Cultura

Merito a G. Galilei e a G. Bruno su Europa, Io e Titano nonché P. Algerio in Terra e a Nola

Napoli, 1 Dicembre – Di uomini illustri il Mezzogiorno ne ha avuti e continua ad averli anche se vi abbondano poeti e letterati non sempre capaci di uscire al di sopra di un piccolo mondo antico e provinciale. La Campania in modo speciale è ricca di personalità culturali notevoli, forse causate, in parte, da una storia del passato straordinariamente foriera di genialità diffuse sia prima del Medio Evo, che durante e in epoca rinascimentale. Del rinascimento sono gli illustri pittori campani esposti al Museo del Prado a Madrid, dove si ricorda il dipinto che magistralmente illustra un episodio leggendario avvenuto nel 1552 a Napoli: due donne, Isabella de Carazzi e Diambra de Pottinella, si sarebbero affrontate in duello per amore di un uomo chiamato Fabio Zeresola e alla presenza del marchese del Vasto.Tale dipinto è stato interpretato come allegoria della sempre presente lotta tra il vizio e la virtù che d’Annunzio, Ovidio, Tommaso d’Aquino, Agostino, ecc. hanno ben evidenziato.

Il Duello tra donne è un dipinto dello Spagnoletto realizzato a olio su tela. Il quadro venne realizzato a Napoli nel 1636. Con lo pseudonimo di Spagnoletto, che si chiamava Jiusepe o Josè de Ribera, fu un pittore spagnolo, attivo a Napoli nel 1600 nonché un seguace del filone pittorico del caravaggismo con altri valenti pittori come Battistello Caracciolo, Bernardo Cavallino, Aniello Falcone, Luca Giordano, Mattia Preti, Salvator Rosa, Fabrizio Santafede, Francesco Solimena e Massimo Stanzione. A Napoli in epoca romana andavano a vivere uomini illustri come Plauto, Tiberio e Virgilio mentre Augusto morì a Nola inghirlandando di un’altra perla storica Nola, città che ha anche il Museo Storico in pieno centro storico e raccoglie una parte dell’ambiente(natura e cultura) nolano possiede, a testimonianza anche della ricchezza di Nola dall’VIII sec. a. C. all’inizio dell’età medioevale. Nel Museo sono inoltre conservati reperti risalenti all’età del bronzo antico (4mila anni fa) ritrovati in un insediamento non lontano dalla città, seppellito dalla grande eruzione detta delle “Pomici di Avellino”, del 1900 a. C. L’ambiente naturale e culturale della vasta area di Nola comprende parte della pianura campana detta terza cintura urbana della città metropolitana di Napoli e i suoi confini naturali sono rappresentati ad est dagli Appennini, a nord dal fiume Clano e a sud dal Vesuvio. Fino al 1860 componevano storicamente l’Agro nolano, area storico-geografica della Terra di Lavoro nota pure come Campania felix. Il circondario nolano è non poco esteso, basti pensare che l’intera superficie territoriale è di 185 km² con  18 comuni. Buona parte dei comuni del nolano legano la loro storia con quella di Nola, che, dopo le tre guerre sannitiche, divenne, finalmente, fedele a Roma, che la elevò al rango di Municipum elevandola con un proprio Senato e con proprie monete. Negli anni scorsi si è molto discussa l’ipotesi di istituire la Provincia di Nola, riunendo le 19 località dell’attuale area con il Vallo di Lauro, il Baianese e altri comuni del napoletano per un totale di 44 comuni raggruppati in un unico ente amministrativo con Nola capoluogo, il consiglio regionale però non espresse parere favorevole alla istituzione della nuova entità territoriale, anche per l’opposizione di consiglieri regionali di Avellino sfavorevoli allo scorporo del Baianese dal territorio della provincia irpina.

