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LA RIFLESSIONE – Il lato disumano degli algoritmi

Napoli, 26 Agosto – Partire nel tardo pomeriggio è rilassante, oltreché comodo: il periodo di ferie è, infatti, terminato, però ho approfittato delle ore mattutine per godermi un altro po’ di mare, nonché – considerata la signorilità che in parecchi m’attribuiscono – per rivolgere un cordiale arrivederci a tutti coloro che hanno contribuito a rendere ancor più spassoso il mio soggiorno nella Riviera dei Cedri, a cominciare – com’è ovvio – da chi lavora onestamente, come bagnini, spiaggisti, cuochi, camerieri e fattorini.

Ora che sono in viaggio, è mia intenzione spendere alcune parole proprio a difesa di questi ultimi, traendo spunto da una notizia che ho letto circa un’ora fa.

Ebbene, mentre ero comodamente seduto sulla mia poltrona di bordo…ho appreso che una nota azienda operante nel settore del food delivery (consegna a domicilio di vettovaglie) sta irrogando sanzioni a iosa (nello specifico, multe, ovverosia ritenute da una a quattro ore di stipendio) nei confronti dei propri dipendenti, i quali non sarebbero abbastanza lesti nell’effettuare le singole consegne. Il motivo di una siffatta politica aziendale è da identificarsi nell’impiego dell’intelligenza artificiale (IA), sistema che ha le proprie colonne portanti negli algoritmi, ossia in schemi e procedimenti di calcolo: essi fanno sì che un’operazione (quale che sia) debba essere posta in essere seguendo un iter prestabilito, finanche a livello temporale.

La protagonista della vicenda narrata dai media è una ragazza di trentatré anni, la quale, per sbarcare il lunario, deve necessariamente avere più di un impiego (e c’è chi, pur avendone uno…stabile, si ostina a fare piagnistei pressoché turpi): difatti, al mattino è sottopagata non so dove – ella non ha, invero, dichiarato quale sia la sua prestazione lavorativa diurna -, mentre la sera va a consegnare pasti e bibite agli avventori che, grazie ad un’applicazione (oramai, senza le apps risulterà complicato perfino verificare, un domani, se il WC sia libero o meno!), possono evitare di mettere il muso fuori di casa, specie se fuori tira vento, oppure piove a dirotto.

Tutti stanno spaparanzati su qualche sofà, mentre la giovane in questione – alla quale va tutto il mio sostegno – deve pagare lo scotto di un sistema che, come è ben possibile constatare, ha anche un numero elevato di falle. In altre parole, costei (che si serve di una bicicletta ad alimentazione elettrica), con la spada di Damocle del possibile licenziamento, è costretta ad andare il più veloce possibile per centrare gli obiettivi assegnatile dalla società che l’ha assunta (i riders si son visti riconoscere lo status di dipendenti dopo una caterva di battaglie legali).

Lei s’impegna al massimo – per dirla con Vasco Rossi…va a gonfie vele! -, ma un’imposizione del genere potrebbe compromettere significativamente la di lei incolumità, od anche (ma ci auguriamo che ciò non avvenga!) farle esalare anzitempo l’ultimo respiro.

Mia cara, voglio ora rivolgermi a Te: la condotta del Tuo datore vìola palesemente non solo il Decreto Legislativo 81/2008 in tema di Salute e Sicurezza sul Lavoro (TUSL), bensì anche la disposizione del Codice Civile da cui esso trae spunto, ovverosia quell’art. 2087, dal momento che vengono poste a repentaglio sia la Tua integrità fisica, sia la Tua dignità morale!

L’intelligenza artificiale, cari Lettori, può dare un valido contributo alla crescita del nostro Paese, ma non va assolutamente tralasciato che ricorrervi maldestramente è assai pericoloso.

L’essere umano va rispettato in quanto tale, non trasformato in automa per riempire il portafogli del Sciur Padrùn!

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