Cultura

Napoli, presentato il libro di Pierangelo Maurizio “Una storia sbagliata. David Rossi & MPS, un mistero Italiano”

Napoli, 19 Maggio – Nel pomeriggio di ieri 18 maggio l’aula consiliare del comune di Napoli ha aperto le porte esclusivamente ed eccezionalmente fino a sera per la presentazione dell’ultimo libro di Pierangelo Maurizio “Una storia sbagliata. David Rossi & MPS, un mistero Italiano”, edito dalla “gloriosa” casa editrice Maurizio, come lui stesso l’ha definita ironizzando sulle parole di esordio del consigliere Marco Nonno che faceva notare alla platea l’impossibilità per l’autore di pubblicare il libro inchiesta presso qualunque altra casa editrice: rifiuti su rifiuti.

Il consigliere regionale del FdI Marco Nonno ed il consigliere comunale Giorgio Longobardi hanno promosso la presentazione nella convinzione che la ricerca della verità sia un impegno di tutti ed un diritto di tutti oltre che dei protagonisti di questa vicenda quali sono David Rossi e la sua famiglia. Gli interventi di relatori del calibro del magistrato e consigliere comunale di Napoli Catello Maresca e dell’avvocato Ferruccio Fiorito oltre che degli organizzatori hanno reso completa e multifocale l’analisi del caso Rossi. Più piani di lettura che vengono fuori dalla dinamica presentazione seguendo la linea tracciata dal libro in trattazione.

Un libro scomodo ancor prima di vedere la luce che però Maurizio decide ugualmente di pubblicare in autonomia e libero di esercitare il suo “dovere di informare”. E dopo la presentazione presso la Camera dei Deputati, ripercorrere, ascoltando dalla voce di Pierangelo, l’iter del caso Rossi presso un altro luogo simbolo della politica, stavolta partenopea, suona come la conferma di una percezione che questo caso – questo libro – ha già dato ripetutamente: finalmente la politica si riappropria della sua indipendenza nel chiedere fermamente la verità su una bruttissima storia italiana, come altre diventata un mistero all’italiana.

L’on Rizzetto, colui che fortemente ha voluto la Commissione parlamentare d’inchiesta su David Rossi, scrivendo la parola “Verità” nella prefazione al libro lo fa con la lettera maiuscola perché sia il bene da perseguire in questa vicenda e in ogni altra che riguardi la dignità e la vita di qualunque cittadino.

L’introduzione di Paolo Trapani al libro di  Maurizio centra il punto della questione e della storia, sintetizzandola  in una parola dalla forza evocativa eccezionale, “Se fosse il titolo di un film o di un giornale, la vicenda di cui ci occupiamo stasera sarebbe “La Caduta” a più livelli di riferimento: il crac di una delle banche più antiche d’Europa, la terza d’Italia, il MPS, ed a cascata la caduta di tutto il sistema economico e politico ad essa sotteso; ed ovviamente la caduta che ha portato alla morte di David Rossi, uno dei suoi manager più importanti , il responsabile della comunicazione di Monte Paschi Siena.”

Una caduta generica quella di Rossi a cui sono stati dati per miope superficialità o volontaria strumentalizzazione, intenzioni differenti che hanno riscritto questa storia con trame  e finali diversi: tante storie sbagliate in una e nessuna vera fino in fondo.

E parla proprio della ricerca della verità che l’autore ha perseguito senza fare sconti a nessuno, nemmeno a se stesso. Lo ribadisce per ben tre volte Pierangelo Maurizio durante la presentazione quando afferma dichiarando e rispondendo alle domande dei presenti: “Io non ho nessun dato oggettivo per affermare che la verità sia stata volutamente manipolata, e non è mio compito scoprire questo, ma compito degli inquirenti e dei magistrati. Credo nel giornalismo d’inchiesta ma sorrido quando sento di giornalismo investigativo.

Noi abbiamo il dovere di informare perchè i cittadini hanno il diritto di farsi un’opinione; ma ultimamente è diventato difficile fare il nostro mestiere, quando ancora ce lo fanno fare e allora….io non lo so, io non so se si arriverà mai a stabilire una verità processuale che sia realmente aderente alla verità dei fatti, che stabilisca dei punti certi in questa faccenda: certo è che di punti più che anomali ce ne sono troppi, anzi: in questa storia è tutto anomalo, è tutto cominciato in modo anomalo ed ora dopo 9 anni di errori, voluti o non voluti non lo sappiamo né forse lo sapremo mai, ristabilire una regolarità a questa inchiesta, quella nuova, la terza, sarà se non impossibile molto complicato.”