A Nola e a Napoli non pochi illustri italiani-vedi G. Leopardi, citato dall’attuale nostro Presidente della Repubblica come “ottimista sul futuro”- e stranieri vi hanno preferito vivere. Elessero la Campania come palcoscenico della propria vita, come diceva Augusto. Nel 2006 promossi la “Giornata di Galileo Galilei: un italiano illustre nelle scienze e nella tecnica” al Liceo straniero “Transilvania” di Deva in Romania. Molti colleghi romeni conoscevano sia Galileo che Giordano Bruno, due tra i più grandi pensatori dell’umanità, che ebbero un ingiusto trattamento dalle Autorità cattoliche e da molti colleghi contemporanei. In Romania la cultura scientifica- nel Colegiul Tehnic “Transilvania” vi erano molti colleghi non provinciali (tra gli altri si ricordano Lavinia Apolzan, Aurora Brate, Lavinia Ilina, Olga Eredea, Laura Mosutiu, Daniela Sintoma, Grigor Hàsa, Liviu Ispas, Remus Pitar, Vlaic Sorin, ecc. ed esterni Mariana Pandàru, Paolina Popa, Denisa Toma, Dimitru Hurùba) veniva più praticata fin dalle scuole materne che si chiamano gradinita cioè giardino, forse la cultura umanistica è più trascurata che in Italia, dove è Cenerentola la cultura scientifica.

Anche la Dottrina Sociale della Chiesa era meno applicata che in Italia come mi confidava il colto, Gabriel Nitu Bogdan, un collega nativo di Bucarest-poi divenuto prete ortodosso e ufficiale do polizia locale- che insegnava bene la nostra lingua materna, mentre io, là, insegnavo “Scienze naturali, chimica e geografia” nonché “Cultura e Civiltà Italiana” in lingua italiana. Ricordo anche l’entusiasmo del collega di Fisica Vasile Corciu, da poco prematuramente morto in servizio, nel relazionare sugli strumenti usati da Galileo Galilei e la cura della buona riuscita della Dirigente scolastica nonché prof.ssa di chimica, Maria Andrei, che  lesse orgogliosa, in sala del Convegno in un palazzo di Deva centro, il telegramma augurale inviatoci dell’Istituto Italiano di Cultura di Bucarest “Vito Grasso”, colto Direttore morto in servizio, dopo una vita professionale a Mosca e a Bucarest.

Pure gli studenti constatarono che Giordano Bruno e Galileo Galilei uscivano dai libri di testo per essere onorati dalla più ampia società civile romena di Deva. G. Galilei fu il padre della scienza sperimentale moderna o galileana detta anche induttiva per distinguerla dalla precedente deduttiva o cartesiana. Egli in Astrofisica ha avuto molti meriti e tanti strumenti portano il suo nome come la sonda Galileo, che ha anche scoperto che il satellite di Giove, Europa, ha un debole campo magnetico (la cui intensità è di circa un quarto di quella del campo di Ganimede e simile a quello di Callisto) che varia periodicamente durante il passaggio di Europa attraverso il grande campo magnetico di Giove. Una probabile spiegazione di questo sarebbe la presenza di un grande oceano di acqua salata sotto la superficie. Si ricorda che il pianeta Giove viene ipotizzato come una sorta i Sistema solare nel Sistema solare in quanto è come una sorta di stella Sole circondata da una corte di pianetini. Ecco che ipotizzare la vita su uno o due dei suoi satelliti naturali appare cosa ancora più ragionevole e verosimile. È stato ipotizzato che la vita potrebbe esistere in questo oceano al di sotto del ghiaccio, in un ambiente simile a quello delle sorgenti idrotermali presenti sulla Terra nelle profondità dell’oceano o sul fondo del Lago Vostok, in Antartide. Allo stato attuale, non ci sono prove che attestino la presenza di forme di vita su Europa, ma la presenza di acqua liquida è probabile. Le prove spettrografiche suggeriscono che le strisce rosso scuro e le caratterizzazioni sulla superficie di Europa potrebbero essere ricche di sali come il solfato di magnesio, depositatosi tramite l’evaporazione dell’acqua che emerge da sotto. L’acido solforico idrato è un’altra possibile spiegazione dei contaminanti osservati spettroscopicamente. In entrambi i casi, siccome questi materiali sono privi di colore o bianchi quando puri, altri elementi devono essere presenti a loro volta per contribuire al colore rossastro. Si suggerisce la presenza di composti a base zolfo. Ovviamente tanti sono i batteri che vivono in condizioni limite sulla Terra, nei liquidi inorganici come fiumi, laghi, mari, stagni e oceani ed anche in liquidi organi. Gli archibatteri del