Napoli, 1 Marzo – Nel corso del 1600 Napoli fece registrare una serie notevole di cosiddetti “figli della Madonna”. Si trattava – data l’indigenza in cui versavano i genitori – di bambini senza nome che venivano affidati alle amorevoli cure degli istituti ecclesiastici e caritatevoli della città, nella speranza di garantirgli una sopravvivenza quantomeno dignitosa. I malcapitati neonati venivano affidati alla “Ruota degli esposti”, un sistema rotante di legno presente in alcune strutture ecclesiastiche e/o 
ospedaliere partenopee, la più famosa delle quali è quella dell’Annunziata.
Le suore accoglievano i trovatelli, o meglio gli “esposti”, parola che deriva a sua volta dal latino expositus (esposto), donde deriva il cognome Esposito. Con il passare degli anni crebbe il numero degli “abbandonati” affidati alle braccia caritatevoli di queste pie istituzioni cittadine, riconoscibili dai cognomi che li accompagnarono nel corso della vita, da Trovato a Diotallevi, con quest’ultimo diffuso soprattutto in area marchigiana umbra e laziale.
CURIOSITA’ – I dati che certificano una presenza massiccia di “esposti” sono rintracciabili nei cosiddetti “libri della Rota”, registri sui quali si annotavano le generalità del nuovo arrivato al quale veniva affibbiato al collo il cosiddetto merco, una collanina di corda con una medaglietta sulla quale campeggiava l’effige della Madonna. Con merco, anticamente, si faceva riferimento al marchio impresso sulla merce o sul bestiame come segno di riconoscimento o appartenenza. Appunto come quello che caratterizzava i figli della Madonna.
Salvatore Alligrande
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