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Rigenerare: l’innovazione integra ambiente, vivibilità, storia. Palazzo De Falco: un futuro sicuro, decoroso e sostenibile

Napoli, 8 Giugno – II tempo e la storia hanno reso necessari, degli interventi che hanno modificato sia dal punto di vista architettonico che urbanistico alcuni fabbricati per precise esigenze di carattere politico, economico e sociale. Nessun cambiamento, però, ha offuscato il fascino che emanano alcuni palazzi. Colpiscono ancora la funzionalità e la razionalità con cui sono stati identificati gli ambienti, la sapiente ripartizione di spazi, la dolce armonia con cui si inseriscono nel paesaggio circostante: segni di un perfetto equilibrio tra uomo e natura, tra la forma artistica ed il materiale impiegato.

Al di là delle dimensioni, del contesto territoriale in cui si trovavano o delle attività che ivi si svolgevano, i palazzi, restano impressi nella memoria per gli elementi fondamentali che li caratterizzano, primo tra questi la corte. La corte era il centro fisico e funzionale di un edificio, era il cuore della struttura a cui si accedeva tramite un portone, attraversando un ampio ingresso per poi accedere ad un ampio cortile costellato da ampi portici e loggiati. Il palazzo De Falco che prende il nome dal suo proprietario ingegnere Domenico De Falco rispecchia pienamente tale concezione. 

Il palazzo sorgeva in una vasta estensione di terreno denominata anch’essa “masseria De Falco” dove i contadini coltivavano i campi. L’edificio era stupendo e di grande fascino; il cortile interno era pieno di agrumi, l’arredamento era maestoso, ricco di pareti tappezzate lussuosamente che davano un tocco di eleganza alla dimora, disponeva di impianti elettrici ed idrici all’avanguardia per il tempo di allora. Una scala anch’essa maestosa con rivestimenti in marmo naturale era strutturata con arcate e soffitti a volte; a coronamento di questo fabbricato un suppenno con copertura in tegole. Un cancello in ferro battuto posto sul lato opposto della strada frontalmente all’ingresso principale del palazzo invitava i contadini a lavorare nei campi. Faceva bella mostra un grande giardino recintato con un muro in pietra bianca adiacente al fabbricato con una piantagione di cachi la cui presenza è ben visibile in una cartografia del 1956.

La topografia dell’edificio viene segnalata fin dall’ottocento, probabilmente la sua costruzione dovrebbe risalire alla fine del settecento a cui segue una ristrutturazione nel 1821, data che si legge sulla chiave del portale in marmo di piperno dell’ingresso. Purtroppo a seguito del terremoto del 23 novembre 1980 il fabbricato ha subito notevoli danni strutturali rendendolo inagibile per cui le famiglie che vi abitavano dovettero sloggiare. Furono anche avviati lavori di ripristino con incentivi statali della legge 219/81, ma poi vista l’eccessiva spesa a cui si andava incontro per poter consolidare almeno in parte le strutture, furono definitivamente sospesi i lavori per mancanza di fondi. Già allora, quaranta anni fa, fu impossibile recuperare questa struttura edilizia cadente e decrepita, complicatissima da ristrutturare perché implicava scelte economiche onerose e non convenienti. Tuttora è visibile lo stato di degrado e di abbandono in cui versa questo fabbricato con evidenti problematiche per quanto riguarda la sicurezza e l’incolumità pubblica per i cittadini.  Infatti si sono succedute nel tempo alcune ordinanze comunali di massima urgenza per la messa in sicurezza di parti pericolanti dell’edificio prospicienti la strada.

Risulta evidente, che oggi, ancor di più è improponibile un intervento di restauro o di risanamento conservativo di questo fabbricato abbandonato; non c’è alcuna convenienza economica che possa motivare e giustificare la conservazione ed il consolidamento statico dell’edificio.

La riqualificazione ora può avvenire solo mediante un opera di demolizione totale e di ricostruzione recuperando tutto ciò che è possibile per un ricordo della memoria. 

Lo strumento urbanistico Comunale consente di poter intraprendere questo percorso, visto che il fabbricato non è soggetto ad alcun vincolo artistico e paesaggistico. Piuttosto che farlo morire dal peso della vecchiaia è preferibile farlo rinascere in virtù di nuove esigenze funzionali supportate da nuovi materiali e strumenti tecnologici. Si tratta di integrare sistemi e forme tradizionali che conservano caratteristiche estetiche e funzionali con attuali criteri più efficaci  sotto il profilo del risparmio energetico grazie alla natura di nuovi materiali, di isolanti, intonaci, pitture, finiture e serramenti prodotti con le moderne tecnologie. Possiamo, con il nuovo, far rivivere il vecchio mediante il recupero di valori spaziali riordinando nuove geometrie e ricomponendo alcuni elementi artistici e decorativi.

