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IL PUNTO – Infibulazione e fondamentalismo islamico

Napoli, 2 Ottobre – L’intreccio tra Islam radicale e violento e pratiche delle mutilazioni genitali femminili sta sconvolgendo, ogni giorno in maniera molto brutale, la vita di molte bambine e donne che hanno l’unica colpa – se tale la si può definire – di essere nate in un contesto familiare connotato dalla professione delll’Islam fondamentalista, quale forma di ʺfanatismo religioso-esistenzialeʺ radicalmente chiuso al confronto costruttivo con l’esterno.

Ciò premesso, non si può non apprendere, rabbrividendo, che in Italia, secondo le stime più precise, le donne e bambine vittime di mutilazioni genitali sarebbero 88mila, come evidenziato nella trasmissione ʺDIRITTO E ROVESCIOʺ da sempre, brillantemente, condotta da Paolo Del Debbio (per riscontri oggettivi in materia          si guardi il video di cui al link sotto indicato: https://mediasetinfinity.mediaset.it/video/drittoerovescio/migliaia-di-donne- islamiche-a-rischio-infibulazione_F313481001003C10) .

Ne deriva che le donne (e bambine una volta diventate adulte), vittime di infibulazione (quale pratica non meno bestiale dello stupro), saranno, per sempre, private della gioia di vivere, in maniera sana, piena ed equilibrata, la loro femminilità, principalmente a livello di rapporto di coppia con il marito.

Risulta, dunque, necessario evidenziare che, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), con l’espressione “mutilazioni genitali” si fa riferimento a “tutte le pratiche di rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o ad altre alterazioni indotte agli organi genitali femminili, effettuate per ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche.”

Le mutilazioni genitali costituiscono un atto estremamente traumatico in grado di determinare gravi conseguenze sulla salute fisica, psichica e sessuale delle bambine e delle giovani ragazze che le subiscono.

Si conoscono vari tipi di mutilazioni genitali femminili (MGF) con diversi livelli di gravità, di cui la più radicale è comunemente chiamata infibulazione, una pratica diffusa prevalentemente nell’Africa Subsahariana che l’immigrazione ha fatto conoscere anche in Europa e in Italia. Secondo la Legge 9 gennaio 2006, n. 7 – “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminile”, chiunque pratichi l’infibulazione è punito con la reclusione da 4 a 12 anni, pena aumentata di 1/3 se la mutilazione viene compiuta su una minorenne, nonché in tutti i casi in cui viene eseguita per fini di lucro. (fonte:https://www.salute.gov.it/portale/saluteBambinoAdolescente/detta glioContenutiSaluteBambinoAdolescente.jsp?id=1925&area=saluteBambino&me nu=nascita).

Dobbiamo, poi, riflettere, al di là dell’imprescindibile dato socio- normativo sopra riportato, su di un altro aspetto di non poco rilievo che costituisce una domanda che ogni uomo professante l’Islam deve porsi con coscienza, ossia: quale uomo coscienzioso può averne piacere che la propria moglie sia stata privata, prima delle nozze, di una parte così rilevante della propria femminilità e quale uomo, che tale possa definirsi, potrebbe approvare e permettere mai che una figlia, una sorella, una cugina od una fidanzata o futura moglie, possa subire una tale violenza a connotazione marcatamente sessuale, al fine di garantire una presunta ʺonestà in materia sessualeʺ da parte della vittima?

Questo accade, purtroppo, nei contesti connotati da islamizzazione selvaggia ed incontrollata, divulgata e sostenuta da Imam sprovvisti di adeguata preparazione teologica che si improvvisano ʺal servizio dei fedeli di Allahʺ, ma che, in realtà, non hanno nessun titolo per potere istruire i loro fedeli.

Bisogna, dunque, provvedere ad espellere gli ʺImam abusiviʺ e chiudere, su tutto il territorio nazionale italiano, le ʺmoschee abusiveʺ (specialmente quelle ʺocculteʺ con dispiegamento di un contingente molto numeroso di Forze dell’Ordine dietro coordinamento del Ministero dell’interno in accordo con le Prefetture), al fine di potere creare il terreno fertile per provvedere alla rieducazione socio-religiosa e familiare, ad opera degli Imam con le ʺcarte in regolaʺ, degli uomini e dei capi-famiglia musulmani ʺviolentemente indottrinatiʺ, in maniera tale da garantire alle donne nate o nascenti (in Italia) in famiglie musulmane, una vita dignitosa, nel rispetto della loro identità psico-fisica e sociale, sulla scia di quanto previsto e sancito agli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica Italiana.

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