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Coronavirus, il racconto di Francesco guarito dal Covid-19

Napoli 17 Aprile – Il mondo, seppur sempre più affollato, spesso è diventata desolante la distanza tra le persone. In questo momento avere comprensione per il prossimo è un passo unico e indispensabile che non pare abbia queste facoltà descrittorie, nei confronti dei trasgressori. Sensibilizzare su ciò che sembra lontano, è uno dei modi per far toccare con mano e provare ciò che significa combattere direttamente il mostro del coronavirus. Qui l’intervista a Francesco, un giovane di Napoli che ha combattuto contro il covid e da poco è di ritorno a casa. Una sequenza che ci descriverà ciò che è oggettivo, dai sintomi e metodi di cura all’aspetto personale. (Francesco è un nome immaginario).

Quali sono stati i sintomi del covid-19 e come hai capito che non si trattasse d’influenza?

“I sintomi variano da persona a persona, da come mi hanno spiegato possono dipendere sia dall’ esposizione iniziale, che ne determina l’aggressività, che dall’efficienza del proprio sistema immunitario. Io e mio padre abbiamo avuto più problemi, mia madre e mia sorella lo hanno percepito in maniera più moderata, poiché nelle donne è stato appurato sia in prevalenza più leggero. Ho avuto uno strano mal di testa iniziale localizzato nella zona frontale e cervicale, come un bruciore, accompagnato da dolori fisici, anch’essi particolari. Poi c’è stata la febbre alta per due giorni, raffreddore qualche giorno, tosse secca e brutta, dolori al torace, bruciore nel naso, perdita di appetito, fame d’aria, stanchezza, bocca sempre secca e perdita di gusto e dell’olfatto. Questi ultimi due sintomi mi hanno fatto pensare fosse qualcosa di più che un’influenza poiché ricordavo che la strategia evolutiva di alcuni patogeni pericolosi è di impedire all’organismo di selezionare il cibo utile a combatterlo. Poi era strano ci fossimo ammalati tutti insieme così velocemente e con gli stessi sintomi; inoltre mio padre aveva la febbre da tredici giorni e non scendeva. Siamo fortunati a non avere avuto sintomi più gravi”.

Come ti sei sentito quando hai scoperto della positività?

“Da un lato ero sollevato, avrei potuto iniziare una terapia adeguata ma, poiché il tampone tardava ad arrivare, dopo venti giorni che i sintomi erano persistenti, sapevo che i medicinali che stavo assumendo non erano abbastanza. Se non avessimo avuto amici attenti e influenti non avremmo avuto il tampone e quindi come tante persone avremmo rischiato di aggravare la situazione”.

Com’è stato l’ambiente ospedaliero?

“Il Cotugno è un ospedale all’ avanguardia, dotato di camere con sistema di aerazione negativa, bagni, doppia porta con un lavandino per tutelare la sicurezza del personale medico e TV. Mi hanno detto che avevo una leggera polmonite e di essere intervenuti in tempo. Sono stati gentili e professionali, anche se spesso sentivo che anche loro fossero spaventati. Purtroppo non posso dire lo stesso dell’ospedale di Nola, dove mio padre è stato ricoverato, che in confronto al primo ha presentato della mancanza, nonostante questo lo hanno curato, ora col tempo credo si risolva tutto”.

Cos’hai pensato di questa esperienza e che diresti a chi è poco attento alle regole?

“Suggerisco a tutti di prestare massima attenzione e di limitare le uscite al massimo. Non è un banale raffreddore o un’influenza, è una cosa che ti annienta sia fisicamente che mentalmente. Noi nella sfortuna siamo stati fortunati a non presentare gravi sintomi. Pensate a tutte quelle persone che sono decedute, ai loro cari, ai loro sogni e alle loro aspettative, ora pensate a voi stessi e ai vostri cari, la sola cosa che potete fare per loro e per voi è stare a casa. Ci sono tanti asintomatici che sono un pericolo, questa è una malattia infida ed imprevedibile. Erano mesi che prestavo attenzione alla vicenda (dato che anch’essa è mio argomento di studio) e la risposta iniziale del governo non è stata adeguata. Spero solo che chi ha sottovalutato tutto ciò si renda responsabile, spiegando le sue azioni. Un abbraccio va a tutti i malati, i guariti, chi combatte ogni giorno in prima linea e alle famiglie delle vittime, stringete i denti e fatevi forza. Date anche a me un po’ del vostro coraggio che non guasta mai”.

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