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