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Brevi considerazioni sulla riforma del concorso in Magistratura

Napoli, 27 Settembre – Gentile Ministra Cartabia, la delicatezza e la pregnanza della questione oggetto delle considerazioni che seguiranno mi costringono a rivolgermi direttamente a Lei: in veste di autorevole studiosa, nonché di Presidente Emerito della Corte Costituzionale, ritengo doveroso – nonostante l’imminenza delle consultazioni elettorali – esporle con franchezza il mio dissenso in merito alla riforma dell’accesso alla carriera di magistrato ordinario, che Lei ha di recente inteso subordinare al mero conseguimento della laurea magistrale in giurisprudenza.

Prima ancora di provare la profonda delusione che in questa sede intendo rendere manifesta, mi son sentito alquanto meravigliato: nonostante le buone intenzioni che La hanno animata nel periodo che ha preluso alla decisione qui in commento, ritengo doveroso ricordarLe che anche Lei ha dovuto far parecchia gavetta per raggiungere la meta dell’insegnamento universitario.

Il proposito di accelerare i processi lo nutrono tutti gli addetti ai lavori, compreso me, semplice avvocaticchio: l’Unione Europea ci ha già ammonito (e sanzionato) parecchie volte a causa dei cosiddetti “processi-lumaca”, problema che, nonostante l’avvicendarsi di tanti ministri, ancora non è stato risolto; ma permettere l’accesso alla Magistratura a chi è in possesso della sola laurea, mi creda, è l’errore più madornale che si possa compiere: Lei dovrebbe sapere meglio di me che, purtroppo, lo studio del diritto in sede universitaria è al giorno d’oggi oltremodo teorico, poiché si viene bombardati di nozioni (fondamentali, beninteso) senza essere avviati alla pratica giuridica, tale da intendersi, prima di tutto, la vita di tribunale.

Com’è possibile, secondo Lei, che un giovane, ancorché meritevole, sia già da ritenersi in grado di decidere su questioni complesse sulla sola base del contenuto di polverosi manualoni? Per lo studio approfondito di ogni questione, anche bagattellare, occorre tempo (Per lo studio approfondito di ogni questione, anche bagattellare, occorre tempo (e, come noto, i Giudici in servizio se ne prendono ben troppo!), perché sono necessarie delle ricerche approfondite che è impossibile condurre se non si ha un minimo di familiarità con i codici o di esperienza, a qualsiasi titolo, all’interno degli Uffici Giudiziari.

Sono, oramai, alla soglia dei trent’anni, ed ho alle spalle un lungo periodo di gavetta, durante il quale i miei domini (cui sono profondamente grato), pur invitandomi a studiar tanto, mi hanno trasmesso parecchi “trucchi” per affrontare al meglio il mestiere di ermeneuta; diversamente, sarei rimasto null’altro che un topo di biblioteca, senza la minima idea di cosa fosse realmente l’interpretazione del diritto.

Nel mio piccolo, pur certo delle Sue buone intenzioni, Ministra Cartabia, reputo questa “riforma” una vera e propria vittoria di Pirro: m’auguro, dunque, che tanto Lei quanto colui o colei che Le succederà prenda in seria considerazione il fatto che tra i giovani Concittadini v’è chi, al pari del sottoscritto, sta dovendo fare una durissima scalata per essere un giureconsulto affidabile.

Sarà mia cura lanciare, nei prossimi giorni, una petizione ad hoc, mirante a salvare la Giustizia da un pericoloso “aristotelismo”: non possiamo accettare che si vada avanti non solo coi processi-lumaca, ma anche con le sentenze carenti di puntuali argomentazioni in diritto.

Non ho paura di lottare per difendere l’onore dei giureconsulti: sono aperto ad ogni sorta di confronto, perché qua si tratta di risolvere un problema serissimo, ma non posso minimamente tollerare che vengano sminuiti tutti gli sforzi compiuti da chi è veramente intenzionato ad essere uno juris prudens (It.: “scienziato del diritto”).

Solo lo studio approfondito conduce a risultati: è un dato di fatto che non si può negare!

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