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L’Ambiente tunisino in agitazione tra innovazione e conservazione

Napoli, 27 LuglioL’ambiente tunisino, ancora una volta, è agitato nella ricerca di una via conciliante tra innovazioni necessarie e tradizioni volute da politici con feudi elettorali consolidati. Tra innovazione e tradizione lo scrittore italiano, Ignazio Silone, così si esprimeva circa un secolo fa: “la tradizione è conservare. Conservare può anche significare mantenere la miseria. Innovare è trasformare. Innovare può anche significare distruzione”. Egli capiva bene che un cattivo conservatore è come un altrettanto cattivo innovatore. Dunque si cerca sempre un equilibrio possibile ta l’ambiente da innovare e quello da conservare, soprattutto in Democrazia, basata su tre poteri: legislativo del parlamento, esecutivo del governo e giuridico della magistratura. In Tunisia la corruzione è più vistosa di altre parti e il potere della Magistratura va rafforzato da norme migliori.

Il 2 novembre 2020 l’emittente privata tunisina El Hiwar Ettounsi manda in onda un’inchiesta su un carico di rifiuti arrivato da Salerno nel porto di Sousse. Si parla di quantità ingenti: 282 container tra fine maggio e inizio luglio 2020, per circa 12.000 tonnellate di rifiuti non conformi agli accordi internazionali, bloccati dalla dogana di Tunisi. Il giorno stesso, il Governo tunisino annuncia l’apertura di un’inchiesta giudiziaria per traffico di rifiuti. Nell’ambiente (insieme di natura e cultura) è prevalente quello politico perché interessa il governo della res publica. Essa già dai tempi del Senato di Roma caput mundi era governata da senatori di due tipi d’estrazione reale e ideale: populares e optimates o conservatori. In Tunisia attualmente chi governava in Parlamento: i populares o gli optimates? Bisognerebbe essere tunisino da decenni per saperlo bene, ma da ciò che ho potuto vedere ed appurare sul campo della ricerca ambientale, in ambiente politico tunisino c’è una gara tra optimates che parlano in nome del popolo. Si ricorda che anche Giulio Cesare era un senatore populares pur discendente di una famiglia nobile. Negli ultimi decenni, dopo il leader storico H. Bourguiba che ha governato la Tunisia fino a formare un suo partito unico nel panorama democratico tunisino, perciò fu sostituito da chi ospitò anche B. Craxi ad Hammamet, dove c’è la sua tomba.

Poi da circa 3 decadi l’instabilità politica tunisina è in crescendo fino all’arrivo delle primavere arabe o dei gelsomini (in Tunisia abbondano i gelsomini) con scioperi e tumulti popolari per il carovita principalmente. Ed ora un presidente della Repubblica che invoca l’art. 80 della Costituzione e scioglie il Parlamento privando i suoi membri delle garazie dell’immunità di parlamentari. Lo ha fatto per pochi mesi, come decretava il Senato di Roma quando era necessario un dittatore temporaneo per sedere gli animi e le rivolte interne. A sentire alcuni tunisini c’è una corsa tra presidenza della repubblica e parlamentari verso il popolo al quale fanno dire: “vogliamo più islamizzazione del paese”! E’ cosi? Non c’è da meravigliarsi perché il popolo è in genere poco colto, informe, anonimo, ingenuo e gli si fa dire quello che pochi agitatori desiderano che dica. E’ sempre stato così, purtroppo. Sto per pubblicare un saggio ambientale: ” Canale di Pace. Evoluzione del suddito in cittadino”.  In esso delineo che il suddito non è solo il servo della gleba medievale o lo schiavo romano oppure arabo, ma può essere il cittadino asservito al feudo elettorale moderno dove i politici fanno favori in cambio di voti. Se è così in Europa, figuriamoci in un ambiente ad economia meno avanzata dove le dipendenze del povero dal ricco sono maggiori. In Tunisia a soffrire maggiormente sono i commercianti ed il ceto medio per il valore basso del dinaro e per il costo della vita. Nell’ambiente tunisino si rilevano caratteri basilari di modernità europea intrisi di venature tradizionaliste che spingono verso la provincia islamizzante.

E si sa che quando subentra la religione nel governo della res publica le cose si complicano. 7 secoli di Cartagine, 6 secoli di Roma, poi un periodo instabile tra vandali e bizantini e poi il lungo dominio ottomano che ha impresso nel popolo la lingua, che il ceto medio preferisce sostiture con il francese derivato da 75 anni di protettorato fino alla liberazione del 1956, prima ancora dell’Algeria e senza sparimento di sangue grazie a H. Borguiba. Ora come si evolverà l’ambiente tunisino tra il braccio di ferro del presidente che usa i militari, come sempre avviene in mancanza di garanzie democratiche, e gli scioperi già programmati e annunciati come quello dei pescatori. L’Unione tunisina dell’agricoltura e della pesca (Utap) ha annunciato una giornata di agitazione per il prossimo 30 settembre da parte dei pescatori che osserveranno sit-in tutti i porti del Paese per denunciare il deterioramento della situazione della loro attività, a causa del rifiuto dell’autorità di controllo di far rispettare le disposizioni degli accordi firmati. La prevaricazione del ministero di vigilanza ha determinato l’aggravarsi dei problemi del settore, soprattutto con lo sviluppo della pesca illegale, il deterioramento delle infrastrutture e dei servizi portuali, la non applicazione delle disposizioni dell’accordo sul monitoraggio satellitare delle imbarcazioni e l’assenza di un sistema di sicurezza sociale equo”.

L’Utap ha anche annunciato l’organizzazione di una ‘giornata nazionale della rabbia’ il 14 ottobre prossimo. (ANSA). Se il classe media tunisina prenderà l’iniziativa c’è da sperare in un’innovazione ambientale tunisino, viceversa la fuga esasperata verso un passato misero non lascierà sperare bene. E’ nel ceto medio che ci sono i cittadini capaci di pensare democraticamente e che non invocano l’uomo solo al comando, che il popolo osanna sempre! Il congresso internazionale sul decennio 2010-2020 tenutosi all’Università di “Il decennio delle mutazioni sociali in Tunisi 2010-2020: pensieri di dinamica sociale”. Le università tunisine soffrono di secolarizzazione e la burocrazia mnasconde non poco di inefficienze. La cultura è vincente sempre e in ambiente tunisino dovrebbe essere più libera dalla tradizione che affossa tutto con l’omertà e la religione, che oltre 6 volte al giorno obbliga a sentire le preghiere dai numerosi minareti.

 

 

 

 

Prof. Giuseppe Pace (sp. internazionale di Ecologia Umana Università di Padova)

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