Volontaria all’A.O.R.N. Dottoranda in Experimental Psychology and Cognitive Neuroscience presso l’università suor Orsola Benincasa, in partnership con l’università di Edimburgo
Napoli, 2 Marzo – Il mio compito è quello di accompagnare i genitori nella gestione della patologia, che passa anche attraverso la percezione e l’accettazione della diagnosi.
La mia figura nasce per offrire un sostegno unico nel suo genere, poiché racchiude in sé competenze professionali e personali allo stesso tempo perché provenienti da un professionista che vive in prima persona la disabilità, essendo una persona in carrozzina affetta da SMA.
Il mio intervento non può prescindere dalla storia individuale e di interazione collettiva di ogni genitore e di ogni famiglia e si plasma e riplasma in base ad esse. E’ necessario modulare opportunamente paure e speranze che incrociano le aspettative, affinché le famiglie maturino un solido senso di realtà, che consenta loro di fare scelte funzionali nelle varie fasi di vita del figlio rispondendo opportunamente a bisogni specifici.
Si tratta di un vero e proprio viaggio di scoperta da intraprendere insieme, in cui i bisogni specifici del figlio vanno compresi ed accettati, così come l’inevitabile differenza nello stile di vita. E’ necessario, infatti, essere consapevoli che il proprio figlio sarà destinatario di un’assistenza complessa, con una certa differenziazione da soggetta a soggetto, una complessità che occorre elaborare per poterla affrontare.
Accanto a genitori equilibrati, che devono, però, avere un tempo adeguato per elaborare la diagnosi ed i profondi cambiamenti di vita correlati, esistono genitori più spostati verso un atteggiamento apprensivo, che genera un processo di iper-accudimento (tutta la vita dei genitori è incentrata sui bisogni del figlio). E genitori più tesi verso un’iper-razionalizzazione della situazione, che li porta a rispondere in maniera subitanea a qualsivoglia bisogno materiale e pratico, ma a non riconoscere il profondo dolore che la diagnosi genera, anche se non lo sanno e non lo ammettono a loro stessi, facendo finta che “vada tutto bene”.
Un passaggio molto delicato, ad esempio, è quello che riguarda la somministrazione del farmaco, in commercio da circa un anno e mezzo. Infatti, deve essere ben chiaro che il medicinale non curerà il figlio in senso stretto, cioè non gli restituirà un pieno stato di salute ma che, soprattutto se somministrato in una fase precoce, potrebbe rallentare significativamente il processo di degenerazione, modificandone sostanzialmente il decorso. Questo farmaco, infatti, aumenta la produzione della proteina deputata alla contrazione muscolare, non solo a livello motorio, ma anche, ad esempio, respiratorio e di deglutizione, nei cosiddetti geni-copia (che producono la stessa proteina del gene principale, l’SMN-2, che nella SMA è modificato, ma in quantità nettamente minore).
Se già in assenza di una malattia, con la nascita di un figlio gli equilibri della coppia mutano profondamente, perché si diventa una famiglia, quando interviene la diagnosi di una patologia questo percorso di trasformazione da coppia a famiglia appare ancora più tortuoso, innescando possibili meccanismi molto diversi nelle due parti della coppia stessa. In tal senso, il ruolo della donna è importante, perché ella è più empatica, rivolta alla relazione ed all’autoanalisi, come conferma la letteratura di settore. E’ come se ogni genitore fosse come un vaso di Pandora, da cui fuoriescono sentimento di paura, di cui spesso ci si può addirittura vergognare, di rabbia e, a volte, ma nascosto molto nel profondo, il senso si colpa. Però non bisogna dimenticare anche la felicità, per ogni traguardo possibile raggiunto dal figlio, che non ha mai senso confrontare con quelli altrui (i traguardi impossibili, infatti, portano solo ad una dispersione di energia). Un traguardo che dimostra che il figlio c’è ed a suo modo le cose le fa. Questo gratifica i genitori: li ripaga dei sacrifici e degli investimenti emotivi compiuti.
UN GIOCO DI SQUADRA
Famiglie SMA Onlus é un’associazione che opera a livello nazionale, con una fitta rete dislocata sul territorio. L’obiettivo principale dell’associazione è quello di dare alle nostre famiglie delle opportunità, che vanno dalla gestione della vita quotidiana (attraverso consulenze legali, socio-assistenziali, educative, psicologiche) alla messa in rete di standard clinici a livello locale tramite la formazione di team di medici, senza dimenticare il valore della ricerca.
Io, nello specifico, mi occupo di progetti educativi nelle scuole e di supporto psicologico, soprattutto nel momento della diagnosi.
L’opportunità di accompagnare le famiglie in un momento così delicato mi è stata data dalla sinergia creatasi tra famiglie SMA e l’A.O.R.N. Santobono-Pausilipon, che mi ha accolta come una seconda famiglia, da un paio d’anni a questa parte.
Per maggiori informazioni sulle attività associative è possibile scrivere a: [email protected]
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