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Covid, Istituto Superiore della Sanità: “La variante Eris prevalente in Italia. In crescita nelle ultime settimane”

Napoli, 10 Settembre – E’ stata chiamata Eris, come la dea greca della discordia, e già desta preoccupazione in attesa della stagione autunnale alle porte. La variante EG.5, il nome “scientifico”, è una sottovariante di Omicron nota dall’inizio dell’anno, indicata come variante di interesse dall’OMS in agosto e destinata a diventare la forma dominante di Covid in molti Paesi, nel nostro è già così.

Secondo l’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore della Sanità sulle varianti di coronavirus circolanti a fine agosto, ormai il 41,9% dei casi di Covid-19 in Italia è riconducibile ad Eris e la sua proporzione è risultata in crescita nelle ultime settimane.

È quanto risulta dalla flash survey coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con il ministero della Salute e con il supporto della Fondazione Bruno Kessler, le Regioni e le PPAA (Province Autonome).

L’indagine ha preso in considerazione i campioni notificati dal 21 al 27 agosto 2023 da analizzare tramite sequenziamento genomico. Un quadro simile a quello italiano si osserva a livello globale, dove EG.5, ed in particolare EG.5.1, è caratterizzata da un notevole incremento, rappresentando la Variante di Interesse (VOI) maggiormente rilevata in Europa, Stati Uniti e Asia 7,8.

Gli studi ad oggi effettuati evidenziano che EG.5 è caratterizzata da un elevato tasso di crescita che, insieme ad una diminuita capacità neutralizzazione da parte di anticorpi verso altre varianti giustificherebbe la sua prevalenza in diversi Paesi. “Ad oggi – si legge nel documento – non si evidenziano rischi addizionali per la salute pubblica rispetto ai lignaggi co-circolanti”.

A prevalere sono ancora i disturbi delle vie respiratorie superiori, come mal di gola, tosse secca, congestione e naso che cola, mal di testa, voce rauca, dolori muscolari e articolari. Meno presenti perdita di gusto e olfatto e problemi gastrointestinali. 

Questa variante preoccupa perché sembra avere una maggiore capacità di infettare i polmoni. Una ricerca pubblicata sulla piattaforma bioRxiv, condotta dall’università di Tokyo, ha rilevato in esperimenti sui criceti che la variante in questione riuscirebbe a colpire maggiormente i polmoni, e che questo potrebbe tradursi, almeno in una parte dei pazienti, in manifestazioni più severe di Covid.

Nel complesso il virus colpisce ancora principalmente il sistema respiratorio ma, poiché è mutato nel corso della pandemia, alcuni sintomi sono diventati più comuni e altri meno.

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