Sulla facciata principale del fabbricato sono presenti alcune componenti di notevole pregio architettonico che conferiscono prestigio e bellezza all’imponente struttura. Si innalza in copertura un cornicione in muratura, un profilo decorativo da poter essere riproposto con nuove tecniche lavorative mediante modanature sagomate; la pietra in tufo giallo, tipica del napoletano è presente, questo antico elemento strutturale può integrarsi nella nuova facciata evidenziando un netto distacco dall’intonaco bianco delle arcate; questa pietra di origine vulcanica deve essere lasciata a vista, senza intonacatura per rendere visibile l’effetto dell’integrazione con il nuovo e moderno materiale da costruzione. Gli elementi portanti in ghisa che sorreggono i balconcini come mensole e che interagiscono armoniosamente con le decorazioni dei pannelli in ferro battuto nella ringhiera dei balconi e dei loggiati, ci fanno ricordare le antiche maestranze capaci di lavorare e modellare artisticamente il ferro.

I blocchi di pietra piperno vesuviana di origine vulcanica formano i piedritti su cui poggia la struttura portante in muratura di tufo; Il portale dell’androne in marmo di piperno a tutto sesto che costituiva il fondamento architetturale delle volte a botte emerge nella sua grandezza con l’enorme portone in legno lavorato dalle mani sapienti degli artigiani; le arcate a tutto sesto schiacciate composte in pietra di tufo sono delle autentiche cornici per i loggiati. Il Basolo, un altro elemento lapideo di origine eruttiva di forte spessore usato per la pavimentazione all’ingresso e nell’androne nel calpestio, ci riporta a ritroso nel tempo nel rintocco di zoccoli dei cavalli. Tutti questi elementi possono essere riproposti in un progetto di ricostruzione a partire dal portone di ingresso configurandolo con le stesse dimensioni, libero ed aperto per consentire dall’esterno la visibilità della corte interna  lastricata in basalto, finanche le opere di finitura, le ferramenta ed i chiavistelli possono essere recuperati e depositati a vista in un salone , un ambiente comune quale testimonianza di una memoria storica .

Ed ecco che gli spazi possono rivivere in una nuova dimensione spaziale/temporale con l’aiuto dei nuovi materiali.

Così facendo si recupererà la memoria di questo casale ad economia prevalentemente agricola. Il Piperno ed il tufo , questi due materiali utilizzati fin dall’antichità nell’architettura dei  fabbricati dei nostri paesi  hanno dato vita a “mastri” che dettero un grosso impulso all’attività estrattiva nelle cave. Il piperno per la sua consistenza lapidea e la resistenza all’usura degli agenti atmosferici veniva usato come rivestimento nelle costruzioni a protezione della più molle e porosa pietra di tufo.  Nel palazzo De Falco si evince l’accoppiamento tra questi due pietre ed è auspicabile che nella nuova struttura possano reintegrarsi come elementi architettonici abbinati alla tecnica dei nuovi materiali da costruzione. Il calcestruzzo con armature  gettato in opera nelle casseforme  può trasformarsi  in manufatti di decoro e dare nel contempo una sicurezza statica;  con il cemento armato possiamo riproporre le arcate dei loggiati nel pieno rispetto della normativa antisimica; sul piano energetico possiamo predisporre di varie fonti alternative e pulite per la tutela dell’ambiente; con le attuali infrastrutture in virtù di  nuovi materiali  e di nuove tecniche di lavorazione possiamo rendere  più sicura  la salute pubblica  migliorando  la  qualità della vita.

Un altro elemento da non trascurare è il possibile utilizzo degli inerti derivanti dalla demolizione con la possibilità di selezionare i materiali di scarto riutilizzandoli  nel processo costruttivo consentendo loro un secondo ciclo vitale; in tal modo si  rafforza ulteriormente il legame con l’entità e la memoria del luogo.

Alla sfida di integrazione tra vecchio e nuovo ora si giunge ad un altro fattore chiave: la sostenibilità.

L’attuale generazione deve soddisfare i suoi bisogni senza mai compromettere la possibilità alle generazioni future di soddisfare i propri. La vera sfida per la sostenibilità comporta l’identificazione di nuovi modelli produttivi evitando razionalmente inutili sprechi delle materie prime. Per centrare questo obiettivo occorre intervenire attraverso politiche territoriali ed urbanistiche mirate: tecnologie ad elevata efficienza energetica, materiali a basso impatto ambientale, fonti rinnovabili con la riduzione di emissioni di sostanze nocive. Il mercato dei prodotti edilizi sembra finalmente aver compreso lo sviluppo verso un’architettura sostenibile,  offrendo una gamma ecologica di sistemi costruttivi con il supporto delle moderne tecnologie senza però rinnegare l’impiego di metodi di costruzione tradizionali.  L’innovazione, la riqualificazione dovrà sostenere  la sostenibilità di  tutti i settori produttivi ; con l’aiuto della scienza possiamo costruire il nostro futuro, più semplice e più sicuro per il benessere umano ed ambientale.

In riferimento al palazzo in esame, la fase di progettazione rispecchia pienamente tale concezione di ecosostenibilità,  che mette in relazione l’uomo e lo spazio, l’architettura e l’ambiente creando un perfetto equilibrio  tra la forma artistica ed il materiale impiegato.

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