Attualita'

IL GIROTONDO

Napoli, 27 Settembre – Le domeniche di pioggia, ancorché foriere di avvilimento e solitudine interiore, costituiscono un ragguardevole stimolo a fermarsi e meditare: le ore passano fugacemente, ed il pensiero – come evidenziato da Leopardi nell’ultima strofa de “Il Sabato del villaggio” – non può che esser orientato verso l’imminente settimana lavorativa, che si prospetta tutt’altro che scevra da incombenze.

Una volta ridestatomi da un riposo pomeridiano protrattosi per circa un paio d’ore, m’è di colpo balzato nella mente che domani sarà un giorno particolare per le scuole di Napoli, segnatamente per quelle che hanno ospitato i seggi elettorali una settimana fa: dopo ben sei mesi (o forse più), finalmente, s’udirà lo squillo di quella campanella ormai silente da tempo; cionondimeno, l’anno scolastico che s’appresta a prendere il via presenterà dei connotati ben diversi da quelli sinora susseguitisi, atteso che occorre attenersi a regole ferree varate per garantire lo svolgimento delle attività didattiche in assoluta sicurezza.

Giovedì scorso, rientrando da una trasferta lavorativa in quel di Capri, ho sentito, attendendo – con quel po’ di pazienza che ancora albergava nel mio cervello – la metropolitana, alcune persone esternare a gran voce le proprie preoccupazioni: e’ figl’ so’ piezz e’ core, s’usa dire qui a Napoli per sottolineare l’amore incondizionato dei genitori verso la propria prole (è altresì utilizzata la variante “ogni scarrafone è ‘bbell a’ mamma soja“). Tra le molteplici frasi giunte al mio orecchio – che, ovviamente, non ricordo in toto, anche perché sto perdendo colpi – ve ne sono alcune riguardanti l’opzione dell’homeschooling ed altre inerenti alla possibilità o meno di iscrivere i giovani alla scuola privata.

Non volevo fare il “prezzemolino”, dato che mi sentivo leggermente stanco; tuttavia, non ho esitato ad annotare su carta quanto captato, iniziando a ragionarci su durante il (lungo) tragitto verso casa: ho subito rievocato i ricordi della mia tenera età, segnatamente di quegli anni in cui frequentavo la scuola dell’infanzia, ponendomi una miriade di domande riguardo alla ripartenza della stessa in tempi di Covid.

Nel corpus di alcune mie pubblicazioni agostane ho posto l’accento sui notevoli ritardi da parte dell’Esecutivo nella predisposizione delle misure all’uopo necessarie, i quali giustificano appieno le angosce di chi, non potendosi permettere di lasciare il proprio impiego (dunque, nemmeno di ricorrere all’istruzione parentale), avverte l’esigenza di un supporto da parte della Repubblica: gli istituti infantili (nessuno si azzardi a parlare di “asilo”!), difatti, costituiscono il primo step dello sviluppo della personalità individuale.

Anche la figura dell’insegnante gioca un ruolo di notevole rilevanza nel percorso testé citato: ricordo ancora quando la mia prima maestra (ora alla presenza di Dio), notando che il distacco dai miei genitori si prospettava alquanto complicato, mi si è avvicinata e m’ha preso teneramente per mano, riuscendo a farmi capire che stavo vivendo un momento fondamentale della mia vita.

Il metodo più classico adottato dalle maestre per favorire la conoscenza dei piccoli alunni è – a quanto ne so – il disporli in cerchio, ascoltarli uno ad uno e, al termine della conversazione, fare una sorta di girotondo.

Ora, in ossequio alla normativa d’emergenza, non è possibile (almeno per il momento) prendersi per mano, né tantomeno abbracciarsi; malgrado ciò, occorre adesso che famiglie, insegnanti e bimbi diano prova di unità, giocando da squadra per porre un freno all’avanzata del virus e, al contempo, per far sì che l’inizio dell’iter scolastico del fanciullo non incontri quegli ostacoli che potrebbero influenzare negativamente la di lui psiche.

Porgo, dunque, ai soggetti suindicati il mio più cordiale augurio, esortandoli a dar prova di forza e coraggio: soltanto insieme, uniti in un girotondo virtuale, si può far fronte alle avversità e, auspicabilmente, vincerle, salvando il prestigio della scuola pubblica Italiana.

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