Politica

Manovra 2023, il Consiglio dei ministri approva la Legge di bilancio

Napoli, 22 Novembre – Il Consiglio dei ministri ha approvato la Legge di bilancio per il 2023. Dal primo dicembre lo sconto sui prezzi dei carburanti si riduce dall’attuale taglio di 30 centesimi a 18,3 centesimi. È confermato che dal 2023 si passerà a quota 103. Si potrà andare in pensione a 62 anni di età, con almeno 41 anni di contributi. Confermate Ape sociale e Opzione donna con delle modifiche. Cambia ‘Opzione donna’: l’anticipo della pensione per le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi, che in manovra sarà prorogato di un anno, sarà anche legato al numero di figli.

Secondo quanto si apprende potranno uscire a 58 anni le lavoratrici con due o più figli, a 59 chi ha un figlio e a 60 chi non ne ha. Si va verso un aumento delle pensioni minime a circa 600 euro. Andiamo al parere degli esperti, cominciando con un po’ di ironia. “Credo che ogni legge di bilancio debba basarsi sulla famosa domanda che Ugo La Malfa era solito fare in Parlamento: – Chi paga? -“ Riccardo Puglisi, economista. È una domanda legittima che ne scaturisce un’altra. “Avremo finalmente meno tasse ed un’economia più liberale? “Il miglioramento della condizione di chi soffre non dovrebbe mai avvenire per il tramite del peggioramento della condizione di chi sta meglio. Fare questo implica un approccio socialcomunista al problema. È troppo facile e comodo reperire risorse tagliando e penalizzando altri.” Luigi Bobbio, magistrato e già senatore della Repubblica.

Statalismo duro a morire, dunque. “Le misure del Governo su cartelle sotto 1.000 euro e rottamazioni varie sono certamente utili come le precedenti, ma non risolutive come le precedenti. Il carico di ruoli non riscossi continua la sua corsa: 809,5 miliardi a fine 2018; 954,7 miliardi a fine 2019; 986,7 miliardi a metà 2020; 999,1 miliardi a fine 2020; 1.099 miliardi a fine 2021; 1.132 miliardi oggi. È il sistema nel suo complesso che non funziona e deve essere riformato, con regole chiare e automatiche di abbandono delle partite ormai perse, assistite ovviamente da ferrei meccanismi di controllo sulla linearità e trasparenza dell’operato dell’agente della riscossione, per altro già oggi significativi. Senza questi asettici e silenziosi automatismi, si dovrà continuare ancora e ancora, volenti o nolenti, a periodici interventi di condono che fanno rumore e confondono le idee. Nonostante queste evidenze vengano portate da anni all’attenzione del legislatore non da fantomatici “amici degli evasori”, ma dagli stessi vertici dell’ente pubblico preposto alla riscossione, lo strisciante comun denominatore di tutti gli ultimi governi e relative maggioranze parlamentari ha reso impossibile questa riforma e gettato le basi perché i tanto odiati condoni continuino a rendersi necessari. Chissà che, dopo questo primo rapido intervento di emergenza, non sia la volta buona per battere l’ideologia di chi non saprebbe distinguere un condono da una riforma nemmeno dopo un master tributario da 1.000 ore e voltare finalmente pagina.” Enrico Zanetti, economista e già parlamentare della Repubblica.

Dalla Sinistra, poi, ci sono le soluzioni ora che non governano “Aiuti contro il caro energia per soli 3 mesi. Guerra contro i poveri e favori agli evasori. Poco o nulla per il lavoro e la crescita. Dulcis in fundo (si fa per dire…), da dicembre aumentano benzina e gasolio. È una legge di bilancio che aggraverà la crisi economica e sociale.” Antonio Misiani, PD.

Giuseppe Conte difende il reddito, ma è davvero la salvezza per i meno abbienti? “Ha detto Conte che è disumano tagliare il reddito di cittadinanza. No Conte. Chi davvero è in difficoltà in Italia è tutelato da sempre. Da prima che istituissero questa immorale, odiosa mancia elettorale. Lo Stato italiano spende per il welfare (con i tre pilastri: Sanità, Politiche Sociali, Previdenza) 632 miliardi (secondo il think thank “Welfare Italia”) di euro l’anno, su una spesa totale di 1000. Oltre la metà di tutta la spesa pubblica, quindi, è utilizzata per finanziare un gigantesco Stato sociale. No caro Conte, disumano è costringere gli italiani, con redditi medio bassi, a pagare uno stipendiuccio aggiuntivo a chi è, più o meno, nelle sue medesime condizioni economiche, ma può occultare facilmente le entrate. La fine del reddito di cittadinanza, piuttosto, deve essere il primo atto da cui partire per una revisione profonda e radicale del nostro scandaloso e insostenibile sistema fiscale.” Gerardo Verolino, giornalista.

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