fiume Colorado sono fossili che hanno poco meno di 3 miliardi di anni (“Nonna Lucy” o Australopitecus afarensis ha solo 3,2 milioni di anni) mentre in Australia si è scoperto un sorta di alga azzurra di oltre 3,6 miliardi di anni, forse la più antica presenza biologica terrestre. La vita si è formata sulla Terra o ad essa è pervenuta da altri corpi celesti? Per ora l’ipotesi più accreditata è che si formata sulla Terra dalla Terra in bracci di mari poco profondi, con acqua calma, calda e fondi ricchi di argilla. Solo in queste condizioni poteva avere più alte le probabilità che da un brodo caldo primordiale si siano poi potuti, man mano, formare i precursori delle cellule procariote (batteri e alghe azzurre) e successivamente gli eucarioti cioè tutti gli altri organismi e solo da metà del 1800 si è affermata la “teoria cellulare” che spiega la cellula come base dei viventi, virus esclusi o quasi in quanto sono parassiti obbligati costituiti di un po’ di DNA oppure RNA e proteine. Alcuni esobiologi ritengono che sia un halobacterium, la possibile forma di vita su Europa, uno dei satelliti naturali di Giove scoperti da Galileo (pianeti Medicei) insieme a Io e Ganimede. Europa, potenzialmente, ha tutti gli ingredienti per la vita e non solo 4 miliardi di anni fa… ma oggi”. Chissà se i nostri nipoti potranno studiare, di fatto, l’esistenza di vita nel Sistema solare, oltre la Terra: Europa, Io, Titano, ecc.. Bene è ribadire che spesso una scoperta dei segreti della Natura è frutto della cultura del tempo della scoperta nonché della tecnologia posseduta ed utilizzata bene dai ricercatori fuori e dentro le torri d’avorio delle università, a volte anche in laboratori aziendali. Era il 18 Ottobre 1989 quando la partenza dello Space Shuttle da Cape Canaveral dava inizio a una delle più grandi avventure nella storia dell’esplorazione spaziale. Protagonisti: Terra e Galileo. L’astronomo inglese, prematuramente morto e grande comunicatore forse più del nostro Piero Angela, Carl Sagan, pubblicò un articolo su Nature, datato 1991. L’identità segreta dei 2 protagonisti dell’articolo di Sagan furono una sonda e un pianeta; la prima è la sonda nata da NASA ed ESA: “Galileo”, partita quasi 50 anni fa dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral, fu protagonista di alcune tra le scoperte più importanti dell’ esplorazione spaziale e autrice di alcuni tra gli scatti più spettacolari di Giove e dei suoi satelliti. Il pianeta Terra, invece, non è altro che un corpo celeste roccioso facente parte del Sistema Solare, più precisamente il terzo pianeta in ordine di distanza dalla Sole, culla di una vita intelligente. Al tempo della missione Galileo, la Nasa aveva lanciato diverse missioni dirette verso altri oggetti del nostro sistema solare, tra cui le sonde Voyager e quelle dei programmi Pioneer e Mariner, arrivando a sorvolare una sessantina di corpi celesti tra asteroidi, satelliti e pianeti senza rilevare presenze di vita. Fu necessario chiedersi, allora, se e come fosse davvero possibile rilevare la presenza di una qualunque forma di vita (intelligente o meno) dalla distanza di un Fly-By e sfruttando solo la strumentazione disponibile. Galileo fornì un’occasione irrinunciabile. La sonda, infatti, per necessità legate al consumo di carburante, prima di raggiungere Giove, fu diretta verso Venere in modo da sfruttare la sua gravità come fionda gravitazionale; questa particolare traiettoria, prevedendo un passaggio a una distanza minima dalla Terra di 960 km, avrebbe permesso a Sagan e agli scienziati di puntare la strumentazione della Galileo verso il nostro pianeta e condurre alcune misurazioni. La sofisticatissima strumentazione a bordo della sonda fu determinante per la riuscita dell’esperimento. La sonda trasportava ben 16 strumenti, per un peso complessivo di 118 kg, tra i quali tra cui. una fotocamera telescopica che ha permesso di catturare immagini ad altissima risoluzione uno strumento sensibile alla luce infrarossa che fu determinante per rilevare la presenza di acqua sia allo stato liquido che gassoso e aeriforme, oltre che un’ abbondanza di ossigeno nell’ atmosfera; questa informazione, confrontata anche con i dati dell’UltraViolet Spectometer, ha evidenziato la presenza di processi di fotosintesi, prova inconfutabile della presenza di esseri viventi in grado di