Cultura

I Terremoti nel Matese del 1349 e 1456 causarono le terme e alcune sorgenti del Biferno

Napoli, 22 Marzo – Il Matese, sistema montuoso tra Molise e Campania è esteso per oltre 1500 kmq, lungo 75 e largo 20.Anni fa ne studiai la fattibilità ambientale di una galleria di valico tra Guardiaregia e Cusano Mutri-Gijaa S., poi lettera morta per l’insensibilità politica soprattutto campana. Il Matese è un’area sismogenetica e numerosi sono stati i sismi che sono stati registrati localmente. Tra tutti mi preme ora ricordarne due del XIV e XV sec.. Questi causarono sia la nascita delle terme telesine e del laghetto ai confini con il territorio solopachese che lo smottamento di parte consistente del lato nord matesino a Bojano (CB) a pochi metri ad occidente della sorgente del fiume Biferno denominata Santa Maria dei Rivoli. Nel 1349 e 1456 due terremoti catastrofici scossero buona parte del Sannio e l’intero sistema montuoso del Matese. In tutti i paesetti appollaiati sul Matese e nelle cittadine, del suo vasto  ed economicamente più fertile e ricco pedemontano, i sismi furono catastrofici per le cose e luttuoso per le persone che morirono.  Ad Alife, Cusano Mutri, Bojano, Piedimonte d’Alife, Telese, Venafro, ecc. i danni sono stati riportati in un mio precedente scritto, pubblicato nell’Annuario 1989 dell’ASMV (Associazione Storica Medio Volturno) ”I terremoti nel massiccio appenninico del Matese: stratigrafia, cause geologiche e sismografia”. Mi avvalsi di alcuni sismogrammi effettuati dai sismografi del fisico di Frosolone (IS), D. Mainella, che ne aveva posto uno a Guardiaregia (CB). Grazie dunque all’imprenditore della Molisana Apparecchiature Elettroniche, ho potuto esaminare meglio le cause sismogentiche del Matese, che il presidente dell’ASMV prof. D. B. Marrocco, mi aveva chiesto per celebrare i 3 secoli passati dal sisma del 1688. Tale sisma fu descritto nell’Annuario del 1968 dell’ASMV da Domenico Franco di Cerreto S., gran parte dei suoi lavori sono stati pubblicati nel Bollettino della Società dei Naturalisti di Napoli, di cui era socio. Si ricorda che i Naturalisti non hanno ancora un Ordine professionale.

Nello mio studio evidenziavo l’abbondanza di acque nel Matese el’elenco dei terremoti nel Matese e aree contermini a decorrere dal 5 dicembre 1456 che ebbe una intensità pari a magnitudo di 7 Richter e una profondità ipocentrale di 20 km, mentre quello del 1688 fu meno intenso ed anche meno profondo. Utilizzai anche il questionario sulle previsioni sismiche basate sugli indicatori biologici predisposti dal prof. di Zoologia dell’Università, Federico II, di Napoli, Giorgio Matteucig, friulano d’origine, che rappresentò l’Italia al Congresso Internazionale di Pechino e che conobbi nel 1984 ad un esame di maturità al liceo sc. “R. Caccioppoli” di Napoli. A descrivere quel sisma fu V. Magnati in ”Notizie storiche dei terremoti, Napoli 1688 nonché nel 1984 P. Fortini ”Delle cause dei terremoti e loro effetti”, Marinelli Isernia. A descrivere il sisma del 1349 nel Chronicum fu un frate, contemporaneo ma meno intransigente di Savanorala, detto Sant’Antonino di Firenze. In Italia centrale era in corso la seconda, violentissima, pandemia di peste nera, che di lì a poco si propagò in tutta Europa. Il 9 settembre del medesimo anno il sisma si ripetette con più terremoti distinti quasi in contemporanea. Non è ancora unanime il giudizio se sia trattato di un unico grande terremoto con effetti diffusi in tutto il centro-sud Italia l’Italia, questa seconda ipotesi viene ritenuta poco plausibile mentre è noto che le sequenze sismiche in Appennino in possano culminare in più episodi distruttivi a breve distanza di tempo, come dimostrato nel 1703. Nel mio studio sismico del Matese evidenziavo in particolare la sismogenecità della piana di Bojano o meglio di un centro sismogenetico nella parte nord, sotto Colle d’Anchise. E’ da là che si è propagarono i sismi del 1349 e  1456 che causarono, per scuotimento, il crollo o lo scivolare verso valle di gran parte di una buona fetta del Matese, posta tra le sorgenti del Biferno di Santa Maria dei Rivoli e Maiella. Tale area è perfettamente evidente ancora oggi dalla stradina che costeggia Bojano-Maiella. Appaiono pure pericolose, per chi vi abita o vi passa, le grosse rocce isolate, poste a poche centinaia di metri e in alto della larga via bojanese “Insorti d’Ungheria”, sopra la stradina Porta Pasquino- Chiesa di San Michele. Uno studioso vivente bojanese doc, Francesco De Socio, si interessa di valorizzare le tradizioni bojanesi e molisane, ma non disdegna di rappresentare i Sanniti.

