Cultura

Natale e Capodanno anche lontano da Napoli tra religiosità e secolarizzazione

Napoli, 22 Dicembre – Mentre a Padova il capolavoro artistico di Giotto, agli inizi del 1300 nella Cappella degli Scrovegni, ci ricorda il Natale cristiano, a Napoli, invece, è più risaputo che il Natale è tipicamente tradizionale e fantasioso per gli artigiani dei presepi lungo l’antico decumano o Spaccanapoli. Quest’anno per i napoletani e i pochi turisti-a causa delle restrizioni dalla diffusione della covid19- nei presepi napoletani sicuramente si ammirerà l’idolo sportivo dei neolatini europei e latinoamericani, Diego Armando Maradona. Tipico teatro napoletano di Natale è la commedia di Eduardo De Filippo “Natale in casa Cupiello”, che la TV nazionale riprende un anno si e un anno pure come tra giorni con Sergio Castellito per la regia di Edoardo De Angelis. 

A Napoli a Capodanno c’è un secondo cenone tipico con rottura di piatti da buttare dai balconi e botti ovunque per far rumore quella notte magica! Ma lontano da Napoli come si festeggia il periodo natalizio e di fine anno? Paese che vai tradizioni che trovi! Ormai mancano pochi giorni alle tradizionali feste di fine anno che si concentrano, poco dopo il solstizio invernale, in Natale e Capodanno. Il tempo che fluisce inesorabile per tutti i viventi nell’universo, per l’Uomo ha bisogno di momenti che lo scandiscano in modo quasi indelebile per i bambini che vi assistono attoniti, e, poi da grandi ripeteranno gli antichi riti con quelli man mano più moderni e così di generazione in generazione da almeno 5 mila anni fa con la civiltà degli Egiziani, dove il Faraone governava con la casta dei sacerdoti, poi gli scribi (tra cui i primi insegnanti), ecc.. I grandi fuochi che l’uomo primitivo accendeva in pieno inverno, o meglio quando le ore d’illuminazione sono ridotte al minimo annuo e quelle notturne al massimo, servivano a infondere coraggio e i riti propiziatori erano sempre rivolti a divinità varie e poi ad un’unica. Resta ancora quella traccia temporale che l’uomo a Natale e Capodanno tenta di privilegiare l’essere sull’avere e il capitale immateriale e religioso e non il capitale materiale. Dunque anche per il 2020, nonostante ci sia la pandemia in corso per la mortale covid19 il Natale e il Capodanno sono prossimi per essere festeggiati sia pure con restrizioni obbligatorie preventive, un po’ dappertutto nel mondo e in Italia sono imposte da continui DPCM che a volte sembrano atti dovuti più che sistematica decisione di ben governare la res pubblica in quella Roma che fu caput mundi e faro civile per per molti secoli. Essa ricorda ancora oggi più la Repubblica che la Monarchia con i 7 re e l’età imperiale con tanti imperatori anche divini fino a Costantino, che diede spazio anche a Gesù di Nazaret, che disse date a Cesare quel che è di Cesare… “A Natale con i tuoi Pasqua con chi e dove vuoi”, si diceva in Italia e forse in tutto il mondo cristianizzato dalla scelta di Costantino quando decise il cristianesimo come religione dell’impero romano, che grazie anche a loro, diresse. Roma caput mundi diffuse in tutto il suo vasto impero il monoteismo cristiano sostituendolo al politeismo precedente. Nella bimillenaria tradizione cristiana, il Natale celebra la nascita a Betlemme dell’Uomo-Dio o Gesù, partorito da Maria, come raccontano i Vangeli secondo Luca e Matteo che narrano l’annuncio dell’angelo Gabriele, la deposizione nella mangiatoia, l’adorazione dei pastori e la visita dei Re Magi. Nei circa 2000 anni da quell’evento, tra mito e storia, il Natale ha continuato a rappresentare un giorno di festa anche per i non cristiani, assumendo significati diversi da quello religioso con prevalenza di potere d’acquisto dei più abbienti fino ad essere quasi svuotato del significato religioso con diffusa secolarizzazione o indifferenza al sacro, che è in ogni Homo sapiens dei quasi 8 miliardi di persone viventi sul pianeta Terra tra un nord mediamente ricco ed un sud quasi tutto povero.  