sfruttare la luce ultravioletta per il proprio nutrimento. Sempre sfruttando la tecnologia a infrarossi, inoltre, si è potuto riconoscere l’abbondanza di altri gas serra come il metano e la CO2, ulteriori indizi della presenza di una biosfera. In conclusione la statistica ci suggerisce di rispondere si alla domanda esiste vita extraterrestre? Perché dire no e se lo si dice non si è ben informati né fiduciosi della scienza. A Deva, anni fa, scrissi un articolo, in lingua romena, sulla “Esobiologia. La vita nell’universo” pubblicato dalla rivista “Vox Libri” della biblioteca regionale o judetiana “Ovid Densusianu”. A Napoli redassi la tesi di laurea in vulcanologia con il prof. Lorenzo Casertano di Portici, che curava la pagina scientifica del Corriere della Sera, dunque capace di uscire fuori delle aule universitarie senza riserve e timori che molti, purtroppo, hanno ancora nell’epoca digitale. Quando passo per Sarsina (FC) mi fermo a visitare il Museo Archeologico e mi sembra di scorgere l’ambiente biofisico di Plauto, che vi ebbe i natali, mentre la meno provinciale Napoli lo accolse come fece con il mantovano scrittore Virgilio, il grande Cesare Augusto (Nola), il marchigiano Leopardi, ecc. Nola attuale rende degno onore a ad un suo figlio illustre, Filippo Giordano Bruno, conosciuto anche come Bruno Nolano o Bruno da Nola (Nola 1548 –Roma 1600), filosofo, scrittore ed ex frate domenicano italiano? Nel 266 a. C. Sarsina fu sottomessa dai Romani, che garantirono alla città una certa autonomia, conferendole lo statuto di città alleata e nel 225 a. C., durante la guerra tra Galli e Romani, i Sassinates, unitamente agli Umbri fornirono ai Romani 20.000 soldati. E’ in questo periodo (254 a C.) che si colloca la nascita del grande commediografo (oltre 100 opere) e poeta Tito Maccio Plauto. Al Museo di Sarsina hanno anche la Carta di Qualità dei Servizi, che nella disordinata Campania odierna forse dovrebbero attuare per onorare il grande nolano Giordano Bruno, che fu un precursore dell’esobiologia sia pure su di un piano puramente teorico. Isaac Asimov, autore di vari saggi di fantascienza, dava molta importanza alla grandezza del pensiero umano, che riesce ad immaginare l’architettura di un o più universi possibili. Giordano Bruno fu filosofo, scrittore e frate domenicano. Paolo Campogalliani titolare di Storia della scienza dell’Università di Padova -dove insegnò anche Galileo Galilei per 20 anni, dal 1592 al 1610- scrive che esiste una verità scientifica e una verità religiosa nel suo saggio dal sottotitolo:”Guida al pensiero di Einstein”. Della vita nell’Universo (finito, ma illimitato e curvilineo diceva Einstein) si sono interessati gli esobiologi attuali e molti filosofi del passato come il monaco G. Bruno (nato in Campania Felix e morto a Roma, a Campo dei Fiori, dove fu bruciato vivo sul rogo per condanna papale e del suo braccio secolare della Santa Inquisizione). Se il grande nolano fosse rimasto sotto la protezione del Doge di Venezia (che proteggeva i suoi pensatori dalle ingerenze straniere), il Papa, non avrebbe avuto tanta carta bianca -come non l’ebbe per Galileo, che in piazza San Marco fece dire al Doge osservando le macchie solari col suo cannocchiale: Si, le macchie sul Sole le vedo anch’io. In “De l’infinito, universo e mondi, 1584. (Dialogo primo)”, Giordano Bruno scriveva: ”Ma per venire alla conclusione, e per non portarmi da sofista fissando il piè su l’apparente difficoltà di, e spendere il tempo in ciancie, affermo quel che non posso negare: cioè, che nel spacio infinito o potrebono essere infiniti mondi simili a questo, o che questo universo stendesse la sua capacità e comprensione di molti corpi come son questi, nomati astri; et ancora che (o simili o dissimili che sieno questi mondi) non con minor ragione sarebbe bene a l’uno l’essere, che a l’altro: perché l’essere de l’altro non ha minor ragione che l’essere de l’uno, e l’essere di molti non minor che de l’uno e l’altro, e l’essere de infiniti, che di molti. Là onde come sarebbe male la abolizione et il non essere di questo mondo, così non sarebbe buono il non essere de innumerabili altri”. Il nolano continua ad avere estimatori eccezionali come Bruno Marano, Prof. di Astrofisica dell’Università degli Studi di Bologna in una lezione su: “La Rivoluzione Copernicana e l’infinito di Giordano