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Sallusti su Montanelli: “Sarebbe stato meglio non averlo mai conosciuto”

“Quando stai a contatto con i tuoi miti poi questi crollano”

Napoli, 5 Gennaio – «Montanelli è stato un mio maestro ma come sempre quando si tratta di miti è meglio non conoscerli, non viverli da vicino. Magari scopri che si infilano le dita nel naso o che sono degli str…i…». La terza puntata di “A casa Sallusti” non è meno scoppiettante delle prime due.
Nel format che trovate su https://www.liberoquotidiano.it/piulibero/, il notissimo direttore di Libero, intervistato da Klaus Davi, racconta in esclusiva aspetti privati della propria vita. Ecco cosa ci dice Sallusti in questa puntata dedicata a Indro Montanelli: «Conobbi Indro perché nel mio girovagare di giornale in giornale, a un certo punto approdai al Giornale di Montanelli. Mi ci porta Paolo Granzotto, che allora era vicedirettore e che conobbi da inviato in Libano nell’83/84, e io mi presento davanti a questo monumento: ne percepisco subito tutto il carisma, era fisicamente affascinante Montanelli, emanava carisma.
E lui mi assume. Tra l’altro abbiamo anche un buon rapporto personale perché mi mette all’ufficio centrale, quello dove ci sono i capiredattori che lavorano a stretto collegamento col Direttore, quindi sono quotidianamente in contatto con lui. E questa non è stata una bella cosa perché uno non dovrebbe mai conoscere i suoi miti: se tu conosci nella quotidianità il tuo mito ti rendi conto che, certo, è un gigante, però è anche un grandissimo str…o, si mette le dita del naso, fa delle cose umane nel bene e nel male e io avrei preferito non conoscerlo, cioè che fosse rimasto un’entità astratta, ideale. Lui in realtà Il Giornale non lo faceva, si occupava del suo fondo, aveva un eccellente rapporto con i lettori, nel senso che curava personalmente la pagina delle lettere: le leggeva tutte, le sceglieva, rispondeva e poi scriveva il suo magnifico fondo.
Del giornale si occupava pochissimo. Quando veniva alle riunioni di redazione del mattino per impostare il giornale, era come andare al cinema senza pagare il biglietto: arrivavano Montanelli e inviati storici come Egisto Corradi, Enzo Bettiza, insomma delle grandi firme, e allora succedeva che magari si diceva “Oggi agli esteri cosa c’è?” e allora uno rispondeva “In Polonia sta succedendo Solidarnosc”, e allora Corradi per esempio diceva “Ti ricordi Indro in Polonia nel 1952…?” e partiva questa aneddotica e io ero lì che ascoltavo appunto come se fossi al cinema a vedere un bel film. Ma il problema era che non si faceva il giornale perché si iniziava a parlare del ’52, del ’54, “Ti ricordi quella fidanzata che tu mollasti…”, bellissimo, ma il giornale non usciva mai… Insomma, quel Giornale era un giornale di grandi senatori, di grandissima qualità ovviamente, in quel Giornale ci lavorava gente come Prezzolini, ci lavorava il gotha della cultura italiana e non solo italiana, però era davvero un posto abbastanza surreale. Poi ho rincontrato Montanelli quando io arrivo al Corriere della Sera nel ’90: Montanelli fa la sua tragica esperienza de La Voce, fallisce e Paolo Mieli lo riporta al Corriere».
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