Riflessioni in pillole Rubriche

Il Venerdì Santo dei ragazzi di via Ritiro

Napoli, 2 Aprile – La Settimana Santa era molto importante per le famiglie di via Ritiro, ci si preparava spiritualmente e materialmente, ovvero le mamme iniziavano a mettere il grano in ammollo, per fare poi la pastiera, c’era la ricerca delle uova fresche per il casatiello, insomma un bel da fare. Erano tradizioni importanti, vitali e per nessuna ragione al mondo si potevano saltare.

Chi aveva il forno a legna ospitava i “ruoti”, cioè le teglie con le delizie di cui sopra, di chi in via Ritiro ne era sprovvisto, perché si sa, andavano cotte col calore della legna e non certamente nel forno a gas o elettrico della cucina.

A casa nostra, iniziava una processione senza fine, avendo noi il forno a legna, quel via vai mi faceva impazzire di gioia. Chi arrivava, chi andava, quel profumo inebriante riempiva le narici e l’aria di via Ritiro non aveva più ossigeno, ma era impregnata di fiori d’arancio che profumavano la pastiera, di sugna sciolta che ammorbidiva il casatiello, di salumi cotti che facevano danzare la mente mettendo le papille gustative in uno stato di allerta in attesa dell’incontro.

Erano giorni di grande comunità, te ne davano totalmente il senso, la toccavi con mano.

Il Venerdì Santo era il giorno più triste poiché si commemorava la morte in croce di Gesù, ne ho un ricordo chiaro e nitido, era altri tempi, tempi in cui la fede era molto forte e l’Italia una nazione in cui il Cristianesimo era parte integrante della società.

La televisione ad esempio veniva oscurata, eravamo in pochi ad averla e c’era solo Rai 1 e Rai2, chiamati abitualmente il primo e il secondo. Oltre al fatto che ci veniva proibito di accenderla dai nostri genitori, nella misura in cui trasgredivi e pigiavi il tasto di accensione, venivi travolto da scintille grigie come scariche elettriche e da un ronzio fastidiosissimo.

Più volte durante la giornata, suonavano le campane con quei rintocchi così tristi di quando era deceduto qualcuno, ma la cosa ancora più triste, per dei bambini come noi, era che si digiunava, ebbene sì.  Ti andava bene finché eri sui quattro, cinque anni, in tal caso mangiavi un po’ di pasta in bianco, ma crescendo ti veniva negata anche quella, fino a sera l’acqua era l’unica compagna. Era una sorta di Ramadan, un giorno di purificazione per prepararsi all’abbuffata dei giorni di Pasqua e Pasquetta.

Erano giorni di riflessione, in cui noi bambini iniziavamo ad avere un rapporto diretto con la spiritualità. Il Venerdì Santo, ci poneva di fronte alla sofferenza, alla tristezza, faceva sì che domande esistenziali prendessero forma, ma soprattutto ci proiettava nella Resurrezione, vera essenza della Pasqua e della vita, ma quella è un’altra storia, un altro articolo.

Buon Venerdì Santo a tutti.

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