Bruno”, che ha fatto riferimento a Copernico. Attualmente non pochi sono gli esobiologi nel mondo della cultura e delle università. Il nucleo centrale della teoria di Copernico (un piccolo museo c’è nella sua cittadina natale nel Baden-W., da me visitato 3 anni fa), l’essere il Sole al centro delle orbite degli altri pianeti, e non la Terra, fu pubblicato nel libro “De revolutionibus orbium coelestium” (Le rivoluzioni dei corpi celesti) a Norimberga nel 1543, l’anno della sua morte. Il libro è il punto di partenza di una conversione dottrinale dal sistema geocentrico a quello eliocentrico e contiene gli elementi più salienti della teoria astronomica dei nostri tempi, comprese una corretta definizione dell’ordine dei pianeti, della rivoluzione quotidiana della Terra intorno al proprio asse, della precessione degli equinozi. La “rivoluzione copernicana”, scardina la concezione della “centralità” della Terra – e quindi anche dell’uomo – nell’universo, rappresenta perciò il più sconvolgente mutamento culturale e religioso della storia dell’umanità e pone le basi dell’esplorazione dell’universo. E sul temaGiordano Bruno: l’universo infinito“. La filosofia di G. Bruno è caratterizzata dalla simultanea presenza di elementi moderni e tradizionali. La grande intuizione di Bruno fu di capire che il nuovo universo descritto da Copernico distruggeva tutti gli argomenti a favore di un universo finito. La Terra non è più il centro dell’universo e non esiste alcun motivo per mettere il Sole al centro dell’universo. Un centro non esiste. Il Sole è una stella uguale alle altre infinite stelle che popolano un universo infinito. L’infinità dell’universo, l’esistenza di innumerevoli stelle e di altrettante Terre, è l’aspetto più moderno dell’opera filosofica di Bruno.Tra i punti chiave della sua concezione filosofica di G. Bruno, che fondeva materialismo antico, averroismo, neoplatonismo, arti mnemoniche, influssi ebraici e cabalistici, la pluralità dei mondi, l’unità della sostanza, l’infinità dell’universo ed il rifiuto della transustanziazione. Con notevoli prestiti da N. Cusano, Bruno elabora una nuova teologia dove Dio è intelletto e ordinatore di tutto ciò che è in natura, ma egli è nello stesso tempo Natura stessa divinizzata, in un’inscindibile unità panteistica di pensiero e materia. Per queste convinzioni, giudicate eretiche, fu condannato al rogo dall’Inquisizione romana del 17 febbraio 1600 a 52 anni poiché era nato a Nola nel 1548.

Bruno scrisse:Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo… l’uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo“. Ma torniamo all’esobiologia ristretta al Sistema solare. Io è il primo satellite naturale di Giove con un immenso oceano di lava. A parte quelli terrestri, i vulcani di Io sono gli unici attivi nel sistema solare e producono un flusso di lava cento volte superiore a quelli del pianeta Terra, dove comunque più di 4,6 miliardi di anni fa si solidificarono le prime rocce in Australia e in Canada. Ecco anche perché se un corpo celeste ha vulcani attivi che generano lava dal sottostante magma (da noi il magma ha 3000 gradi Celsius, mentre la lava acida del Vesuvio circa 1000) è più interessante per l’esobiologia. In prossimità della superficie del satellite di Giove Io c’è un “oceano” di magma fuso o parzialmente fuso. A svelarlo è stata una nuova analisi dei dati trasmessi dalla sonda Galileo condotta da ricercatori dell’Università di Los Angeles, dell’Università della California a Santa Cruz e dell’Università del Michigan ad Ann Arbor, che firmarono in proposito un articolo pubblicato su Science. Si tratta della prima conferma diretta di questo strato di magma su Io e spiega perché questo corpo celeste sia il più vulcanico di tutto il sistema solare. A parte gli oltre 1000 vulcani attivi terrestri i vulcani di Io sono gli unici attivi e produttori di magma del sistema solare e generano un flusso di lava cento volte superiore a quello emesso dai vulcani della Terra. Inoltre, mentre quelli della Terra sono principalmente concentrati in quello che è noto come “cintura di fuoco” del Pacifico, i vulcani di Io sono, invece, distribuiti su tutta la sua superficie. L’oceano di magma avrebbe uno spessore di oltre 50 chilometri, costituendo almeno il 10 per cento del volume del mantello di Io, e avrebbe una temperatura di