Gerusalemme detiene il secondo posto al mondo come maggiore densità episcopale, tra basiliche, patriarcati, monasteri, conventi, quattordici diocesi. Qui il Natale non è addobbi e decorazioni, bancarelle e annunci di festività, espliciti rimandi ad una festa solo commercializzata, ma si rispettano e si tramandano ai bambini le tradizioni del passato con riti latini, orientali e ortodossi che si tengono da quasi venti secoli.  Il Natale si festeggia in tre modi: la chiesa cristiana cattolica lo celebra il 25 dicembre, quella ortodossa il 6 gennaio e la chiesa armena lo celebra il 19 gennaio. Per i cristiani di Gerusalemme, le messe vengono celebrate al Santo Sepolcro, luogo nel quale nacque Gesù. A New York notai gli ebrei nelle significative loro sinagoghe e negozi elettronici, dove riscuotevano ammirazione  e fiducia da parte dei consumatori, che erano certi di non comprare merci falsate e pagate più del dovuto. Questo per dire che dove c’è l’uomo religioso, come l’ebreo che ha una forte religiosità in tutti gli ambienti mondiali dove vive, l’imbroglio appare meno diffuso e facile. Eppure più della metà dei terrestri è secolarizzato o indifferente al sacro. Il comunismo con il verbo marxista e dintorni hanno imposto una cultura di governo e di popolo senza il sacro, in altre parole il verbo marxista si fece carne. Il futuro dell’Uomo però sarà legato ad una rivalutazione di alcune religioni con prevalenza della razionalità scientifica che si affida al vaccino e non alle preghiere per essere salvati dalla covid19. Comunque il nostro Natale, anche del 2020 d.c. è generalmente vissuto come festa legata alla famiglia, alla solidarietà, allo scambio di regali e a Babbo Natale, figura tipica natalizia che porta doni ai bambini, si è modificato in festività di svago, di movide più intense e godereccie senza pensieri di lavoro ed altri impegnativi. Uno degli elementi caratteristici è stato ed è ancora per molti cristiani e cattolici praticanti il presepe: la parola deriva da quella latina praesepium, che significa “mangiatoia”, per ricordare il luogo dove nacque il bambino Gesù. Il primo presepe vivente fu quello del 1223 a Greccio, in provincia di Rieti, e secondo la tradizione si deve al figlio di ricco mercante, Francesco d’Assisi, poi divenuto santo, che volle ricreare proprio nella notte di Natale uno scenario naturale per ricordare la nascita di Gesù. Anche l’albero di Natale, più antico del presepe e della nascita di Gesù si ridiffonde alla fine dell’Ottocento come una sorta di moda nelle corti europee, che si addobbarono di abeti con decorazioni natalizie, e quella italiana non voleva essere da meno: così, anche la regina Margherita fece allestire un abete al Quirinale. La notizia fece il giro della penisola e l’idea piacque molto a tutti gli italiani, specialmente ai bambini. Attualmente l’Italia si divide in due parti distinte per il presepe più diffuso al Sud e al centro e l’abete al settentrione. Un’altra tradizione legata sia al Natale che a Capodanno è senza dubbio quella del noto cenone, che assume sfumature e particolarità differenti a seconda degli usi e costumi delle varie regioni italiane. Così, se a Nord non si rinuncia a panettone e pandoro, a Sud trionfano struffoli, dolcetti alle mandorle e pastiere, senza dimenticarsi di piatti a base di anguilla o altro tipo di pesce, salsicce di maiale coperte di lenticchie oppure tacchino ripieno con castagne. Nei Paesi dell’Europa orientale la cristianità è prevalentemente ortodossa con preti che si sposano e patriarchi che non sempre fanno capo al papa a Roma. Il Natale in Romania ad esempio è appellato con “Craciun fericit” (Natale felice) come da noi si dice “Buon Natale”. La Romania è una costola dell’Italia sia pure con tipicità dell’Europa orientale. Quando l’imperatore Traino sottomise i Daci nel 106 d. C. vi stabili l’Amministrazione di Roma che ha colonizzato per molto tempo quelle popolazioni quasi private dei maschi morti in battaglia e deportati altrove come faceva Roma vittoriosa. L’identità romena attuale risente ancora molto delle tradizioni di Roma ad iniziare dalla lingua neolatina. La Lupa Romana svetta nelle principali piazze delle città grandi e piccole della Romania. I romeni sono a stragrande maggioranza di religione cristiana ortodossa, più una rilevante minoranza di cattolici soprattutto tra i Magiari o Ungheresi romeni, discendenti di Attila, il flagello di Dio.

