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La delinquenza più terribile: le Baby Gang

Napoli, 20 Marzo – L’esistenza delle cd.ʺbaby gangʺ (ad esempio: i Latinos) è tristemente noto a tutti attraverso le cronache telegiornalistiche. Tale fenomeno risulta, tuttavia, spesso – a parere di chi scrive – molto sottovalutato, in quanto si parla spesso della macrocriminalità (le associazioni mafiose) e non della microcriminalità (costituita da minorenni di un’età dagli 8 ai 16 anni) che finisce, spesso, per ingrossare le fila della prima tipologia di dimensione socio-delinquenziale, con metodologie diverse a seconda del contesto sociale all’interno della quale avviene l’affiliazione.

Da dove tre, dunque, origine e forza vitale, il fenomeno criminoso delle baby gang?

A tal proposito, va preso spunto ma non ci si deve basare, per inquadrare la drammatica dimensione del problema, esclusivamente, sulle dottrine più autorevoli di stampo criminologico-antropologico e socio-psico-pedagogico, bensì occorre, principalmente, prendere atto che esiste una strisciante e subdola ed insidiosa sub-cultura (diffusa, in maggiore o minore misura, tra tutte le classi sociali italiane), fondata sulla precisa e diabolica volontà di farsi da sé a tutti i costi ed a qualunque costo (schiacciando chiunque ti possa ostacolare), perchè diventando dei leaders (anche se nel ruolo dei cd. ʺanti-eroiʺ) ci si guadagna, secondo tale perversa e pervertitrice mentalità, il rispetto degli altri (ma la paura non dà il rispetto, bensì la sottomissione).

Il fattore più grave in proposito è quello che spesso tali comportamenti, marcatamente anti-sociali e penalmente rilevanti, vengono intesi, nell’ambito territoriale, familiare, delle compagnie scolastiche e nella cerchia delle varie relazioni di riferimento, come segno di emancipazione e di sapere dimostrare ciò che si desidera raggiungere nella vita.

Si tratta di una pericolosa valorizzazione del lato oscuro dell’esistenza umana, pure dovendosi riconoscere che non tutti i contesti familiari, scolastici e sociali risultano affetti da tali fenomeni patogeni.

Detto in parole ancora più semplici: risulta alquanto deleterio lasciare che il/la minorenne operi sempre da solo/a le scelte circa i comportamenti da intraprendere  e le relazioni aggregative  da intessere, perché, in tal modo, si fa , rapidamente strada, nella psiche del/la medesimo/a , lo regola di vita: ʺTutto mi è concesso fare per la mia affermazione e qualunque mezzo risulta lecito da adottareʺ.

In tal modo valori come ʺunità familiareʺ ; ʺprossimo tuoʺ; ʺconfronto sano e reciproco nella comunità socialeʺ vengono, spietatamente, sacrificati sull’altare pagano della auto-esaltazione di se stessi e dell’unico valore ritenuto degno di portare avanti nella propria vita: tutto si compra ed è monetizzabile o si ottiene con la forza e l’essere umano  è solo merce di scambio.

Per tali motivi risulta assolutamente da evitare l’adozione di un modello genitoriale improntato sul fare contento/a il figlio o la figlia minorenne a tutti i costi concedendogli tutto (in denaro e sfizi per non avere pensieri) e non vigilando mai sulle compagnie che frequenta (i genitori, i nonni, i parenti, devono pensare, alternandosi tra di loro, al bene dei piccoli h24).

A tale formativa vigilanza deve contribuire, significativamente, anche ogni sacerdote presente nella Parrocchia di riferimento.  Va, inoltre, considerato, riallacciandoci a quanto affermato all’inizio, che dalle baby gang all’affiliazione alla criminalità organizzata il passo spesso è molto breve. Concludendo: nella sinergia tra famiglie, Parrocchia e scuola risiede la crescita sana ed equilibrata dei minori.

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