circa 1200 °C. “Si ipotizza che anche la Terra e la Luna potessero avere, miliardi di anni fa, oceani di lava analoghi. Il vulcanismo di Io ci mostra come funzionano questi vulcani e apre una finestra nel tempo, che ci mostra che cosa può essere avvenuto sulla Terra e sulla Luna durante le prime fasi della loro storia”, ha precisato Torrence Johnson, già membro del gruppo di scienziati che aveva progettato la missione Galileo. La scoperta è stata resa possibile anche grazie a progressi in campo mineralogico, e in particolare alla scoperta che alcuni particolari tipi di roccia diventano in grado di trasportare significative correnti elettriche quando sono fuse. Queste rocce, dette ultramafiche, si ritiene che sulla Terra si siano formate in seguito alla solidificazione di magmi provenienti dal mantello sottostante la solida litosfera. “Il magma bollente dell’oceano di Io è un conduttore milioni di volte più efficiente delle rocce che si trovano nella crosta terrestre”, spiega Krishan Khurana primo firmatario dell’articolo su Science. Titano è un satellite naturale di Saturno. E’ l’unico satellite naturale del sistema solare a possedere un’atmosfera sviluppata; la sua scoperta risale al 1944, quando Gerard Kuiper, facendo uso di tecniche spettroscopiche, stimò la pressione parziale del metano in 10 kPa. In seguito, le osservazioni condotte da distanza ravvicinata nell’ambito del programma Voyager hanno permesso di determinare che l’atmosfera titaniana è più densa di quella terrestre, e le sue imponenti formazioni nuvolose rendono impossibile l’osservazione diretta della superficie. La foschia visibile nell’immagine a fianco contribuisce a sostenere un effetto serra al contrario, che, aumentando l’albedo del satellite e riflettendo la luce incidente nello spazio, ne diminuisce la temperatura superficiale. Sulla superficie la sonda Huygens ha rilevato una t. di -179 °C e una umidità del 45%. La spessa atmosfera di Titano impedisce alla maggior parte della radiazione solare incidente di raggiungere la superficie; lo stesso lander europeo Huygens, atterrato il 25 dicembre 2004, durante la discesa non è stato in grado di individuare la direzione del Sole, e dunque con ogni probabilità lo stesso Saturno è sempre invisibile dalla superficie del satellite. Gli strati di foschia nell’atmosfera abbassano la temperatura nelle zone più basse, mentre il metano alza la temperatura sulla superficie. I criovulcani eruttano metano nell’atmosfera, che ricade sulla superficie sotto forma di pioggia, formando dei laghi. Le analisi svolte dal lander Huygens indicano che l’atmosfera di Titano è periodicamente sede di piogge di metano liquido e di altri composti organici. È possibile che parti della superficie del satellite siano ricoperte da un precipitato organico noto come tolina, sebbene non vi siano prove definitive al riguardo. Sono anche state rilevate tracce di argo 40, probabilmente frutto di fenomeni di natura criovulcanica che producono una lava di ghiaccio d’acqua ed ammoniaca. Un’analisi successiva delle fotografie scattate dal lander durante la discesa ha permesso di individuare un vulcano nell’atto di emettere metano nell’atmosfera; il criovulcanismo è probabilmente la fonte principale di tale composto organico su Titano. Il metano è un idrocarburo -CH4- che richiama l’esperimento di Stanley Miller, circa mezzo secolo fa, il quale produsse da materia inorganica (riprodusse l’atmosfera vulcanica primitiva, dove fece avvenire scariche elettriche simulando i fulmini e mise sul calore il tutto) materia organica come gli amminoacidi, basilari delle proteine. Per formare il brodo caldo primordiale con gli amminoacidi il metano è basilare come il vapore acqueo e l’ammoniaca nonché l’anidride carbonica (composti della degassificazione magmatica e della lava). Dunque il metano su Titano fa pensare a S. Miller che fu il padre dell’ipotesi che la vita derivi dalla materia inorganica terrestre o di qualunque altra parte dell’Universo in condizioni ambientali geofisiche analoghe se non proprio uguali a quelle terrestri. Dunque l’esobiologia cerca soprattutto le condizioni, ipotizzate ideali, per formare il “miracolo” vita. Tra i punti chiave della concezione filosofica di G. Bruno (che fondeva materialismo antico, neoplatonismo, arti mnemoniche, influssi ebraici e cabalistici) vi sono: la