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THE RIDICULOUS HISTORIAN…

Napoli, 15 Marzo – Son diversi giorni, ormai, che gli Italiani hanno abbandonato la vita di routine: com’è agevole desumere, la colpa non va ascritta a loro, ma alla progressiva – oltreché pericolosa – diffusione dell’infezione causata dal Covid-19, che ha spinto l’Esecutivo a varare, seppur con un margine di ritardo alquanto ampio (oltretutto…ci siamo abituati!), una serie di misure restrittive volte a contenere le possibilità di contagio.

Tale emergenza, tuttavia, non pare aver allarmato il Primo Ministro del Regno Unito, Boris Johnson: in un discorso andato in onda di recente, quest’ultimo ha reso dichiarazioni a dir poco raggelanti, nonché irriguardose verso la popolazione Britannica, cui ha dato avviso che l’ulteriore propagazione del virus farà sì che “molte (…) famiglie perderanno i loro cari prima del tempo” (o, secondo altre fonti parimenti attendibili, egli avrebbe addirittura invitato i connazionali ad abituarsi a perdere le persone cui son legate).

Ma vi è di più: alcuni pseudo-scienziati, compagni di merende del Premier, sono fortemente persuasi che l’unico rimedio esperibile sia il propagarsi, nel territorio d’Oltremanica, dell’infezione suddetta, in modo da favorire l’herd immunity (It.: “immunità di gregge”).

Essa non è altro che una forma di protezione indiretta, che si verifica allorquando esista un vaccino contro una determinata infezione: se la percentuale di vaccinati è alta – e sempreché gli anticorpi si formino effettivamente -, i soggetti immuni non potranno contagiare chi tale non è, facendo, in poche parole, da “barriera” contro un’ulteriore espansione del parassita.

Ad avviso del virologo Fabrizio Pregliasco – intervistato dai giornalisti de “La Repubblica” -, un sistema del genere non può sortire alcun effetto contro il coronavirus: in primo luogo, perché non è stato ancora scoperto un vaccino; poi – ed è qui che casca l’asino -, il Sars-CoV 2 ha un elevato grado di contagiosità, di talché la strategia de qua si rivelerebbe un autentico fiasco.

Il dato più irritante riguarda il curriculum vitae di Johnson: forse non tutti sanno che egli (guarda un po’!) ha conseguito una laurea presso l’Università di Oxford, discutendo una dissertazione in storia antica.

Malgrado la sua propensione agli studi ed il suo interesse per la cultura, egli non ha dimostrato quella gran preparazione che i suoi sostenitori gli attribuiscono: forse Mr. Boris ha dimenticato che, tra il 1665 ed il 1666, Londra – sua città natia – fu colpita da una violenta epidemia di peste (la Great Plague of London), che portò al decesso più di centomila persone.

Ebbene, in quella circostanza (come anche adesso) il re Carlo II Stuart se la diede a gambe, rifugiandosi ad Oxford; il Lord Mayor (ossia il Sindaco) della città, invece, si prodigò – insieme con l’Arcivescovo di Canterbury, le altre autorità della chiesa Anglicana, ed il personale sanitario – per fronteggiare la pestilenza, premurandosi di assumere decisioni ponderate.

Ora, in pieno duemilaventi, s’è registrato un notevole regressus: invece di seguir l’esempio del suo predecessore (Johnson è stato Mayor of London per due mandati, dal 2008 al 2016), l’inquilino di Downing Street 10 sta perseverando con le sue pagliacciate, mettendo così a repentaglio la salute del suo popolo.

Cari Lettori, da quanto suesteso emerge lapalissianamente che il conseguimento di una laurea, quantunque importante, non sempre rivela l’effettiva conoscenza delle discipline studiate.

L’Inghilterra è una gloriosa nazione, ed un inetto – o meglio, uno…..storico ridicolo – non può permettersi di comprometterne il prestigio. 

Adriano Spagnuolo Vigorita 
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