Politica

Via al premierato, il ddl in 5 articoli. Il Governo Meloni vara la “madre di tutte le riforme”. Schlein: “Riforma pericolosa e anticostituzionale”

Il Cdm approva all’unanimità la riforma, Meloni: “Entriamo nella Terza Repubblica. Insorge il Pd, Schlein:”E’ uno stravolgimento della Costituzione e della Repubblica parlamentare”

Napoli, 4 Novembre – Il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il disegno di legge sulle riforme nel segno del premierato. “La madre di tutte le riforme”. Chiama così Giorgia meloni il testo licenziato ieri dal Governo che in cinque articoli promette di riscrivere un pezzo importante della Costituzione, dell’elezione diretta del premier, alla nomina dei ministri fino all’abolizione dei senatori a vita.

Il presidente del Consiglio eletto a suffragio universale con apposita votazione popolare che avviene contestualmente alle elezioni per le Camere con una stessa scheda; il rafforzamento della stabilità del governo con la durata dell’incarico del premier fissata in cinque anni; la cosiddetta norma “anti-ribaltone” con l’eventuale sostituzione del presidente del Consiglio in carica solo da parte di un parlamentare della maggioranza.

La fine del mandato del “sostituto” che determina lo scioglimento delle Camere; un premio assegnato su base nazionale che assicura al partito o alla coalizione di partiti collegati al presidente del Consiglio il 55 per cento dei seggi parlamentari, stop alle nuove nomine dei senatori a vita.

Sono i 5 capisaldi del disegno di legge costituzionale per l’introduzione dell’elezione diretta del presidente del Consiglio e la razionalizzazione del rapporto di fiducia approvato oggi dal Consiglio dei ministri.

“Oggi diciamo basta ai giochi di palazzo, restituiamo ai cittadini il loro legittimo diritto di decidere da chi essere governati e diamo maggiore stabilità e credibilità alle nostre istituzioni”. Spiega il presidente del Consiglio nel corso della conferenza stampa seguita al cdm, tra il ministro degli Esteri Antonio Tajani e quello delle Infrastrutture Matteo Salvini. Adesso il testo della legge-simbolo del centrodestra dovrà affrontare un lungo e tortuoso iter tra camera e Senato. Soddisfatta Giorgia Meloni per il primo varo della riforma che vuole archiviare pagine repubblicane da sempre invise alla destra ora alla guida del Paese, “era un nostro impegno  – dichiara – e lo porteremo a compimento. Consegniamo all’Italia quello che andava fatto”.

Incalzata dalla stampa, la premier precisa che “il premierato nulla a che vedere con futuro del governo. C’è chi si è dimesso dopo aver detto ‘se perdo il referendum mi dimetto’. Io, invece ho detto una cosa molto diversa: ho fatto quello che dovevamo fare, che è scritto nel mio programma, faccio la riforma, la consegno agli italiani e sono gli italiani a decidere”. La Meloni, dunque, spiega una volta per tutte che non intende seguire le orme di Matteo Renzi e di quella scommessa personale e politica sul referendum costituzionale che sette anni fa ha interrotto la cavalcata a Palazzo Chigi.

Il testo è stato limato fino all’ultimo avendo a cuore i passaggi che chiamano in causa il Quirinale e il suo ruolo di garante della Carta Costituzionale. “Sono diversi punti ma nessuno inciderà in alcun modo sui poteri del Presidente della Repubblica”, assicura la premier che aggiunge: “C’è stata un’interlocuzione con gli uffici del Colle”.

“La riforma costituzionale – si spiega nel comunicato del Cdm – ha l’obiettivo di rafforzare la stabilità dei governi, consentendo lìattuazione di indirizzi politici di medio-lungo periodo; consolidare il principio democratico, valorizzando il ruolo del corpo elettorale nella determinazione dell’indirizzo politico della nazione; favorire la coesione degli schieramenti elettorali; evitare il transfughismo e il trasformismo parlamentare”.

Restano comunque diversi nodi da sciogliere, a partire dalla nuova legge elettorale che dovrà indicare una soglia minima di voti per far scattare il premio di maggioranza e potrebbe prevedere un doppio turno con ballottaggio. Tra gli altri punti nel mirino dell’opposizione l’assenza di un limite ai mandati del premier eletto. Dalla maggioranza aprono al punto: ritocchi possibili.

Il Pd insorge, Schlein: riforma pericolosa e anticostituzionale. “Utilizzeremo ogni strumento della dialettica parlamentare contro un disegno che riteniamo pericoloso”. La segretaria del Pd Elly Schlein ha criticato il disegno sul presidenzialismo dicendo che parlerà con le altre opposizioni. “Condivido le critiche di Amato – puntualizza  – indebolisce il Parlamento e le prerogative del Presidente della Repubblica. E’ uno stravolgimento della Costituzione e della Repubblica parlamentare”.

La riforma in 5 punti

Elezione diretta del Presidente del consiglio

La riforma “introduce un meccanismo di legittimazione democratica diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, eletto a suffragio universale con apposita votazione popolare che si svolge contestualmente alle elezioni per le Camere, mediante una medesima scheda.

Si prevede, inoltre, che il Presidente del Consiglio sia eletto nella Camera per la quale si è candidato e che, in ogni caso, sia necessariamente un parlamentare”.

Incarico di 5 anni al premier

“Fissa in cinque anni la durata dell’incarico del Presidente del Consiglio, favorendo la stabilità del Governo e dell’indirizzo politico”.

La norma anti – ribaltone

La riforma “garantisce il rispetto del voto popolare e la continuità del mandato elettorale conferito dagli elettori, prevedendo che il Presidente del Consiglio dei ministri in carica possa essere sostituito solo da un parlamentare della maggioranza e solo al fine di proseguire nell’attuazione del medesimo programma di Governo. L’eventuale cessazione del mandato del sostituto così individuato determina lo scioglimento delle Camere”.

Il premio di maggioranza al 55%

 “Affida alla legge la determinazione di un sistema elettorale delle Camere che, attraverso un premio assegnato su base nazionale, assicuri al partito o alla coalizione di partiti collegati al Presidente del Consiglio il 55 per cento dei seggi parlamentari, in modo da assicurare la governabilità”.

Abolizione dei senatori a vita

La riforma, infine, “supera la categoria dei senatori a vita di nomina del Presidente della Repubblica, precisando che i senatori a vita già nominati restano comunque in carica”.
Il testo “si ispira a un criterio minimale di modifica della Costituzione vigente – si legge nel comunicato finale del Consiglio dei ministri – in modo da operare in continuità con la tradizione costituzionale e parlamentare italiana e da preservare al massimo grado le prerogative del Presidente della Repubblica, figura chiave dell’unità nazionale”.

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