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L’Italia non deve elemosinare miliardi all’estero ma stamparli e donarli ai piccoli imprenditori in crisi con positivo bilancio negli ultimi anni

Napoli, 6 Maggio – Siamo immersi nella fase 2 del covid-19 e i piccoli imprenditori cominciano a tirare il carro della produzione e dei servizi. Il futuro non è roseo, ma gli italiani sono sorprendenti nel risalire la china in periodi difficili come fu per il boom economico 1953-73. I troppi Dpcm, dell’attuale premier del governo rosso-giallo, non sono condivisi da molti italiani, forse la gran parte ma sicuramente la stragrande maggioranza dei 30 milioni che risiedono in settentrione, questi ne vorrebbero meno e coerenti di dpcm.

La continua ed ossessiva corsa a sforare i vincoli di bilancio del debito pubblico elemosinando miliardi all’Unione e. non è la strada migliore da percorrere. Certo è in discesa, ma verso il possibile baratro economico e sociale del nostro Paese, che non lo merita affatto. Gli altri 26 dell’U.e. pare che stiano per cedere alla partitocrazia invadente la società europea e richiamano la corte di giustizia europea avverso la recente sentenza, che più di tanto non è inattesa da molti ambiente economici italiani, ma sbigottisce solo i politici elemosinieri giallo-rossi, che invocano, ora la catena di comando o d’indirizzo più alta dell’assemblea degli onorevoli europei. La Corte  Costituzionale tedesca ha confermato che il programma di  acquisto di titoli pubblici della Bce, ovvero il Qe, rispetta  le leggi federali della Germania, una decisione che consente  alla Bundesbank di continuare a prendervi parte attivamente.  La decisione inoltre mette al riparo il programma di acquisti  pandemico da 750 miliardi di euro lanciato dalla Bce il 18  marzo per contrastare l’impatto del coronavirus sull’economia  dell’eurozona. La corte si è espressa con 7 voti a favore e  un solo contrario. La tesi dei promotori del ricorso alla  Corte Costituzionale tedesca, un gruppo di accademici e  imprenditori, era che la Bce era andata oltre i propri poteri  nel lanciare il Qe nel 2015 ritenendo che questo strumento  incoraggi gli Stati a non seguire un percorso virtuoso di  consolidamento dei conti sapendo di poter contare sulla rete  di sicurezza della Bce. 

La Corte ha annunciato di “non aver riscontrato violazioni della regola del non finanziamento monetario dei Bilanci degli Stati” nei programmi di acquisti di titoli della Bce. Al tempo stesso però, nel comunicato su una sentenza molto attesa dai mercati, l’Alta Corte teutonica rileva “violazioni” da parte del governo per non avere adeguatamente impegnato la Bce sull’attuazione dei programmi di acquisti e in particolare affinché queste operazioni seguissero i necessari criteri di proporzionalità. Per questo “la Bundesbank – recita la sentenza della Corte tedesca – potrà non partecipare ulteriormente all’attuazione delle decisioni della Bce, fino a quando il Consiglio Bce non adotti una nuova decisione che dimostri in maniera comprensibile e sostanziale che gli obiettivi di politica monetaria perseguiti non sono disproporzionati”. Bce; “Ci esprimeremo a tempo debito” . I giudici di Karlsruhe non accolgono i ricorsi contro gli interventi nel mercato dei titoli di Stato da parte della Banca centrale europea e non obbligano la Bundesbank a interrompere immediatamente la propria partecipazione. Ma la sentenza della Corte tedesca di questa mattina non è un via libera incondizionato, tutt’altro. Al contrario, è un fattore che aggiunge per il momento un serio elemento di incertezza sulla possibilità per la Banca centrale europea di proseguire, così come sta facendo, l’attuale programma di acquisti di titoli di Stato da 750 miliardi di euro legato all’emergenza della pandemia. La sentenza riguardava il programma di «Quantitative Easing» lanciato dalla Bce durante la presidenza di Mario Draghi nel 2015 e da allora prolungato e aggiornato più volte fino al settembre scorso.

Nel gergo della banca, la parte sui bond sovrani di questo programma si chiama Public Sector Purchase Programme (PSPP). Ma chiaramente oggi la posta in gioco è anche e soprattutto il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), il nuovo piano di acquisti da 750 miliardi lanciato in marzo dalla Bce per il resto del 2020 come risposta alla crisi di Covid-19. Ancora di più, in gioco c’è la possibilità di lanciare un’altra tranche più ampia di questo programma di emergenza. Far planare dei dubbi sul PSPP infatti aumenta l’incertezza anche sul futuro del PEPP. La Bce risponde che sta valutando la sentenza della Corte Tedesca sul programma di acquisto di titoli di Stato “e si esprimerà a tempo debito”. Lo si apprende da un portavoce della Banca Centrale Europea. Intanto si apprende che è prevista una convocazione della Bce per le 18. Gualtieri: “Nessuna conseguenza su programma acquisto bond” La sentenza della Consulta tedesca non avrà conseguenze sul pandemic purchase program e sul precedente QE. Lo ha affermato il ministro dell’economia, Roberto Gualtieri, in un’informativa alle commissioni Bilancio e Finanze del Senato sull’Ecofin dello scorso 16 aprile.”Sono certo che il chiarimento avverrà in tempi rapidi e che la sentenza non avrà alcuna conseguenza pratica” ha detto  “nel senso che la Bundesbnank continuerà ad essere parte attiva della politica monetaria comune europea e quindi continuerà ad acquistare i titoli di stato tedeschi nell’ambito del precedente Quatitative Easing”.

“Ovviamente come anche la Corte ha chiarito – ha aggiunto Gualtieri – la sentenza neanche sotto questo aspetto procedurale di chiarimenti richiesto in alcun modo intacca l’attuale pandemic purchase program che la Bce sta con grande efficacia svolgendo”. Gentiloni: “E’ istituzione indipendente” “La Bce è una istituzione indipendente. la sua indipendenza è alla base della politica monetaria europea”. Lo scrive su Twitter il rosso commissario Ue all’Economia, P. Gentiloni, commentando la sentenza della Corte costituzionale tedesca.  Le regioni più produttive e più contributive di conseguenza non meritano un governo siffatto, contraddittorio e spendaccione dei soldi di chi lavora sodo. In Veneto la laboriosità aveva prodotto ricchezza prima della quarantena di 2 mesi per il covid-19, adesso sta per cedere sul fronte di possibili finti poveri e finti imprenditori in attesa della manna da Roma con i soldi dell’U.e., ma certamente continueranno a votare verde-azzurro non giallo del tutto inesistente ormai e il rosso è meno del 20%. Nelle Democrazie più solide della nostra un 20% appartiene alle minoranze che stanno alle opposizioni, da noi invece vanno sempre al governo e occupano tutti gli spazi occupabili nei media, nelle partecipate, negli scranni ministeriali, ecc.. Troppa invadenza partitocratica che solo un sano federalismo regionale potrà limitare. Adesso la paura da covid19 ha congelato il dibattito politico interno e i rosso-gialli si auto gratificano di “eterno” al potere. Aspettiamo di vedere le 23 materie da decentrare in Veneto, a cominciare dalla scuola, che a settembre potrebbe avviarsi verso la non statalizzazione ma la libertà d’informazione-educazione. Dare più spazio ai privati significa aumentare la qualità del servizio sociale, ridurre gli sprechi, incentivare la meritocrazia, dare fiducia ai docenti e produrre cultura aggiornata e spendibile.

 

 

 

Giuseppe Pace (Partito Pensionati Padova, con delega decentramento Regione Veneto)

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