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Mariglianella, sagrato Chiesa neoclassica di San Giuseppe: la Soprintendenza blocca i lavori

Mariglianella, 14 Dicembre – Dopo lo scandalo mediatico la Soprintendenza ha bloccato i lavori che hanno devastato il sagrato della chiesa neoclassica di San Giuseppe con impronta barocchetto. Siamo a Mariglianella, paese dove il cemento ha cancellato tutte le impronte architettoniche di memoria. Palazzo baronale della famiglia del venerabile don Carlo Carafa raso al suolo, palazzo d’Alessandro ridotto in cenere, ex stazione Circumvesuviana manomessa. Stessa sorte per il palazzo di via Parrocchia dove al piano terra c’era la pasticceria Cuccagna e il circolo di don Antonio.

Si spera che il palazzo Russo di via Roma non faccia la stessa fine e che possa essere acquisito al patrimonio comunale in modo da realizzare una biblioteca o un centro studi in un paese che ha fame di servizi e cultura. Sulle Taverne, via Marconi, è stato chiuso l’asilo delle suore domenicane e i cittadini sensibili temendo per le sorti del bene hanno costituito un comitato. Ma lo scempio operato sulla chiesa di San Giuseppe ha indignato l’ intera popolazione. Come si è potuto? Questa è la chiesa dove si facevano le prime comunioni e si benedivano le palme. Nel 2013 l’ ultima messa e nel 2019 un’apertura straordinaria per farla ammirare al pubblico. E’ la chiesa tanto cara al farmacista Urbaniello.

Si infittisce lo scandalo della demolizione del sagrato della chiesetta di San Giuseppe. Il destinatario dell’ ordinanza di messa in sicurezza della superfetazione realizzata sopra la chiesa è intervenuto su un bene che non è di sua proprietà. Tra i legittimi proprietari, ci sarebbero i Romano, che avrebbero ereditato il bene dalla famiglia Tramontano del compianto Urbaniello: non sarebbero proprio stati interpellati o diffidati dal Comune alla messa in sicurezza. Avrebbe dovuto operare in danno il comune e invece un privato si sostituisce alla municipalità. E non solo: la ditta che ha eseguito i lavori fa capo ad un politico locale.

Sul caso c’è anche una denuncia al Ministero dell’ onorevole Francesco Borrelli. Ma c’era l’urgenza di intervenire sul bene usando come scudo la relazione dei vigili del fuoco? Abbiamo chiesto al già sindaco Andrea America un parere sulla vicenda: “Il sette giugno del 2020 venne redatto il verbale per la messa in sicurezza dai pompieri e poi i lavori iniziarono nel novembre del 2021? C’era o non c’era l’urgenza? Chi è il direttore dei lavori? Lo sa il sindaco che per i beni storici ci vogliono delle imprese specializzate e autorizzate? Dispiace dirlo questa vicenda puzza di incompetenze e voglio sperarlo altrimenti sarebbe un fatto gravissimo”. La chiesa di San Giuseppe risalente alla metà del settecento è menzionata in due bolle papali e il suo altare era stato proclamato da papa Leone XIII “altare privilegiato”. La famiglia Romano che ha ereditato dalla chiesa dalla nobile famiglia Tramontano possedeva anche due iscrizioni in latino. E adesso ? Adesso la città che non ci sta chiede che le venga restituita la memoria e che la facciata venga ripristinata. Lo storico Crescenzio Aliberti scrive nel 1995 che: “la chiesa di San Giuseppe era la cappella del palazzo gentilizio dei Tramontano. Nel maggio 1892 fu istituita presso la cappella, l’associazione operaia sotto il titolo di San Giuseppe”.

Certo che l’assonanza con la friggitoria, tanto per scherzare, c’è nella beffa. Lo sapevate che San Giuseppe è il protettore dei frittaroli e che per vivere friggeva le zeppole? Non è ironia. Ecco la leggenda: “Come per molti dolci, anche la nascita delle zeppole è avvolta dalla leggenda e si ricollega a tradizioni antiche e diverse tra loro, da ricercarsi addirittura nel 500 a.C. La leggenda, di matrice cristiana, farebbe risalire la nascita delle zeppole alla fuga in Egitto della sacra famiglia. Si dice che San Giuseppe, per mantenere Maria e Gesù, dovette affiancare al mestiere di falegname quello di friggitore e venditore ambulante di frittelle. Sembrerebbe che a Napoli, per una sorta di devozione al Santo, ad un certo punto si sia sviluppata la tradizione degli zeppolari di strada. Fino a qualche anno fa, per i vicoli della città, ci si poteva imbattere in questi artigiani che si esibivano pubblicamente nella loro arte su banchetti posti davanti alle loro botteghe dove vendevano le zeppole appena fatte”.

Anita Capasso

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