Napoli, 2 Marzo – Il 70-80% delle donne convive con un senso di colpa, legato a diversi aspetti e ragioni, instillato da un processo educativo figlio di una cultura maschilista, spesso sottile, sotterranea, mascherata.
Queste bimbe si sentono dire, sin dalla più tenera età: “Tu sei femmina: devi essere buona, brava, devi sopportare, devi essere paziente”. Facendo appello alla presenza di una intrinseca forza emotiva, dunque, in cui risiederebbe il vero valore di ogni donna, queste bimbe, poi divenute adulte, vengono convinte che per essere mogli, compagne, figlie e madri all’altezza, per formare un nucleo familiari solido, devono “sopportare”.
Oggi, rispetto al passato, più donne, di qualsiasi condizione socio-economica, chiedono aiuto, ammettendo di aver subito violenza, non solo fisica ma anche e soprattutto psicologica. Ma si tratta di appena il 3% circa, rispetto ad un fenomeno globale di immani dimensioni. A queste donne viene chiesto di essere forti, dinamiche, risolutive. Non sembrerebbe esserci spazio per la legittima fragilità, per fermarsi, per essere ammalate.
Perché se sei ammalata non sei più sufficientemente forte, adeguata, capace e quindi utile. Se poi ti viene attribuita la responsabilità di aver provocato la malattia di tuo figlio (quel figlio che in realtà ogni donna vorrebbe proteggere e salvare), perché sei tu la portatrice dell’anomalia genetica, allora sei anche colpevole.
E’ questa la radice dei processi di colpevolizzazione.
Questo potrebbe ad esempio accadere nel caso dell’Adrenoleucodistrofia, che, essendo una patologia X legata, si trasmette dalle madri, portatrici dell’anomalia genetica, ai figli maschi. Il 60% delle femmine eterozigoti sviluppa alcuni sintomi neurologici meno gravi durante la vita.
Si tratta di una grave malattia genetica degenerativa che colpisce il sistema nervoso.
Queste donne possono e devono compiere, per trovare e ritrovare la forza di amarsi totalmente e di vivere un amore sano, un percorso di consapevolezza sul proprio valore, che non dipende da quello che fanno, bensì da quello che sono intrinsecamente.
Inoltre devono essere condotte alla presa di consapevolezza che non sono responsabili della propria anomalia genetica, un fattore che ricade al di fuori del loro potere di controllo. Devono trasformare in un’adulta consapevole quella bambina affamata di coccole, carezze e bisogno di accettazione. Parallelamente devono assumere consapevolezza, che se chi è loro accanto le svaluta, anche in maniera subdola, con frasi del tipo “ti vorrei forte, capace”, non le supporta e le abbandona non è mai stato un vero compagno e non vale la pena averlo nella propria vita.
Il progetto Ricomincio da me, ormai attivo da circa 6 anni, ad accesso totalmente gratuito, lavora su questo versante. L’associazione mette poi in campo percorsi di sostegno alla coppia e di accompagnamento alla genitorialità, che dovrebbero essere seguiti addirittura sin da quando la coppia progetta di avere un figlio, che nei nove mesi di gravidanza assorbirà tutte le emozioni dei genitori. Se l’interlocutore maschile, a sua volta, chiede aiuto, in maniera sincera e non strumentale (quindi senza l’intenzione recondita di attuare una triangolazione ed ostacolare il percorso terapeutico della compagna), per modificare realmente alcune dinamiche relazionali e convinzioni errate e distorte si può intraprendere un percorso di supporto di coppia, se l’uomo esprime una paura o un malessere, o individuale, qualora si abbia a che fare con una situazione più complessa o con un profilo di personalità disturbato.
Per maggiori informazioni: Associazione Parla con me 3388197559
Gli incontri del progetto Ricomincio da me, ad accesso totalmente gratuito, si svolgono ogni mercoledì dalle 10.00 alle 12.30 in via Concezione a Montecalvario, 26.
Per informazioni sull’Adrenoleucodistrofia: AIALD ONLUS Presidente
Dr.ssa Valentina Fasano, Tel: +39 366 93 29 282, [email protected]
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