Cultura

La pandemia e i neologismi: la lingua che si modella al “nuovo mondo”

Napoli 28 Maggio- Passare in rassegna i neologismi dell’ultimo anno, inseriti nella versione più aggiornata dei dizionari, permette una retrospettiva su ciò che di rilevante abbiamo vissuto in quest’ultimo periodo, i cambiamenti che abbiamo affrontato, le ultime mode e ciò che vi è di più rilevante. Molti neologismi del 2020 riguardano la pandemia: la centralità di questo tema e i cambiamenti nella vita delle persone, hanno forzato l’adozione di nuovi termini nella vita di tutti i giorni.

Ma cos’è un neologismo? I neologismi sono le “parole nuove”, cioè quei termini o locuzioni che fino a poco tempo prima non facevano parte della lingua in cui vengono introdotti. Il ricorso ai neologismi deriva dalla necessità di dare un nome a un concetto nuovo o a una realtà che assume più rilevanza rispetto a un periodo precedente. Per diventare neologismo, però, è necessario che la parola in questione si diffonda ed entri a far parte di fatto nella lingua italiana. L’Accademia della Crusca sottolinea come nel processo di inserimento di neologismi diffusi nel parlato o nello scritto si tenga in considerazione la frequenza di utilizzo dei termini.

Tra i neologismi non poteva quindi mancare la parola Coronavirus. Il termine resta per decenni circoscritto all’ambito specialistico di origine, della biologia e della medicina, con sporadiche attestazioni nella lingua dei giornali, in articoli divulgativi che citano il virus tra gli agenti patogeni responsabili del raffreddore e di altre sindromi parainfluenzali. L’affermazione della voce nella lingua corrente è nel 2020, come conseguenza dell’ampia risonanza mediatica suscitata dalla nuova epidemia di polmonite (poi denominata COVID-19).

Tra i neologismi legati alla pandemia troviamo anche: distanziamento sociale, prestiti dall’angloamericano come lockdown. Il termine è usato soprattutto nei titoli e compare quasi sempre associato ad almeno un termine italiano consolidato nell’uso comune (chiusura o blocco di emergenza/totale, isolamento o confinamento). E poi ancora l’espressione salto di specie (o spillover, in inglese), il fenomeno biologico ritenuto la causa del Covid-19, che sta a indicare il passaggio di un agente patogeno da una specie animale a un’altra e contact tracing con cui si indica la procedura di individuazione di tutte le persone entrate in contatto con un soggetto risultato infetto, tesa a circoscrivere il contagio isolandone i potenziali portatori. Ritroviamo anche la locuzione didattica a distanza (DAD), rilancio che nel 2020, in seguito alla chiusura delle scuole su tutto il territorio nazionale, si è caricato di un peso semantico nuovo e ben più consistente, impiegato all’interno dei testi legislativi ed istituzionali, poi in all’interno di quelli giornalistici fino ad entrare nella lingua di uso comune.

Con l’avvento della pandemia, la tecnologia è diventata uno strumento centrale nella vita di tutti i giorni. Tra i neologismi troviamo disiscrivere (insieme a disiscriversi), l’atto con cui si rescinde l’iscrizione da qualche servizio. Un termine di particolare attualità in un momento in cui il bisogno di limitare le intromissioni nella propria attenzione da parte del mondo virtuale è più sentito. Accanto ad esso troviamo deepfake una parola di adozione inglese che sta a indicare una tecnologia con la quale si possono creare dei video falsi particolarmente credibili, a partire da vere foto o registrazioni che vengono manomesse. Nuova minaccia virtuale attraverso cui vengono create anche notizie false.

Tra i neologismi legati alla sfera sociale ritroviamo boomer, appellativo ironico e spregiativo attribuito a persona che mostri atteggiamenti o modi di pensare ritenuti ormai superati dalle nuove generazioni; il prestito dall’inglese catcalling che nomina una serie di atti (fischi, commenti volgari, offese e insulti) espressione di una mentalità sessista e svalutante che costituiscono un tipo specifico di molestia sessuale e di molestia di strada.

Non mancano i neologismi legati all’antropocene, l’attuale era geologica, caratterizzata da un’influenza massiccia e pericolosa dell’essere umano sull’ambiente. Tra i neologismi legati a questo tema troviamo il lemma microplastica, usato principalmente nella sua declinazione plurale che indica i frammenti piccolissimi di plastica, a volte così piccoli da oltrepassare sistemi di filtraggio, che le diverse attività umane (come, per esempio, il lavaggio dei capi sintetici) rilasciano nell’acqua o ancora climaticida, che contribuisce negativamente al processo di cambiamento climatico, causando emissioni inquinanti o sconvolgendo l’ecosistema circostante.

Su note più positive troviamo economia circolare, locuzione con la quale si indica un tipo di economia in cui sia la produzione di un prodotto sia la sua modalità di consumo sono progettati al fine di allungarne il più possibile il ciclo di vita, ridurre i rifiuti e utilizzare le materie prime in modo sostenibile. E poi ancora carbon neutral e upcycling, entrambe adozioni dall’inglese: la prima indica un’attività pensata per non emettere più anidride carbonica di quanto l’ecosistema possa assorbire, mentre la seconda si riferisce a un insieme di tecniche per trovare un nuovo scopo a oggetti che altrimenti verrebbero gettati.

Oltre ai neologismi, prendiamo in considerazione anche il fenomeno dello slittamento semantico che si ha quando una parola esistente assume un nuovo significato in un campo tematico differente da quello nel quale veniva utilizzata (più precisamente, si tratta di un cambiamento del rapporto tra il significante e il significato). Anche in questo caso è la realtà esterna che porta a delle modifiche appartenenti all’ambito della lingua. Si pensi al verbo tamponare, prima utilizzato principalmente per parlare di incidenti automobilistici, che ora è utilizzato anche per indicare l’azione del sottoporre qualcuno a tampone.

E che dire dello slittamento semantico di termini come positivo e negativo? Già presente in campo medico, esso è passato anche al gergo comune così che negli ultimi tempi questi due aggettivi sono usati più spesso per indicare i risultati ai test di rilevazione dei contagi che come indici di un’attitudine verso la vita. 

La parola virale ha visto un ritorno al suo campo semantico originale: nata in ambito medico, negli ultimi anni il suo significato più comune era legato al mondo della tecnologia ad indicare contenuti che, in breve tempo, hanno la possibilità di diffondersi in tutto il mondo.

Concludiamo con mascherina, prima utilizzata per riferirsi agli oggetti utili nei travestimenti, indicando in particolare le maschere coprenti solo la parte alta della faccia, ora viene associata immediatamente ai dispositivi di protezione da contagio di Sars-Cov-2 per via aerea

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