Nel mio libro, edito da leolibri.it, dedicato anche alla religiosità dei romeni della regione di Hunedoara in Transilvania o accennato al culto dei loro santi e alle chiese disseminate dappertutto nel vasto territorio romeno. Da noi si canta “Tu scendi dalle stelle o Re del cielo…” la notte di Natale, in Romania, invece, si canta: “O, brad frumos, o, brad frumos, Cu cetina tot verde, Tu ești copacul credincios, Ce frunza nu și-o pierde. O, brad frumos, o, brad frumos, Verdeața ta imi place, Oricând o vad sunt bucuros, Si vesel ea mă face. O, brad frumos, o, brad frumos, Cu frunza neschimbată, Mă mângâi și mă faci duios, Și mă-ntărești îndată. O, brad frumos, o, brad frumos, Verdeața ta îmi place, Oricând o văd sunt bucuros, Și vesel ea mă face”. (“O abete bello con chioma verde, tu sei albero religioso Cche non perde foglia….”). La festa pagana o precristiana del grande fuoco d’inverno, in Romania, è rimasta meno sepolta o nascosta da altri riti successivi, rispetto all’Europa occidentale: Italia, Francia e Spagna in primis. In Romania il Natale è più sentito che in Italia? Apparentemente si, poiché è più gioioso come si confà alla nascita di una nuova vita (dell’Homo sapiens in particolare) specialmente se il bambino è semidivino come in tutte le religioni e i miti antichi che ci tramandano, attraverso scritti e tradizioni orali (Odissea, Eneide, ecc.) l’inizio del tutto e della stirpe: metà uomo e metà divinità: Romolo e Remo erano figli di Rea Silvia, una vestale, e di Marte, Dio della guerra. Il filosofo Plotino scriveva che tutti gli uomini nascono per “metà animali e per l’altra metà divini”.  A Venezia più che la magia del Natale sembra essere attesa quella del Carnevale, forse liberatorio del micidiale coronavirus pandemico che comincia ad avere varianti proteiche minacciose e raccapriccianti. In Romania le colinde o canti festosi d’inverno si cantano in famiglia, ai piccoli, a scuola, per le strade e i giovani bussano alle porte delle famiglie con canti gioiosi, analogamente al settentrione d’Italia con la “Chiara stella”, mentre in alcuni paesetti del sud Italia si accende ancora il fuoco nei rioni come ad esempio a Letino (CE), dove si canta ancora la filastrocca atta a farsi dare in dono legna da portare sul fuoco natalizio, che arde per più giorni. Il presepe natalizio è spesso vivente come a Cusano Mutri (BN) San Polo Matese (CB), ecc., mentre nel settentrione solo nelle chiese avviene. In Romania le scuole festeggiano la settimana che precede il Natale in modo più festoso che in Italia con addobbi nelle aule. Nel Colegiul Tehnic, attuale Liceo Tecnologico “Transilvania” di Deva/Hunedoara, dove lo scrivente ha insegnato, si addobbavano alcune aule con diverse tradizioni natalizie: italiane, francesi e inglesi poiché tre erano le sezioni di lingue straniere per gli oltre 1000 studenti frequentanti. Si cantava il Natale, ciascuna sezione con la canzone del Paese di riferimento linguistico, e i doni abbondavano sulle tavole imbandite, quella italiana era particolarmente curata dagli studenti e dalla prof.ssa Daniela Sintoma e per un anno anche dal prof. Nitu Bogdan Gabriel, che poi è diventato prete ortodosso e capitano di polizia locale e regionale. A Pasqua, spesso non coincidente con quella ortodossa, ero invitato dai colleghi cattolici, consorti, Holga e Daniel Heredea (cattolica lei e  ortodosso lui), e ricordo i riti un pò diversi dai nostri, ma molto sentiti e festosi. La religione cattolica, non è come i profani pensano, triste, ma festosa e gioiosa-lo ribadisce anche papa Francesco- soprattutto nelle ricorrenze del Natale e della Pasqua. Anche nelle Biblioteche pubbliche, la Romania ha un buon e diffuso sistema bibliotecario, si festeggiava la vigilia di Natale come nella Biblioteca regionale o judetiana “Ovidiu Densusian” di Deva. La stessa Rivista “Vox libri” pubblicava articoli dedicati all’evento straordinario del Natale, che in Europa è ancora sentito nonostante la diffusa secolarizzazione o indifferenza alle religioni, né il comunismo romeno è riuscito a cancellare dalla coscienza individuale e collettiva di quelle popolazioni l’aspirazione al divino che le religioni organizzano ciascuna a modo suo, ma sempre utile per l’evoluzione culturale dell’Homo sapiens che è presente da 36 mila anni sul pianeta Terra. Tale evoluzione forse condurrà l’Uomo verso un unico stato globale federale con più religioni (all’Onu spetterà anche la funzione di redimere eventuali contese religiose) sotto il controllo della comunità scientifica momdiale che srà tollerante e non intransigente come fanno spesso le dittature tecnologiche (il nazismo tedesco fu una di quelle che l’umanità ricorderà per sempre poiché bruciarono nei forni non solo milioni di ebrei ed altri ma circa 35 mila bambini ricordati nella triste canzone“Auschwitz”che, pessimisticamente, prospetta la belva umana assetata di sangue fratricida) del vertice al comando della res publica globale. La Polonia allora fu massacrata dall’imperialsmo tedesco e russo, ma resta cattolica, soprattutto dopo il loro papa che non aveva paura dei saperi scientifici e rivalutò, con ritardo, Galileo Galilei, che invece nel XVII sec. fu costretto all’abiura e il colto, nolano monaco Giordano Bruno, messo al rogo.