Bojano attuale ha quasi 9 mila residenti- che di Sabato con il mercato settimanale si triplicano con parte dei 20 mila residenti dei 13 comuni contermini- ma ha una storia gloriosa per essere stata la capitale del Sannio dei Pentri, sconfitta da Roma con la omonima battaglia il 305 a.C.. Il patavino Titolo Livio ne ha descritto i dettagli e scrive con ammirazione l’opulenza della Bovianum Vetus. Il Matese è ricco di manifestazioni carsiche grotte, inghiottitoii, come doline a forma di scodella o ad imbuto, fusione di più doline o uvala, a cavità più vaste delle doline o polie, ecc. Una dolina particolare è quella di Capo Sava, oppure le Secine, entrambe nel territorio di Letino.

Il carsismo è sperimentale perché permette ad 1 litro d’acqua pura a 10 gradi C. di sciogliere 20 mmg di carbonato di calcio sotto forma di bicarbonato. Nelle grotte matesine in particolare quelle del fiume Lete sono evidenti stalattiti e stalagmiti come azione classiche del carsismo. La presenza di sorgenti anche sopra i 1400 metri di quota del Matese settentrionale spiega una maggiore presenza di terreno argilloso, mentre il versante meridionale è più eroso e più carsico. Il Matese ha un basamento dolomitico del Giurassico superiore ed un cappello carbonatico del Cretacico con trasgressioni all’altezza di Bojano, Castello del Matese, Cusano Mutri. I primi esami geologici del Matese si rifanno al 1700 con lo straniero Scipione di Breislak, autore tra l’altro del libro “Geografia fisica della Campania”, che al venafrano Nicola Pilla che descrisse tre ordini di rocce sulla vetta di monte Miletto nonché nel 1800 al vinchiaturese Giuseppe Volpe, prof. di Storia naturale al liceo sannitico di Campobasso che scrisse “memoria sulla genesi del Matese”. Chissà quante volte il naturalista Volpe visitò anche il Miletto sud, la piana delle Secine il reperto fluviale del paleocorso del Lete a Letino sopra le grotte di Cauto. Negli studi di G. Volpe si risentiva degli studi geologici del suo secolo e descriveva il lago Matese come caldera vulcanica che faceva tracimare acqua e pesci a Pietraroja. Oggi tale spiegazione di genesi farebbe sorridere perché il Matese di vulcanico ha solo poche pietre di tufo lungo la strada per Campitello Matese da San Massimo, alcuni banchi tufacei a Letino in località Tufo e al Canale di Pace. La galleria di valico del Matese non deve passare sotto al lago perché potrebbe alterare la rete delle falde fretiche interne al massiccio montuoso e poi non è la direzione più adatta per valicare il Matese alto, mentre tra Guardiaregia e Cusan M. lo è.

