Politica

Grane campane per il M5S: spaccature e dissensi anche a Napoli

Napoli, 5 Luglio – A sentire le voci di buona parte dei rappresentanti del M5S napoletano, l’accordo sul nome del futuro sindaco della coalizione PD-M5S più una decina circa di liste satellite, vale a dire Gaetano Manfredi, non è poi così saldo né condiviso come la dialettica propagandistica vuole far credere.

E le voci sono quelle della parte più genuina ed ancora non snaturata del Movimento che prometteva il cambiamento.  “Noi siamo altro” gridava Grillo dai palchi in tutte le piazze italiane in cui approdava. Altro da cosa e da chi? Sarebbe al domanda da porsi oggi a sentire chi, dalle fila del movimento stesso, dice no al nome di un candidato che di candido, appunto, ha poco.

A portare la eco di questo dissenso è il consigliere regionale campano Maria Muscarà che non ha avuto remore né parole ovattate per descrivere la incandidabilità di un personaggio che risulta essere quantomeno controverso ed ombroso. La Muscarà, va sottolineato, ha fatto una analisi realistica e precisa con argomentazioni ineccepibili a sostegno del disconoscimento di Manfredi come candidato del M5S.

Per la precisione la Muscarà è incisiva quando afferma che “Manfredi è un candidato del PD, non del M5S che sulla Rousseau ha espresso parere differente”. E già soltanto questa argomentazione metterebbe più di un punto di dubbio su quanto questa candidatura sia accettata davvero dalla base elettorale del movimento.

E ricordando il fatto che Manfredi nemmeno conosce il territorio per il quale si sta candidando, quindi le sue problematiche, le sue necessità e le questioni annose da risolvere per sollevare la città; e ricordando inoltre che al primo invito a candidarsi Manfredi aveva risposto con un rifiuto perché la condizione del capoluogo partenopeo era a voler essere buoni, disperata, oggi il suo così profondo sentirsi l’uomo che può immolarsi per la salvezza di Napoli suona cacofonico e stridente.

Ma la analisi della parte fondamentalista del M5S va anche oltre ricordando che la parola candidato ha un significato molto preciso e non fraintendibile: “candidato” deriva direttamente da «candidatus» perché era costume per chi volesse proporsi a ricoprire una carica statale presentarsi in pubblico vestito di una toga candida che rappresentasse specchiate ed irriflesse qualità morali. Ed a leggere con attenzione la storia della “carriera” del candidano del centrosinistra, questi non è proprio vestito di bianco abbagliante. La Muscarà invita appunto a ricercare e ricordare le vicende ed i “risultati” del periodo da ministro e di quello da rettore.

Il punto cruciale però del discorso sensatissimo della Muscarà è legato alla natura stessa del movimento e a quel “Noi siamo altro” che ritorna.

“Altro da chi se oggi i vari Di Maio, Crimi e lo stesso Grillo imitano esattamente coloro che erano oggetto delle critiche?. Si stanno curando solo delle poltrone e questa candidatura è frutto di un assembramento più che di un’alleanza e della restaurazione della più becera politica decisa a Roma infischiandosene degli attivisti sul territorio. Hanno svenduto ed ignorato Napoli alleandosi con il PD ed è per questo che non solo abbiamo il diritto ma il dovere di muoverci separatamente e di creare una lista che proponga davvero un candidato del Movimento, così come ha deciso per democrazia diretta la base elettorale. Così sfasciano una unità che ci ha portato a vincere le elezioni ed arrivare in parlamento. Manfredi se lo votano da soli, noi alleanze non ne vogliamo e non ne faremo”.

E non si morde certo la lingua Mari quando fa questa affermazione perché le ultime vicende che hanno interessato il M5S – dall’allontanamento di Di Battista e le sue accuse di tradimento ai signori del movimento, al capo in pectore Conte poi raffreddato da Grillo, fino alla separazione poco giorni fa del notaio Valerio Tacchini che lascia il movimento con l’affermazione sferzante “Tutto finito, non è più il movimento a cui ho dato 15 anni della mia vita” – dimostrano più di qualunque altra cosa che il M5S si avvia ad un tramonto poco glorioso ed avvelenato come nella peggiore tradizione partitica italiana.Tutto lasciando montare nei propri elettori la stessa delusione che li aveva nel passato attratti.

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