Il popolo tedesco, originatosi sull’antico ordine prussiano e militaresco si oppose pochissimo all’incolto dittatore, che da nullafacente lo seppe arringare perché poco istruito e quei pochi solo di cultura tecnica basilare per la già potente industria diffusa. Ma la Germania attuale è per metà cattolica e per metà Luterana con pochi atei a differenza della vicina Russia e dei suoi ex satelliti, fatta eccezione per la Polonia. Un mio collega A. F. Barcaro scrisse un saggio “La Croce dell’Est” dove poneva in risalto che nonostante la dittatura comunista figlia del bolscevismo marxista e ateo, la religiosità russa non era morta, anzi si era rafforzata. Il comunismo con il considerare la religione oppio dei popoli si diffuse con Mao anche in Cina, che pure ha diffuso il secolarismo o indifferenza al religioso nonostante il recentissimo accordo segreto Vaticano-Cina. Pure nell’ambiente cinese, come in molte ambienti sociale dell’Occidente, il Natale è una festa religiosa, anche se si è convertita sempre più in una strategia di marketing e fingiamo di essere tutti più buoni e generosi. I cinesi religiosi credono prevalentemente nel Buddhismo e nel Taoismo, il Natale viene concepito come una celebrazione pagana di importazione in cui l’economia ha un ulteriore rilancio dopo l’11 novembre, giornata dei single e di sconti su Taobao e Alibaba. I cinesi hanno un’idea tutta loro del Natale: è una rivisitazione della celebrazione occidentale in chiave asiatica. Qualche elemento in comune però c’è. Se in Occidente iniziano a comparire i primi addobbi e le prime luci già a metà novembre, in Cina sono in ritardo solo di un paio di settimane. Le decorazioni sono molto simili a quelle tradizionali: alberi di Natale, luci colorate, Babbi Natale, vestiti rossi dal bordo bianco e cappelli con il pompon. Anche le canzoni hanno il ritmo tradizionale, cambiano solo le parole, o meglio i caratteri. I giorni prima di Natale spuntano cori ad ogni angolo, soprattutto sono impiegati di aziende che, dopo ore e ore di prove, si esibiscono intonando le canzoni più famose. Anche lo scambio di regali è molto simile a quello svolto in molte parti dell’occidente. Tra colleghi o gruppi di persone più grandi si porta un solo regalo che verrà assegnato a sorte ad un’altra persona: così si evita di pensare ad un regalo per ciascuno. Ci si scambiano poi gli auguri di Buon Natale secondo tradizione. Una tradizione esclusivamente cinese riguarda il regalarsi una mela. Questo gesto ha una spiegazione linguistica: in cinese mela si dice pingguo, e per assonanza ricorda il carattere ping dal significato di pace e serenità. Regalare una mela significa augurare serenità. Un esempio della profondità della lingua cinese. Fin qui tutto bene, festeggiare il Natale in Cina sembrerebbe perfetto, se non che ogni cosa appare molto finta e per questo, per chi è abituato a sentire il Natale come una ricorrenza elettrizzante, la magia del periodo natalizio viene a mancare. Dunque in Cina il Natale non è una festività sentita dal punto di vista religioso, ma solo un’imitazione dell’Occidente. Il Capodanno cinese è anche meno festeggiato del Natale. Il passaggio dal 31 dicembre al primo gennaio è semplicemente un cambio di mese come potrebbe esserlo da maggio a giugno. Questo perché il calendario a cui fanno riferimento in Cina è quello lunare, e non solare. Il loro capodanno varia ogni anno e cade tra la metà di gennaio e la metà di febbraio. Quando e come lo festeggiano, anche in Italia e a Padova, è stato ampiamente descritto nel mio saggio La Cina e i cinesi in Italia, pubblicato da leolibri.it

