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Tutti riuniti per il Primo Maggio: dall’ex sindacalista Andrea America l’amarcord della sfilata di studenti e lavoratori, uniti per la riduzione dell’orario di lavoro e il salario minimo garantito

Marigliano, 27 Aprile – E se provassimo a lottare per i diritti e la dignità? E se provassimo a riappropriarci della piazza e a sfilare per i diritti e la dignità dei lavoratori? E se i treni della Circumvesuviana il primo maggio ritornassero ad accogliere uomini e donne con le bandiere e gli slogan contro nepotismo e caste? E se le voci si unissero per un obiettivo comune? E se gli studenti ritornassero ad unirsi ai lavoratori per sostenere il bene comune? Agenda 2030, i global goals come si potranno raggiungere senza un fronte comune? Oggi viviamo in un periodo storico dove sembra che non si dia più spazio a chi non ha voce.

E chi potrebbe avere voce invece si mostra rassegnato di fronte ad uno stato delle cose che sembra senza soluzione. L’editoriale pubblicato su Repubblica, dal già sindacalista ai vertici della Cgil della Campania, Andrea America ci riporta ai tempi in cui la Circumvesuviana che attraversava i comuni nolani scandiva i tempi del pendolarismo operaio e studentesco formando coscienze libere e pensanti.

Maggio era giornata di festa e di lottaAndrea America.

“La mia prima partecipazione da lavoratore ad una manifestazione del Primo maggio, risale al 1962. Era di martedì. Allora ero un giovane operaio, avevo diciassette anni e un mese prima ero stato assunto con la qualifica di aggiustatore montatore, alla FMI, nota industria napoletana a Partecipazione Statali, in via Gianturco. Quel Primo Maggio, rimasto impresso ormai, nella mente e nel cuore, mi vide presente con entusiasmo e una curiosa voglia di partecipazione. Ero in compagnia degli amici, Tullio, Felice e Pasquale, un giovane autoferrotramviere iscritto alla Cgil, che durante la manifestazione si mise a distribuire i volantini che facevano appello all’unità dei lavoratori per il lavoro e lo sviluppo del Mezzogiorno. Da quel giorno scoprii l’importanza della lotta e l’amore per il sindacato. Per la mia Cgil. Ho ancora davanti agli occhi la massiccia partecipazione di uomini, donne e giovani, lavoratori e studenti, felici e convinti di manifestare e una voglia di libertà e dignità da tutelare. A vederli mi ritrovai senza indugio al loro fianco, pronto a marciare con loro verso l’avvenire.

Il treno per Napoli della Circumvesuviana, quella mattina, era infuocato e affollatissimo. Partito da Nola, passava per il mio paese. A ogni fermata accoglieva uomini e donne con bandiere in mano e occhi lucenti. Viaggiatori in festa, affacciati ai finestrini e perfino sui predellini. Il viaggio era gratis. In piazza Garibaldi, c’erano migliaia di operai metalmeccanici, edili, braccianti, ferrovieri, studenti, bambini sulle spalle dei padri, e tantissime donne venute da tutta la provincia di Napoli che si abbracciavano commosse e alcune distribuivano volantini con appello alle lavoratrici ad unirsi per vedere riconosciuti i loro diritti. C’erano degli uomini che vendevano il giornale “l’Avanti”, altri “ l’Unità”, dei carri addobbati e tantissime bandiere rosse al vento. E c’era un vecchio signore con un cartello in mano con su scritto: “ È colpa tua, se i tuoi figli hanno troppi vizi, troppi soldi gli hai messo in tasca” .

Sul marciapiede sotto la statua dell’Eroe di Caprera, un signore in camice verde scuro, accanto a una macchina fotografica a soffietto su un treppiedi in legno, invitava ; “ Fotografie, tessere?”. Alla sua sinistra un ragazzo con delle bibite in vetro nella bagnarola di zinco, mantenute al fresco da una bacchetta di ghiaccio coperta da stracci, gridava: “Aranciata, Coca Cola, Chinotto!”. In coda al corteo, che si sarebbe sciolto in Piazza Matteotti, avanzava un gruppo di anarchici. Davanti allo striscione della Cgil, la banda musicale di Ponticelli, suonava L’Internazionale . Sfilammo per il Rettifilo e molti lavoratori col foulard rosso al collo, intonavano in coro inni e canzoni della festa del lavoro che neanche conoscevo, mentre i parlamentari Maurizio Valenzi, Giovanni Porzio, Francesco De Martino, Gerardo Chiaromonte,​ Giuseppe Avolio, Giorgio Napolitano (che ricopriva la carica di segretario provinciale del Pci), con delegazioni del Psi e del Pci, fra cui Antonio Carpino e Andrea Geremicca, ci attendevano all’angolo di Piazza Nicola Amore. Sulle scale d’ingresso dell’università Federico II erano schierati un centinaio di studenti in piedi che al nostro passare ci salutavano con il pugno alzato.

La manifestazione si concluse verso mezzogiorno, con l’intervento del segretario generale della Cgil, Agostino Novella, ex operaio partigiano e deputato del Pci, che aveva partecipato alla Resistenza nella Brigata Garibaldi. Forse, perché era la prima volta che partecipavo ad una manifestazione, rimasi colpito dal suo discorso. Lo applaudii insieme agli altri quando sostenne che bisognava impegnarsi e lottare per la pace, l’aumento dei salari, per la libertà nelle fabbriche e la dignità dei lavoratori. Lo ascoltai con attenzione e mi convinse molto quando affermò che il Primo Maggio era una giornata di festa e di lotta, aggiungendo che c’era bisogno di un sindacato forte e unitario nel Paese a tutela delle libertà e della democrazia. Un sindacato forte e combattivo nelle fabbriche per affermare un nuovo potere contrattuale e lo sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno . Il giorno dopo a 17 anni, ad un mese dalla mia assunzione ero iscritto alla Fiom Cgil.

Allora era guidata da Luciano Lama e dal partigiano socialista Piero Boni. Quell’anno faceva il suo ingresso nella Segreteria Nazionale del sindacato anche il comunista Bruno Trentin. Diego Novella, era segretario dal 1957, eletto all’unanimità, dopo la morte di Giuseppe Di Vittorio. La segreteria della Camera del lavoro di Napoli aveva invece come segretario generale Carlo Fermariello, che poi interpretò se stesso- e cioè un dirigente del Pci- nel film Le mani sulla città. Il suo vice era il socialista storico “ Antonio Lombardi” ex operaio e sindacalista di razza, un riferimento ideale per intere generazioni. Da quell’anno, non sono mai mancato alle manifestazioni del Primo Maggio.

Mai, nemmeno una volta, seppure rimpiango la sparizione del corteo con i lavoratori che sfilano per il Rettifilo e non ritrovo più il significato di giornata di festa e di lotta per il lavoro. Lottare per il lavoro non significa soltanto rivendicare nuova occupazione, ma anche puntare al superamento degli egoismi e delle disuguaglianze. Significa puntare ad una società migliore, guardando al futuro, allo sviluppo, all’innovazione, ai processi di integrazione, alla felicità delle persone. Lottare per il lavoro è una sfida di civiltà, per cui è il momento di puntare alla riduzione della giornata lavorativa, all’aumento dei salari, agli investimenti finalizzati, al reddito minimo, ai nuovi diritti, aiutare i più deboli”.

Anita Capasso

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