La sala della Feltrinelli di Pomigliano d’ Arco era gremita. C’ erano professionisti e non politici e non e tanta gente comune.
Pomigliano d’Arco, 6 Aprile – Da Sidney al Vesuvio: Andrea America ci regala un bel viaggio tra valori, etica, amore e umanità declamata con la grinta di chi è rimasto sempre giovane, in lotta contro le ingiustizie e le distanze sociali. Il suo viaggio parte nella mitica Fiat cinquecento gialla con a bordo i sogni di un’ emigrante che resta umile nella propria immensità. Un’emigrante che ritorna nel suo borgo d’ origine ma niente è più lo stesso. I contadini non esistono più e neanche le persone 
di parola. Eppur si balla sulle note degli Showmen passando per Geolier.
Chi ha un’idea giovane di società e sviluppo resta sempre giovane conservando grinta e dignità. La grinta di un sindacalista e di un autentico Socialista. Prestigiosi i relatori che hanno sottolineato proprio questi valori che America con grande abilità ha saputo rendere armonia letteraria con l’intento di sollecitare le coscienze giovanili in una Mariglianella, ops una provincia che non deve assolutamente essere dormiente.
Beniamino De Palma: “Ai giovani regalate romanzi, le scuole togliessero tutti questi progetti da mezzo. Bisogna recuperare l’ umanità, i giovani devono creare opinione e non subire, devono protestare e credere in una società di diritto e non di favori e favoritismi “. Marco De Marco: “L’ idea di America è quella di un sindacalista che sa che la modernità non si combatte con l’isolamento. La sua idea non è rassegnazione (il futuro non mi appartiene) ma è consolazione, il rifugiarsi nel passato con l’ idea di dare corso ad una svolta”.
Buona lettura :“Da Sidney al Vesuvio”, prima pagina: Le gambe le tremano al solo pensiero di tornare nel luogo che, una volta, aveva chiamata “casa”. È agitata. Mai avrebbe immaginato di rivedere il profilo di quel vulcano che tante volte era apparso nei suoi sogni di esule e di cui spesso aveva sentito la mancanza. Ora riesce a scorgerne i contorni e, improvvisamente, sente su di sé il peso 
della lontananza. È lì, il Vesuvio, maestoso come sempre, simbolo di una città e di tutto il suo popolo. Gli occhi le brillano mentre ripensa a quando, cinquant’anni prima se ne era andata. Concetta, nata e cresciuta in una famiglia di contadini dove la cultura popolare affondava le sue radici tra l’amore per la campagna, il sapore del pane fresco fatto in casa e la messa la domenica, è una signora poco oltre la settantina.
Torna dall’Australia dove era emigrata a soli ventidue anni, quando l’universo contadino del Meridione, si avviava, ormai, al tramonto e irrompevano nuovi gusti e culture più complesse. Era il 1971, Luci Battisti cantava Pensieri e parole, i Pooh Tanta voglia di lei e i napoletani The Showmen svettavano ai primi posti delle classifiche discografiche con Mi sei entrata nel cuore. Nicola di Bari aveva vinto il festival di Sanremo con Il cuore è uno zingaro. Quell’anno Concetta salutava per l’ultima volta Mariglianella, il suo mondo , il suo modello contadino compromesso ormai dalle trasformazioni sociali, economiche e culturali.
Anita Capasso
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