Attualita'

DA COSA NASCE COSA

In memoria di Eugenio Scalfari (1924-2022)
Omaggio a mio nonno (vivente)
 
Napoli, 15 Luglio – Avere un nonno ancora in vita, col quale potersi confrontare di frequente riguardo ai passi da compiere per affrontare la vita d’ogni giorno evitando di cacciarsi in neri guai, è un privilegio indescrivibile: ogniqualvolta confido al mio progenitore il mio profondo sconforto in ordine alle pressoché ridotte opportunità di carriera in Italia, specie in ragione della carenza di meritocrazia nell’ambito delle selezioni pubbliche e private, costui, riuscendo con la maestria di sempre a placare le mie ire – e, talvolta, ad asciugare le mie lacrime, come quando ero fanciullo -, questi è solito ripetermi una perla di saggezza destinata a restare impressa nella mia mente in perpetuo: “da cosa nasce cosa!“.
Queste parole, senz’altro utili a combattere ogni forma di scoraggiamento, mi han fatto balzare nella mente un episodio significativo della quasi centenaria esistenza terrena di Eugenio Scalfari, riformatore del giornalismo nazionale e fondatore del quotidiano “La Repubblica”, venuto a mancare ieri mattina.
Come han ricordato i Colleghi in forza presso il cennato periodico, la proficua carriera giornalistica del compianto ebbe inizio a causa del licenziamento (palesemente ritorsivo) irrogato nei suoi confronti dalla Banca Nazionale del Lavoro, dovuto alla pubblicazione di un articolo dal contenuto inviso ai vertici dell’Istituto.
Quest’autentica prova di coraggio, cari Lettori, deve servire da lectio vitae per ciascuno di noi: nel periodo attuale, com’è noto, regna l’assoluta incertezza in merito ad un possibile futuro dei giovani Concittadini, molti dei quali si trovano spesso costretti ad accettare condizioni di lavoro a dir poco penose, pur di riuscire a metter da parte un gruzzoletto senza onerare i genitori; a tale azione, senz’altro nobile, fa però da contrappeso il silenzio tombale serbato da costoro quando, invece, dovrebbero schierarsi in prima linea contro determinati fenomeni (ad esempio il lavoro sommerso, la disattenzione verso le politiche attive del lavoro, e via discorrendo), silenzio dettato dal timore di perdere il “posto”.
Denunziare apertamente tutto quel che affligge la pacifica convivenza è, a parer mio, un dovere morale di tutti, oltreché un compito fondamentale del prosatore giornalistico: a Scalfari una mossa del genere è costata il “posto fisso”, ma, contestualmente, lo ha stimolato a mutare profondamente le sorti di una professione de facto asservita al potere del capitalismo (ed all’influenza dei partiti), trasformandola nella massima espressione della libertà di manifestazione del pensiero sancita dall’art. 21 della Costituzione.
Esimio Direttore Scalfari, non posso degnarmi di commemorarLa senza aver prima esternato la mia profonda gratitudine nei Suoi riguardi: m’impegnerò a dar prova di audacia, cercando di seguire il Suo nobile esempio.
E non posso omettere di mostrare riconoscenza verso di Te, amato Nonno: ammetto di esser testardo, ma è grazie ai Tuoi mementi ed al Tuo immancabile aiuto che cerco di costruirmi l’avvenire.
Ascoltiamo oggi chi ci ha preceduto nel cammino della vita, dando prova di onestà e vigore: domani potrebbe esser tardi!
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