In Giappone il Natale non è festa nazionale e quindi le scuole e gli uffici sono generalmente aperti. Il periodo natalizio è però abbastanza sentito dalla popolazione giapponese, anche se in modo differente rispetto all’occidente. Il Natale è visto dai giapponesi come un periodo di felicità diffusa piuttosto che una celebrazione religiosa (in realtà sempre meno sentita anche da noi). Il 24 dicembre è considerata una festa per gli innamorati e per le famiglie con bambini piccoli; le coppie vanno a cena fuori, soprattutto al ristorante italiano o francese, ma c’è anche un altro modo di festeggiarlo, ossia andando a mangiare. A dicembre e spesso anche da novembre, nelle città giapponesi si  ammirano luminarie, addobbi natalizi e qualche mercatino di natale in stile europeo, come per esempio quello di Roppongi Hills, aperto, a volte, dal 26 novembre fino al 25 dicembre, con tanto di cibi e bevande tipiche della Germania. Ma torniamo in Europa, culla di tanta evoluzione culturale e dove la schiavitù fu abolita per primo, di fatto dalla Repubblica di Venezia nel 960 d.C. con la pro missione ducale dal doge Pietro IV Candiano, che formalmente vieta il commercio di schiavi, mentre di fatto esso continua fino a tutto il XVII secolo. La promissione infatti proibisce il commercio di schiavi cristiani, mentre con il colonialismo in Usa fu abolita molto più tardi da Lincoln. Una delle usanze bavaresi, regione tedesca più cattolica di altre, è quella delle Klöpfelnächte, dove tre giovedì prima di Natale, i bambini si vestono da pastori e bussano alle porte. Quando gli viene aperta la porta, i piccoli ricompensano i proprietari delle case cantando canzoni e invocando benedizioni su di loro per la raccolta ventura e per la casa e per ricompensa ricevono un piccolo dono. Altra tradizione bavarese è quella del Christbaum-Loben, ossia di lodare l’albero natalizio: si va di casa in casa, da amici e parenti, lodando con la massima eloquenza i loro alberi di Natale. Dopo non molto, gli occhi dei “lodanti” luccicano almeno come le luci natalizie, questo grazie ai grappini offerti! Beh, non sarebbe carino rifiutare a Natale, non pensate? Mentre in Francia una delle usanze della familiari è quella di preparare il presepe natalizio, formato da piccole statuine d’argilla, chiamate santouns, e di vestirle con i costumi tradizionali. La tradizione è stata tramandata di generazione in generazione, sin dal diciassettesimo secolo, ed è molto viva soprattutto nelle località di Marsiglia, Aix en Provence o Augagne. I bambini amano in particolare la figura del piccolo Ravi, un allegro personaggio che con una lanterna fa luce verso il sentiero in direzione del presepe. A Marsiglia, il natale si arricchisce delle celebrazioni della Fiera dei Santoun, una grande mostra di presepi di forte realismo. Da Padova verso nord la tradizione dei mercatini di Natale è diffusa anche se è nel Trentino Alto Adige che è ancora più presente. Essa ha contagiato pare o viceversa anche la grande madre russa di un tempo e la repubblica attuale. Sono molti e diversi i mercati organizzati nel periodo di fine anno dislocati in vari punti della metropoli di Mosca. Non mancano nemmeno le piste di pattinaggio nelle quali adulti e bambini possono divertirsi lanciandosi in una corsa sul ghiaccio. Tra i mercatini da non perdere c’è quello di Izmailovo, dove a farla da padrone sono gli oggetti creati dagli artigiani che lavorano il legno e le bancarelle che si affacciano sulla Piazza Rossa. Qui, circondato dalle luci della festa, puoi girovagare tra i venditori che propongono artigianato, prodotti gastronomici e dolci tipici. C’è spazio anche per spettacoli musicali e intrattenimento per i più piccoli. E per riscaldarti dal freddo, più che vin brulè vi è la classica vodka. Alla Cattedrale di San Basilio, punto di riferimento per tutte le festività religiose, viene arricchita da luminarie e intorno alla Piazza Rossa  ruotano i festeggiamenti, religiosi e profani, legati alle festività del Natale e del Capodanno. È qui che si ritrovano i turisti per godersi il Natale a Mosca ed è qui che i russi si riuniscono per festeggiare. Negli USA (da ma visitati più volte anche insieme al collega di storia del liceo scientifico di Gualdo Tadino-PG- e giornalista, Alberto Cecconi, in visita ad un suo  conterraneo umbro a Columbus, Mauro Monsignori, ammogliatosi con un’americana doc e con due figlie, come da fotografia sia pure un po’ sbiadita dal 2003 che fu scattata davanti casa di Monsignori e famigliola), alcuni giorni prima del Natale, gli americani sono impegnati nella corsa ai regali.