Il fondo del lago Matese, allora come ora, però è ipotizzato di rocce tufacee o piroclastiche vesuviane e di Roccamonfina. Infatti il lago carsico occupa un’area di 45 kmq, è a fondo piano e orizzontale, di dimensioni non inferiori al chilometro di lunghezza, sugli 8 di lunghezza dell’altipano e largo 2, è delimitato dai versanti del M. Miletto – La Gallinola a Nord e M. Maio – M. Pranzaturo a Sud.  L’impermeabilità del fondale del lago è dovuta in parte al processo chimico della dissoluzione della roccia calcarea i cui residui insolubili si adagiano sul fondo, in parte alle ceneri tufacee provenienti dal vicino vulcano di Roccamonfina. Altri impermeabilizzanti del fondo sono i sedimenti alluvionali proveniente dal disfacimento compiuto dall’acqua della roccia dei vicini versanti, così come i sedimenti di origine argillosa e organica (resti di piante, alghe ecc.). Al 1935 si rifanno le indagini geologiche di Sacco, nel 1937 De Lorenzo, 1955 Scarsella e Manfredini, 1962 Signorini, 1963 Zanfrà, 1964 D’Argenio, Devoto e Pescatore, 1978 Sgrosso, 1969 Ietto e 1976 De Rosa. Nell’Annuario 1986 dell’ASMV A. Corniello, alvignanese, esaminò i lineamenti geologici del territorio del medio corso del fiume Volturno compreso dunque il Matese meridionale. Del Matese si intressarono non pochi proff. universitari a Napoli per i fossili di Pietraroia – Bassani, D’Erasmo, Fittipaldi, Parona, Teruzzi, ecc.- nonchè il frate cappuccino a Campobasso Francesco Di Iorio, Giuseppe Pastura ammogliatosi a Piedimonte M. e Filippo Barattolo, Dir. del Museo Paleontologico dell’Univ., Federico II, di Napoli. Ciò che rende unico il terremoto del 1349 è che la sorgente sismica è diversa in tutti e due (o quattro) gli eventi verificatisi. Giovanni Villani e, soprattutto, Buccio di Ranallo annotano nelle loro Cronache la devastazione che il terremoto causò all’Aquila, che risultava già danneggiata dal sisma del 1315; molti furono i crolli, con il conte Lalle Camponeschi che ordinò di ammassare le macerie nei pressi di Porta Leone, impedendo così agli abitanti spaventati di abbandonare la città, che da sola contò circa 800 vittime. Buccio di Ranallo è autore di La leggenda di Santa Caterina d’Alessandria (1330), a cui forse si aggiungono altri componimenti dello stesso genere come quelli di San Gregorio, San Giuliano spedaliere e del Transito della Madonna e anche alcuni testi passionali giunti frammentari;la sua opera principale è però una cronaca, in forma di poema in versi, sulla storia dell’Aquila, dalle vicende che portarono alla sua fodazione. All’Abbazia di Montecassino vi è conservata una memoria  dell’evento sismico che colpì duramente il Regno di Napoli l’intero Subirono gravi danni anche Montecassino, Isernia e Venafro. A Telese Terme, le ripetute scosse sismiche sconvolsero il suolo favorendo la nascita di mofete e l’emanazione di vapori solfure che resero l’aria irrespirabile e causarono l’abbandono della cittadina. Nel 1861 Telese era frazione di Solopaca, contava 494 abitanti, dunque, nel passato, era  Solopaca da una parte e Cerreto dall’altra un territorio più popolato e ricco economicamente, a parte San Salvatore Telesino.