pluralità dei mondi, l’unità della sostanza, l’infinità dell’universo ed il rifiuto della transustanziazione. Con notevoli prestiti da Nicola Cusano, Giordano Bruno elabora una nuova teologia dove Dio è intelletto e ordinatore di tutto ciò che è in natura, ma egli è nello stesso tempo Natura stessa divinizzata, in un’inscindibile unità panteistica di pensiero e materia. Per queste convinzioni, giudicate eretiche, fu condannato al rogo dall’Inquisizione, ma, dopo 419 anni, vive sono ancora le sue idee, che costituiscono memoria storica scientifica di notevole valore: «Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo… l’uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo». Riuscirà Nola ad onorare di più e meglio l’altro suo figlio illustre, Pomponio Algieri? Egli nacque a Nola da Nicola Ambrogio verso il 1531. Studente a Padova, fu citato, nel maggio 1555, per sospetto di eresia, dinanzi all’inquisitore Girolamo Girello. Durante gli interrogatori (maggio, luglio, agosto) professò dottrine luterane; e, dal carcere, indirizzò agli amici e compagni di fede una lettera consolatoria, datata 21 luglio 1555 edita poi dal Pantaléon, che affermò di averne ricevuto l’autografo da Celio Secondo Curione. Già dall’agosto 1555 Paolo IV aveva chiesto alla Repubblica di Venezia la consegna dell’Algieri, ma il Consiglio dei Dieci, preoccupato di non suscitare fermenti fra gli scolari dello Studio patavino, aderì solo il 14 marzo 1556 alla domanda del pontefice. Condannato a Roma, come eretico impenitente, l’Algieri fu arso in piazza Navona il 19 agosto 1556. Paolo IV, il settantanovenne Papa “inquisitore”, ha da poco innalzato l’inquisizione a organo di competenza di governo della Chiesa, e di fronte a un calderone pieno di olio bollente, pece e trementina si trova un ragazzo di 25 anni, Pomponio Algeri, pronto a morire bruciato dall’intruglio mortale. Ciò che appare strano, ma non più di tanto in una gerarchia monarchica, che il Papato mentre ha chiesto scusa, con Giovanni Paoli II all’errore commesso verso Galileo, non altrettanto ha fatto per i due illustri nolani suddetti.

 

Pomponio Algerio o de Algeri, nacque a Nola nel 1531 e rimasto orfano, dopo i primi studi nel nolano Collegio Spinelli un suo zio lo mandò a completare la sua preparazione all’Università di Padova dove Pomponio si iscrisse per laurearsi in discipline giuridiche studiando, come era costume dell’epoca, teologia, filosofia, diritto e medicina. Eravamo in Italia, ai primi anni della Riforma protestante con il Concilio di Trento aperto da qualche anno (1545). Nel 1552 il professore di Pomponio a Padova, Matteo Gribaldi, fu sospettato di essere un riformatore e poiché sapeva a cosa sarebbe andato incontro, decise di scappare a Ginevra, come tanti italiani all’epoca. Ma l’Inquisizione, all’epoca di Paolo IV Carafa, fece perquisire tutte le abitazione degli studenti per controllare se vi fossero state nefaste influenze. Occorreva controllare la Repubblica di Venezia perché molto a rischio riforma. Non si riuscì a sottometterla ma a farla diventare molto più indulgente nelle stradizioni. Scrive Ammirati:“Per il suo ingegno brillante, per la serietà e l’assiduità nello studio, per il suo carattere cogitabondo, per lo zelo che mostrava nelle dispute filosofiche e teologiche, per l’entusiasmo verso la dottrina luterana di cui s’era imbevuto alla scuola dei suoi maestri, il Nolano non tardò ad emergere tra la folla degli studenti di Padova e a segnalarsi per la sua cultura. Il 29 maggio 1555 Pomponio da un delatore venne denunziato per le sue teorie luterane ed accusato di professare dottrine pericolosamente eretiche. Il giudizio si svolse nel Palazzo del Pretorio di Padova, dove il giovane Nolano comparve, per discolparsi, davanti al teologo Gerardo Busdrago, vicario del Vescovo, e all’inquisitore Gerolamo Girello, assistiti da tre giudici e da Geronimo Contareno. Pomponio de Algerio, giovane di 25 anni, esile nella figura, dal volto ascetico, scavato dalla meditazione e dallo studio assiduo sui testi sacri, e circondato – come un’aureola – da una rada barba bionda, «indutus habito laicali, videlicet, sagulo et bireto veluti capa et caligis panni nigri …», si presentò sereno e deciso a sostenere le sue proposizioni davanti ai giudici. Durante l’istruttoria parlava come un ispirato e negò le accuse mossegli, per