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Napoli, 20 Giugno – Il calcio, come è noto, è parte integrante della cultura Italiana: stando ai sondaggi statistici medio tempore condotti, i Cittadini che mostrano totale disinteresse per questo sport sublime si contano sulla falangetta di un mignolo.

Gli appassionati, me compreso, compongono la stragrande maggioranza della popolazione: si tratta di un dato dalla portata pressoché rilevante, se si considera cosa si è disposti a fare oggigiorno per seguire ogni partita della propria squadra del cuore o per festeggiare un traguardo dalla medesima raggiunto, specie dopo un lungo periodo di astinenza da trofei.

Quanto verificatosi  a Napoli in occasione della vittoria della Coppa Italia è da ritenersi, al tempo stesso, raccapricciante e vergognoso: noncuranti della tragedia tuttora in atto – che, giova ricordare, ha mietuto un’ingente quantità di vittime -, i sostenitori dell’undici in Azzurro hanno messo “le mani sulla città” subito dopo il calcio di rigore decisivo, dando luogo – in spregio alla normativa d’urgenza varata dal Governo e dalla Regione – a considerevoli assembramenti, in particolare nelle vicinanze della stazione centrale e del lungomare, per celebrare la vittoria della sesta Coppa Italia da parte della squadra.

Considerato che, oramai, tutti – compresi coloro che siedono a Palazzo Chigi od in Parlamento – sono del parere che il calcio debba avere la priorità finanche sull’istruzione e sul lavoro, c’era da aspettarsi una siffatta sconsideratezza; tuttavia, avendo sempre – forse per errore – confidato nel senso civico delle persone, sino all’ultimo istante ho nutrito l’auspicio che i sostenitori Azzurri, memori di quanto accaduto a causa della pandemia in atto, desistessero dal riversarsi in strada. Macché! Quel che è accaduto è un autentico macello che – per le ragioni sopra descritte – avrebbe potuto verificarsi anche nel Settentrione (anch’esso abbondante di individui con le rotelle fuori posto) o negli Stati leggermente più civilizzati del Vecchio Continente: il dolore di una molteplicità di famiglie passa, dunque, in secondo piano di fronte all’esigenza di festeggiare un successo sportivo.

Ammetto di essere io stesso un grande amante del calcio: amici e conoscenti ben sanno quanto io tenga che l’Inter giochi a regola d’arte, nonché del disappunto da me espresso ogniqualvolta la squadra rimedi una sconfitta o si lasci sfuggire occasioni d’indubbia nitidezza (oltreché in occasione di chiari errori arbitrali); cionondimeno, se a conquistare la Coppa fossero stati i Nerazzurri, io avrei provato a contenere ogni manifestazione di gioia, limitandomi a telefonare agli amici Interisti (o ad organizzare con essi una videoconferenza) e scrivendo – per motivi di par condicio – una riflessione identica alla presente.

A questo punto, oltre a manifestare la mia profonda indignazione per la scenata messa in atto, confido nella maturità dei calciatori Azzurri, del loro Presidente e – in particolare – del loro Tecnico, Gennaro Ivan (alias Rino) Gattuso – quest’ultimo colpito da un grave lutto familiare -, sperando che provvedano quanto prima a fare una “lavata di testa” ai tifosi, i quali ultimi hanno agito in preda alla pura follia.

Adriano Spagnuolo Vigorita
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