Nel 1992, dopo un referendum, il comune cambiò denominazione, da “Telese” a “Telese Terme”, che oggi registra quasi 8 mila residenti. Il complesso idrotermale, sito alle falde di monte Pugliano, è costituito da un vasto parco dove sorgono diverse strutture.  Il primo stabilimento dei “Goccioloni” fu seguito da un complesso più vasto attrezzato oggi per aerosolterapie, cure idropiniche e altri tipi di terapie. Il Canale del Cerro nel Parco delle Terme sta là a rendre èpiù evidente lo scorrere di un’acqua speciale termale, resa famosa solo nel 1800. Fu il terremoto del 1349 a causare la scomparsa di Telesia per diversi secoli. Solo ai primi del 1800 gli studi compiuti sulle acque sgorganti dalle falde del Monte Pugliano, ricche di zolfo, giunsero alla conclusione che esse non erano dannose. A partire dal 1876,invece, si avviò la costruzione delle Terme, le cui acque furono analizzate da Stanislao Cannizzaro e Francesco Maturo. L’impianto termale venne inaugurato nel 1883.  Inoltre, sul Rio Grassano, fu creato un Parco Naturalistico, nel punto in cui il Torrente Cerro si affianca al Rio Grassano.  Dopo la nascita del comune di Telese, sorsero contese con San Salvatore Telesino conclusesi, nel 1957, con la costituzione di un “Consorzio” . Uno degli esempi evidenti degli effetti di quel sisma è il lago di Telese situato ai confini col territorio  di Solopaca, nella bassa valle del fiume Calore, affluente di sinistra del Volturno. Il piccolo lago, frequentato da turisti anche per mangiare nel ristorante adicente si è formato all’estremità orientale di Telese a seguito del terremoto del 1349, è di origine carsica e ha una forma circolare, un perimetro di circa 1 km e una profondità compresa tra i 20 e i 30 metri; la superficie misura circa 49.000 metri quadrati. Soprattutto negli anni che accompagnarono  seguirono il boom economico italiano e del Mezzogiorno nostrano il lago di Telesese costituiva una rinomata meta turistica; in quegli anni era presente anche una piccola piscina con la relativa spiaggetta per i bagnanti. La balneazione era resa più sicura dalla presenza di un presidio dei vigili del fuoco, con la relativa barca di salvataggio. Una caratteristica del lago è però quella di essere relativamente profondo già presso la riva, elemento che provocò anche degli incidenti tanto che la balneazione fu successivamente interdetta. Il sisma del 1349 distrusse Telesia, che nel 215 a. C. fu importante città romana con riconoscimento di urbs foederata (città alleata di Roma). Telesia era una città romana di origine sannita, alla confluenza del fiume fiume Calore con il fiume Volturno. L’importanza della città romana fu evidente con il coniò di moneta tra in 265 e il 240 a.C..Le monete telesine sono utilizzate ad esempio dal nuovo Sindaco G. Caporaso come dono al Questore di Benevento L. Bonagura durante la recente visita informale al temine della quale il primo cittadino telesino,  ha donato al Questore di Beneventum una copia in argento dell’antico “Obolo campano”. Ciò lo leggo da un media matesino del 18/12/2020 che informa del campano obolo  coniato nell’antica Telesia nel III secolo a. C. e presentato nel 2006 dall’allora amministrazione comunale. Molti dei ruderi ed altri reperti archeologici di Telesia si possono ancora oggi vedere a San Salvatore Telesino a pochi chilometri da Telese Terme. Verso il X sec. si ha notizia dell’edificazione di una Cattedrale che era sita fuori le mura di Telesia, nella zona dove attualmente sorge Telese Terme (via Roma). Nacque così un borgo fuori le mura di Telesia che si consolidò intorno alla Cattedrale, sede del vescovo e dell’antichissima diocesi telesina, risalente al V sec.  Le numerose ed intense scosse del sisma citato, si protrassero sino al 9 settembre dello stesso anno, e provocarono degli episodi di sprofondamento e di sconvolgimento del suolo che originarono sia il lago suddetto che stagni, e paludi. Non poche furono le emanazioni di biossido di carbonio o anidride carbonica e anidride solforosa che resero l’aria irrespirabile e la vita quasi impossibile. In particolare le mofete causate dal terremoto del 1349 furono all’origine dell’abbandono di Telesia. La mofeta è una forma secondaria di vulcanismo, corrispondente allo stadio finale di una fumarola e consistente in emissioni fredde di anidride carbonica che scaturiscono da fessurazioni del terreno. Poiché il gas è più denso dell’aria, tende a ristagnare. In area carsica come il Matese  poi il problema affligge in modo particolare i pozzi verticali, che si riempiono in breve tempo diventando ben presto inagibili.

