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Il presidenzialismo all’italiana è fattibile?

Napoli, 3 Febbraio – Tentare d’innestare, integralmente, modelli di Governo vigenti in  Paesi d’oltreoceano (Pensiamo ai vari Stati degli USA) in Italia ( quale Paese fondato sulla nobile tradizione giusromanistica)  risulterebbe alquanto pericoloso e disorientante per la vita dei cittadini che verrebbero a perdere, con la conseguente disgregazione della nostra Carta Costituzionale e lo stravolgimento  delle  norme contenute nei Codici (Civile e Penale e di Procedura Civile e Penale, etc.), ogni punto di riferimento normativo e socio-istituzionale stabile.

Tale conclusione trova fondamento in quanto si verrebbe, di fatto, a sconvolgere totalmente il sistemato assetto legislativo dei poteri (Legislativo, Esecutivo e Giudiziario) sancito nella Carta Costituzionale (si leggano gli articoli da 55 ad 82;  da 83 a 91  e da 101 a 113 Cost.) a tutto vantaggio della supremazia istituzionale del Presidente della Repubblica, visto e considerato che, come si legge nella Enciclopedia Treccani on-line alla voce ʺPresidenzialismoʺ, la forma di governo  presidenziale è caratterizzata da una rigida separazione dei poteri, da un esecutivo affidato ad un Presidente della Repubblica che è espresso direttamente dal corpo elettorale, dura in carica  per un periodo di tempo predeterminato, non è soggetto a un rapporto di fiducia con il Parlamento, non ha il potere di scioglierlo ed è a capo dell’apparato burocratico e militare.

Ne deriva che il presidenzialismo risulta un male da evitare assolutamente. Leggermente più  normativamente vicino al nostro assetto costituzionale risulta, invece, essere, il modello di governo a carattere semipresidenziale, che (come da definizione reperibile on- line dal Dizionario della Simone) si caratterizza quale forma  di Governo contraddistinta dall’elezione diretta del Capo dello Stato e per la presenza di un Governo, che comunque deve godere della fiducia del Parlamento.

Esistono quindi un Presidente della Repubblica e un Primo ministro, i cui rapporti di forza sono variamente configurati a seconda che la maggioranza parlamentare sia a favore dell’uno o dell’altro. Questa struttura diarchica o bipolare trova la sua più significativa esemplificazione nella Francia della V Repubblica (Costituzione del 1958, ma modificata con l’elezione diretta del Capo dello Stato nel 1962).

In effetti, tale tematica è stata affrontata per la prima volta, negli anni ’70, dallo studioso francese Maurice Duverger, il quale inserì la Francia all’interno di un gruppo eterogeneo di Paesi (Finlandia, Austria, Islanda e Portogallo), rinvenendo in essi le caratteristiche suaccennate del (—). Successivamente altri Paesi hanno adottato tale forma di Governo (es.: Polonia, Romania).

A modesta opinione di chi scrive, la soluzione migliore sarebbe solamente quella di consentire legislativamente, all’interno del nostro Paese, l’elezione del Capo dello Stato (il Presidente della Repubblica) direttamente al Popolo Italiano.

Ne deriverebbe che il Capo dello Stato, dovrebbe, di conseguenza, agire da coordinatore delle varie attività istituzionali in accordo con il Popolo Italiano, quali , ad esempio, proporre una lista di papabili primi Ministri e di Ministri dei vari Dicasteri e dei componenti del Parlamento (Camera e Senato), con contestuale e ragionevole sottoposizione della Magistratura Ordinaria; Amministrativa; Militare etc. alle dirette dipendenze del Ministero della Giustizia (con opportuno raccordo, ad esempio, con il Ministero della Difesa per la Magistratura Militare) così come dovrebbe essere fatto, contestualmente, per i Consigli dell’Ordine degli Avvocati e  relativi iscritti (anche se Praticanti) che, venendo ad essere sottoposti al suindicato Dicastero, diverrebbero una realtà finalmente statalizzata, con  precisi e sacrosanti diritti e doveri normativizzati. Parafrasando la celebre sigla ʺS.P.Q.R.ʺ bisognerebbe scrivere ʺS.P.I.ʺ ossia ʺStato e Popolo Italianoʺ.

   

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