la verità alquanto contraddittorie, di negare, cioè, l’esistenza di Dio e di essere un seguace di Martin Lutero. E poiché i giudici, ben disposti verso di lui, con insistenza lo esortavano a confessare apertamente di credere alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana, regolata dal Pontefice, egli «senza schermirsi dichiarò che la Chiesa Cattolica per lui era la Comunione dei Santi e che il Papa era homo. Né da quella, né dalle altre opinioni luterane sul numero e la natura dei Sacramenti e intorno al Purgatorio si rimosse; non le nascose, non tergiversò, e persistendo così a rispondere, fu rinviato in carcere …». Vi rimase per breve tempo: un mese. Durante la detenzione, che non fu dura e inumana, come appare dall’esame degli atti processuali, il giovane eretico sopportò con animo forte ogni minaccia se non si fosse ravveduto; né cedette alle lusinghe, alle blandizie e alle insistenti esortazioni perché abiurasse le sue proposizioni in materia di fede”. Algieri ha 25 anni è ancora un giovane idealista convinto delle sue idee. Non deve rendere conto a nessuno oltre che alla sua coscienza. Crede in Dio ed ha dei dubbi sulle corti papali e sulla simonia imperante a Roma. In particolare nega i Sacramenti della Chiesa (eccetto il battesimo e l’Eucarestia, anche se non credeva che nell’ostia vi fosse il corpo di Cristo), il Purgatorio, la Confessione e l’autorità del Papa come altri riformatori del suo tempo. A Padova oltre 2 secoli prima ad un altro eretico furono bruciate perfino le ossa disseppellite, era il prof. universitario, Pietro d’Abano del quale ha pubblicato un saggio interessante il mio collega, Francesco Aldo Barcaro, di Abano Terme. Pietro d’Abano ebbe il merito-demerito, per primo a fine 1200, di affermare che le malattie erano causate anche per l’influenza astrale e non solo per punizione divina come insegnava la Chiesa! Si è dovuto attendere il sec. XIX o della Scienza con la teoria cellulare, Pasteur, ecc. perchè la Medicina facesse giustizia delle fantasticherie intorno al concetto di salute (stato dinamico di benessere fisico, sociale e psicologico dell’individuo) e di malattia che non è solo dolore fisico. Conoscendo l’Ambiente del Mezzogiorno, e restando su quello nolano attuale non sorprende, chi scrive, che alcune Associazioni locali invitino l’Autore di“Terroni. Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero Meridionali“ a parlare di un altro suo saggio. E’ opinione dello scrivente che il “meridionalismo piagnone” non giovi al Mezzogiorno, né a Nola e dintorni poiché le cose non sono così elementari come la semplificazione storica vorrebbe. Non fu un arretramento economico-sociale l’Unificazione dell’Italia, ma un’evoluzione necessaria. Nel 1800 due soli Paesi si unificarono in Europa: l’Italia e la Germania e ciò fu un bene e non un male come giudicano sia i “neoborbonici” che l’autore a loro gradito che asseconderebbe il filone del meridionalismo piagnone. Tale terminologia fu coniata, trai studiosi, dal Prof. di Economia, Carlo Maranelli, Autore de “La Questione Meridionale”, edita da Laterza. Maranelli distingueva un meridionalismo del rimboccarsi le maniche da un altro piagnone che addita ai settentrionali tutte le colpe del mancato sviluppo del Sud. Invece era già larga la forbice delle differenze tra settentrione e meridione nostrano per:l’analfabetismo, l’igiene nelle case rurali, l’alimentazione, il vestire, ecc. Chi era più ricco al Sud? Solo i baroni e qualche possidente da loro dipendente con banche fiduciarie di latifondisti nobili, quasi tutti borbonici-monarchia straniera e non napoletana- e dei loro adulatori acritici. Ma ritornando sul tema dell’esistenza della vita extraterrestre (cara alla ricerca scientifica, ai filosofi del passato com i due nolani) vi è un film interessante della vita marziana che la fa vedere pericolosa per l’Homo sapiens del nostro tempo se non l’avvicina con la dovuta cautela in quanto quella non ha intenzioni pacifiche (come le nostre basate sull’amore universale), né contrarie, ha solo bisogno di cibo che là non trova facilmente e potrebbe cercarlo, tramite noi, sulla Terra, che non è la nostra unica casa nell’Universo finito, illimitato e curvilineo.

Prof. Giuseppe Pace (Studioso di Ecologia Umana Internazionale).

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