I naturalisti studiano sismi e vulcani nonche vulcanismo secondario come le mofete, che emanano miscugli e composti acidi con zolfo come l’idrogeno solforato, ecc. ovvero comprendente un composto «di gas Tale miscuglio, rispetto all’anidride carbonica pura, oltre a risultare velenoso per i minatori era anche più volatile, comprometteva l’integrità delle strutture portanti in legno ed era potenzialmente esplosivo. La paura delle mofete telesine fece scrivere Mons. Branca, vescovo dal 1413 al 1453: “aveva sperimentato sempre più insalubre e micidiale l’aere che, oltre la sua grossezza, erasi renduto assai guasto e corrotto per la esalazione delle mofete e delle acque stagnanti, cui accoppiavasi la umidità cagionata dalle correnti del rio Grassano”. Nel 1609 il vescovo mons. G. F. Leone si rivolse alla Congregazione per i Vescovi chiedendo il definitivo trasferimento delle funzioni episcopali e canonicali da Telese a Cerreto Sannita “in considerazione che sia i canonici che lo stesso Duca sono d’accordo che ogni ulteriore permanenza stabile a Telese è impossibile per lo stato deplorevole della Cattedrale, la malignità dell’aere, la desolazione della città, rimasta senza popolo, l’esistenza perniciosa delle mofete e delle acque stagnanti e paludose e anche perché i canonici, per recarsi a Telese dai vicini paesi, pativan disastri ed erano assaltati per la strada dai ladri i quali si nascondevano nel vicino bosco di monte Pugliano”. La Congregazione diede il suo assenso al trasferimento della diocesi da Telese a Cerreto il 22 maggio 1612. Anche i vescovi abbandonarono la cittadina a causa delle numerose malattie causate dal clima malsano. Sul versante nord matesino, a Bojano è accertato che nella notte del 26 luglio 1805, ci fu il cosiddetto “terremoto di Sant’Agata”, proprio nei pressi del centro abitato. La devastazione fu grande, dato che la magnitudo fu valutata tra 6 e 7.  Crollarono case, le principali chiese di Bojano (duomo, Sant’Erasmo, santa Maria del Giardino, sant’Egidio), con gravi danni alla storica Cattedrale dedicata a San Bartolomeo e alle mura che cingevano ancora la cittadina. L’abitato medievale di Civita Superiore perse le mura, distrutte o riutilizzate per la costruzione delle nuove case, e anche il vecchio castello subì un ulteriore smacco. La ricostruzione dei principali monumenti avvenne in stile neoclassico, e la Cattedrale perse l’antico stile medievale. Prevedere l’attività di un terremoto e di un vulcano non è ancora possibile, ma più di qualcosa si può dire e fare senza più ricorrere al mito e alla magia del passato non molto remoto. Per i sismi del Matese in particolare scrissi, nel citato lavoro, alcune precauzione da rispettare nel costruire in modo antisismico al di là dei calcoli strutturali. Le precauzioni principali sono: posizionare le costruzioni nuove in direzione nordovest-sudest che è sia la direzione del massiccio matesino che la direzione predominante dello sciame sismico; utile è scavare solide fondamente su roccia e non più sul suolo soggetto a smottamenti che i macrosismi amplificano;  non edificare più di tre piani e senza elementi sporgenti come terrazzine, cornicioni che si staccano per primi in caso di sismi, ecc.. L’analisi sismologica ha fatto rilevare che quale che sia la causa delle onde, quelle di compressione s propagano più velocemente di quelle di taglio. Di qualunque carta delle isosisme, l’isosisma più interna indica l’intensità più forte, e, in genere, al di sotto di quella zona è da ricercare i punto d’origine del sisma o ipocentro. Per il Matese ed aree contermini l’ipocentro ha una profondità minima di 1 km come per i sismi del 1941, 1916, 1908, 1907, 1905, 1903 e massima di 40 km come per il sisma del 1962. Profondità intermedie ebbero, invece, i due sismi ricordati che causarono la fuoriuscita di acque termali a Telese Terme dove c’è l’efficiente e moderno complesso Minieri e la non piccola frana a Bojano tutt’ora evidente sul lato sud di monte Crocella e vicino al vivaio e laghetto sèportivo delle ottime trote del Biferno. L’acqua del Lago