Moltissimi i buchi neri – così li chiama Maurizio –  lasciati dalla prima e dalla seconda inchiesta che vengono riempiti di dubbi dal lavoro degli inquirenti e dei magistrati interessati nella faccenda; e che alimentano il sentire comune che si sia di fronte ad un complotto.  “Non si vuole sparare a zero su nessuno perché il lavoro di questi uomini è difficile, ma errori ed anche gravi sono stati commessi in questa vicenda a partire dalla incongruenza di orari e presenze, a finire a quella che io considero la più incomprensibile delle decisioni: la distruzione di 7 fazzolettini macchiati di sangue che oggi è possibile vedere solo in foto e che sono stati reputati, pochi mesi più tardi della morte di Rossi, semplice pattume da evacuare. Eppure una analisi su quei fazzolettini avrebbe potuto aggiungere qualche certezza ad una vicenda che di certezze ne aveva già poche e poco salde”.

Maresca che parla da “addetto ai lavori” rincara la dose e sottolinea quanto sia difficile spesso per un pm in una condizione quale quella della vicenda Rossi lavorare bene e senza induzione in errori: “Spesso ci vedono come infallibili ma siamo uomini e possiamo sbagliare”.

Il punto però continua a non quadrare e l’amara verità che viene fuori dalle pagine minuziosissime e razionalissime del libro di Maurizio e da tutto il corpo delle indagini sulla morte del manager di MPS, è che il meccanismo della necessaria sincronia tra informazione e giustizia è saltato non garantendo più la molteplicità e la funzionalità dell’informazione su questioni di interesse comune, perché la giustizia riguarda tutti, sempre.

Secondo e forse più preoccupante ancora, la morte di David Rossi e le indagini – senza dubbio la prima e la seconda, quelle che ne hanno decretato troppo frettolosamente e poco accuratamente la morte per suicidio – hanno messo a nudo un grip nella macchina della giustizia che ne fa venir fuori una immagine devastante per la percezione dei comuni cittadini: non funziona quando sistemi di interessi intervengono coordinatamente e trasversalmente a fare ombra sulla verità, sollevando più di una diffidenza sul perchè dell’operato e dell’omissione di chi è preposto a cercare la verità e a stabilirla in sede processuale.

Non funziona nei fini e nei tempi a volte ristrettissimi e risicati, altre dilatati a dismisura cosicché in meno di un anno si può “sentenziare” della fragilità e sofferenza, della morte di un uomo  e in 15 anni non si arrivi a poter stabilire l’ovvietà dell’innocenza di un altro.

Lo sfondo di questa vicenda – Mps, Antonveneta, Santander e le dichiarazioni venute fuori dalle audizioni in Commissione inchiesta stanno scoprendo altri pozzi – riporta senza risposta sempre lo stesso interrogativo: perché la morte di Rossi, che sia essa suicidio, istigazione ad esso o omicidio? Quali spropositati e inconfessabili interessi hanno mosso le mani e le fila in questa vicenda? Esiste forse una ragione di stato dietro tutto questo e David Rossi era davvero l’uomo sbagliato al momento sbagliato o addirittura di contro diventa da cadavere un capro espiatorio?

La storia sbagliata, scritta dalle nebulose indagini degli ultimi anni, non si avvia certo alla conclusione, ma i lavori che da un anno la Commissione d’inchiesta istituita  sta portando avanti speditamente (le audizione di tutti i principali protagonisti della vicenda si susseguono ancora)  se non promettono di fare giustizia, almeno ridanno fiducia nella volontà e nell’impegno di uomini che ne hanno i mezzi per arrivare a ristabilire la verità per David, per tutti quelli come David “fino all’ultimo dei cittadini” .

Rizzetto quasi come una dichiarazione d’intenti per la costituzione della commissione d’inchiesta sulla morte di Rossi: “Io sono uno che ha più mezzi rispetto ad un mio concittadino e debbo approfittare di questi mezzi per ricercare la Verità”.

Perché la percezione oramai cristallizzata dell’opinione pubblica di una giustizia che macchina e opera a tutela dei potenti, lasciando invece alla propria sorte gli sprovveduti di mezzi e di ricchezza, possa mutare. Potrebbe concludersi con questa frase il libro, allo stesso modo in cui Pierangelo Maurizio lo fa iniziare: l’aria s’adda cagnà.

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