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IL PUNTO – Educazione al senso civico, considerazioni sulla “nuova educazione civica” teorizzata dal Ministro Valditara

Napoli 11 Agosto – Consapevolezza di appartenere alla Patria, promozione della cultura del dovere, educazione all’importanza del lavoro, e…patatrac: pioggia di critiche a valanga nei confronti del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara (autorevolissimo giusromanista, oltreché persona di un’intelligenza mostruosa). Già, perché oggigiorno la mentalità di parecchi è improntata all’esaltazione dell’ego, al disinteresse verso l’altro, alla prevaricazione, e – complice una misura assistenzialista (nonché costituzionalmente illegittima, sebbene qualche giurista non sia d’accordo) che, per ovvie ragioni, non ho intenzione di nominare nel presente scritto – non manca chi ritiene d’avere il diritto a rimpinguarsi le tasche bighellonando per casa o per la città, ovvero rimanendo steso sul divano, a spese di una collettività formata (ringraziando Dio) da individui che s’ammazzano di lavoro.

Cari Lettori, il progetto che balena nella mente del titolare di Viale Trastevere non presenta affatto i connotati di un’iniziativa populista, ma, al contrario, intende dare avvio alla trasmissione, nei nostri ragazzi, di valori da tempo cristallizzati nella nostra Carta Costituzionale: ciò giustifica il proposito, non di certo folle, di far sì che il tutto prenda le mosse dalla scuola, ossia dalla prima formazione sociale dopo la famiglia ove il Cittadino dell’avvenire ha modo di interagire con altri soggetti e, contestualmente, inizia a comprendere i rudimenti delle problematiche quotidiane.

Non è un caso, poi, che quel senso civico in cui i nostri ascendenti si sono egregiamente distinti stia gradualmente volgendo al tramonto: si fatica, invero, ad ammettere che il sistema scolastico è in degrado, anche (ma, si badi, non solo) a fronte della scarsissima – anzi, oserei dire infima – qualità dei metodi che qualche insegnante, per così dire, improvvisato, con interessi orientati a tutto, fuorché al proprio lavoro (che, a parer mio, è una missione, considerata la rilevanza morale e giuridica che lo connota), sistematicamente adotta. In parole semplici, la lezioncina basata sulla lettura ad alta voce del manuale in adozione, senza coinvolgere la scolaresca in alcun dibattito, si rivela profondamente dannosa per i giovani, che si abituano da subito a comportarsi come le pecore (il libro dice così, quindi noi lo ripetiamo; sul libro sta scritto che, e robe simili).

Un andazzo del genere accresce, altresì, l’incensamento eccessivo della propria personalità, oltre – ovviamente – a modellare il pensiero dei discenti unicamente su quanto è scritto nei libri e/o teorizzato da qualche falsus magister, senza permettergli di sviluppare quel senso critico a mio avviso essenziale per far progressi.

Il senso di appartenenza ad una civitas (cioè, ad una comunità, a prescindere dal nome con cui la si intende chiamare) aiuta ad accrescere il senso di responsabilità di ogni individuo, il quale, consapevole di non essere da solo, è chiamato ad agire in modo da non danneggiare coloro con cui, a vario titolo, costruisce rapporti. In sintesi, è d’uopo apprendere il reale significato della parola «solidarietà», costituente oggetto del principio sancito dall’art. 2 Cost.

Giova, inoltre, rammentare – come d’altronde ho fatto in diversi lavori, anche non mediatici – che il lavoro è uno dei pilastri principali su cui poggia la nostra Repubblica Democratica; anzi, ne rappresenta il fondamento (art. 1 Cost.).

Sovente ci si dimentica, però, quanto previsto dal Costituente al comma secondo dell’art. 4, a tenore del quale i Cittadini son chiamati a contribuire al progresso materiale e spirituale della società non battendo la fiacca, bensì prestando un’attività lavorativa, sia essa manuale od intellettuale.

La sola pecca da ravvisare in questo nobile disegno è da individuarsi nella sempre più marcata avversione, ad opera del Ministro, per l’utilizzo dei telefoni cellulari in classe: sono più che consapevole riguardo al frequente uso improprio che ne si fa (condotta ascrivibile non solo ai ragazzi, ma anche ai loro docenti), ma è d’uopo aver presente che i suddetti possono costituire un più che valido strumento per facilitare l’assimilazione e l’approfondimento dei concetti oggetto dei programmi curricolari.

Al termine della presente riflessione, desidero congratularmi vivamente con il prof. Valditara e, al contempo, invitarlo ad operare un piccolo ritocco per quanto attinente all’impiego dei dispositivi elettronici a fini didattici: se vogliamo compiere i tanto auspicati passi da gigante, è giusto che ci rimbocchiamo le maniche, adempiendo con diligenza ad ogni nostro còmpito.

Ripartiamo, dunque, dalla scuola!

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