Si parte dal Black Friday, la stagione della caccia al regalo migliore per amici e parenti è aperta, ma come sempre in molti si riducono all’ultimo ed il risultato è che i negozi sono affollatissimi fino alla fine del 24 dicembre, in un crescendo di frenesia commerciale che si arresta solo il 25 dicembre. In Argentina, a Buenos Aires, dicembre è il mese che dà inizio all’estate: è il mese per mangiare il  gelato, per prendere il sole ed andare in spiaggia come mi successe nel 2000. Natale, infatti, in tutti gli Stati, è una public holiday, cioè una giornata di chiusura per banche ed esercizi commerciali. Gli americani, quindi, si riappropriano del carattere più intimo della festa: se da una parte riunioni in famiglia e un prelibato pranzo natalizio uniscono tutti gli americani, dall’altra famiglia che vai tradizione che trovi. A causa della composizione multietnica della popolazione, ciascun nucleo familiare segue riti e usanze differenti, onorando il  proprio credo e le proprie origini. Ho terminato di scrivere un saggio ambientale e di Ecologia Umana: ”Canale di Pace. Paure da covid19 chi vuole la pace non vuole la guerra ma uno stato globale”. In esso, tra l’altro, delineo l’evoluzione del suddito a cittadino come lo vuole anche l’art. 4 della nostra Costituzione, e un futuro  stato globale che indico negli Usa. Negli Usa vedo il destino di guidare lo stato globale del cittadino in modo federale dei 196 stati attuali. Ciò a causa del fatto che hanno più esperienza di, sempre difficile e problematica, integrazione razziale ed etnica; sono più democratici di altri perché hanno il pluripartitismo, tipico delle democrazie; sono non poco estesi e popolati tra i 4 grandi stati esistenti (Russia, Cina e India) e, infine, sono anche più ricchi di benessere diffuso (Pil procapite è da 6 a 12 volte quello degli altri 3 suddetti) anche se non mancano sacche di indigenti tra i neoimmigrati dai Paesi del Sud del mondo. La diffusa antipatia verso gli Usa deriva da una moda dei radicalsich, dall’imperialismo propagandistico di altri stati imperialisti e dal nostrano ed europeo Sessantotto, che distrusse vecchi valori seminandone altri triti e ritriti di disobbedienza e poca costruzione di un mondo migliore. Nel libro auspico che la scienza si interessi di più anche del capitale immateriale compreso quello culturale sociale e religioso senza lasciarlo solo ad alcuni saperi unaministici come dice anche il Fisico superdecorato per meriti scientifici, Federico Faggin, nel saggio “Silicio. Dall’invenzione del microprocessore alla nuova scienza della consapevolezza”.

 

 

 

 

Giuseppe Pace – cultore di ecologia umana e già prof. in Italia ed estero.

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