Matese impiega 5 giorni per scorgare alle sorgenti del del Torano a Piedimonte Matese, che affluisce per 3,2 mc/sec. nell’Acquedotto campano e il resto va verso Alife lungo il vecchio corso del fiume che si immette a sinistra nel Volturno. Pe scorgare a Telese le acque del lago Matese impiegano un mese. Esse sono visibili a Telese solo dopo i terremoti suddetti cioè del 1349 e 1456, fino a prova contraria. Telese d’estate si trasforma in città meno piccola per le attività promosse dalle Terme. Ad esempio nel 2015 la 6^ edizione del progetto Estate al Villaggio, nato nel 2006 con sole 15 serate di spettacoli e trasformato nel 2007 in un palinsesto di oltre 60 serate, con artisti provenienti da tutto il territorio nazionale, rese le Terme di Telese, e il loro ambiente naturale, una location ideale per trascorrere le serate estive e Telese Terme una meta turistica per visitatori provenienti dalla regione Campania e dalle regioni limitrofe, con l’obiettivo di conoscere e scoprire un territorio ricco di bellezze naturali ed archeologiche e per incontrarsi e divertirsi. Oggi Telese Terme è una bella cittadina del Matese orientale che ospita molti turisti anche e soprattutto per le cure termali tramite l’imprenditore napoletano Minieri. La storia dell’Impresa A. Minieri SpA ha radici lontane; prende le sue mosse già nel 1875, allorquando l’imprenditore napoletano Eduardo Minieri fece domanda di concessione per l’appalto dei Bagni di Telese. Dopo lunghe trattative fu raggiunto l’accordo e fu siglato il contratto di appalto il 10/12/1877 che di fatto, costituisce l’atto di nascita della Ditta Minieri. Nel giro di pochi anni furono realizzate opere ed interventi che trasformarono gli stabilimenti termali come: “Grandi stabilimenti Balneari di Telese“, dove tra il 1920 e il 1930 funzionavano 8 stabilimenti. Il grande padiglione era “il sito più ricreativo ed ameno del vasto parco; qui confluivano i bagnanti, prima e dopo il bagno, deliziandosi all’ombra della larga tenda, dei concerti di una graziosa orchestrina e dei giocondi gorgheggi di spiritose canzonettiste e comici esilaranti, mentre floride acquafrescaie in costume del paese (le pacchiane) offrivano l’acqua attinta alla sorgente destinata solo ad uso bibita”. Sulle pacchiane con vestiti della tradizione matesina ho già scritto che la maggior parte ebbero la nascita nel XVII sec. tranne Letino e pochi altri comuni più antichi che già avevano le pacchiane, quasi estinte oggi, mentre il costume dei maschi si estinse prima. Che bello oggi poter vestire come si vuole e per le donne la scelta dei colori abbinati è maggiore, mentre allora erano obbligate a sciegiere il verde per l’età da signoriene, rosso scarlatto per le maritate, nero per le vedove. Era una sorta di dittatura imposta dalla tradizione, ma non pochi appassionati ancora credono che si stava meglio quando si stava peggio! Oggi il Matese è interessato a valorizzare le sue peculiarità naturalistiche, storiche ed economiche mediante il parco naturale nazionale, ma già nel lontano 1971 alcuni crearono il consorzio di comuni denominato Cistem, mentre lo scrivente propose un “Museo del Paesaggio del Matese” sull’Annuario 1986 dell’ASMV. Pasquale Cervo di Caiazzo, studioso di Orazio in modo speciale, mi diceva:”Parturient montes, nascetur ridiculus mus” (I monti avranno i dolori del parto, nascerà un ridicolo topo). E’ il verso di Orazio che, con allude ad opere letterarie il cui contenuto non corrisponde a roboanti presentazioni. Oggi il detto è usato correntemente nella forma “La montagna ha partorito un topolino” per indicare avvenimenti largamente inferiori alle aspettative. Frase che si adatta perfettamente a quanto avviene di frequente nell’ambiente politico attuale. E’ prematuro oppure è giunto il tempo che il cittadino meridionale e matesino in particolare chieda, sperando di ottenere, una rete sismica locale, che lo preavvisi, sia pure in percentuale rilevante, di imminenti sismi in arrivo? Chi vivrà vedrà!

 

Giuseppe Pace (Naturalista)

 

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