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Caro carburanti, confermato lo sciopero indetto per il 25 e 26 gennaio

Napoli, 16 Gennaio – Ai gestori delle pompe di carburanti aderenti a Fegica e Figisc Confcommercio non piace il decreto sulla trasparenza dei prezzi pubblicato sabato dal governo, soprattutto nella parte relativa alle sanzioni che rischiano i benzinai. E affermano che “a queste condizioni” è confermato lo sciopero già indetto per il 25 e 26 gennaio.

“Sul caro carburanti continua lo scaricabarile del governo” afferma Roberto Di Vincenzo, presidente della Fegica, mentre Bruno Bearzi, presidente nazionale della Figisc, avverte che “se domani nell’incontro al Ministero delle Imprese e del Made in Italy non si riparte dal decreto si conferma lo sciopero”.

Bruno Bearzi della Figisc spiega che l’incontro di domani era già previsto per affrontare i problemi della filiera, ma alla luce del dl carburanti e della notizia dell’istruttoria dell’Antitrust  “bisogna ripartire dal decreto”, perché “all’opinione pubblica viene rimandato che non siamo corretti ed è un messaggio che non ci piace”.   

Secondo Roberto Di Vincenzo della Fegica il governo “non può dire oggi che i gestori si sono comportati correttamente e domani evocare l’intervento della Guardia di Finanza”. Inoltre, la notizia di oggi dell’avvio di “una istruttoria Antitrust che indagherebbe sui petrolieri, non per le loro eventuali responsabilità, ma perché non avrebbero sorvegliato i benzinai evidentemente rei di aver speculato sui prezzi” rende la “situazione grave, se non fosse ridicola. Il governo non può continuare ad avere sette anime l’una contro l’altra armata e sette posizioni diverse, che finiscono inevitabilmente per scaricarsi sui cittadini di questo Paese e pure su una intera categoria di lavoratori”.    

Bearzi spiega che il decreto carburanti non piace ai gestori soprattutto nella parte relativa alle sanzioni, che sono “sproporzionate, non fanno deterrenza”, peraltro “i cartelli sono dannosi e inutili” e dovrebbero essere “tarati sull’area circostante non a livello regionale”. La mancata esposizione dei prezzi medi regionali porta a sanzioni di 6mila euro, che vuol dire “vendere 180mila litri di benzina, pari a 6 autobotti”, cioè in 42 settimane, più di 10 mesi, precisa il presidente della Figisc. La sanzione può arrivare persino alla “risoluzione del contratto e la richiesta di danni da parte della compagnia” petrolifera con “la chiusura dell’azienda” di distribuzione “e non lo possiamo accettare”.

“Denunciare le anomalie che si registrano nei prezzi dei carburanti non è gettare fango sulla categoria, così come non è un insulto chiedere più trasparenza in favore dei consumatori” spiega Furio Truzzi, presidente di Assoutenti. “Non capiamo il nesso tra la sacrosanta indagine aperta dall’Antitrust sulle irregolarità relative all’esposizione dei prezzi al pubblico, che dovrebbero essere contestate dagli stessi gestori, e lo sciopero della categoria. Riteniamo che in questo momento di grave crisi economica i gestori farebbero bene a collaborare con le associazioni degli utenti per il bene del Paese e per superare divergenze e contrapposizioni che non aiutano nessuno, ma alimentano solo tensioni”, conclude Truzzi.

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