Attualita'

Il lavoro minorile in nero e i vantaggi illeciti dei circuiti criminali organizzati nazionali e transnazionali

Napoli, 4 Marzo – L’argomento che trattiamo presenta profili giuridici molto complessi (per approfondimenti: https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1967-10-17;977)ma ancora più delicati e, non di rado, critici risvolti umani e socio-antropologici, laddove la normativa di settore non venga rispettata ed applicata, con conseguenti ed inevitabili gravi ripercussioni sull’equilibrio psico-fisico e formativo dei ragazzi e delle ragazze minorenni sottoposte a sfruttamento del lavoro tramite i circuiti criminali organizzati nazionali e transnazionali (con o senza la complicità di uno o di entrambi i genitori e/o della ”rete parentale”).

Esemplificando: non possiamo e non dobbiamo rimanere insensibili di fronte alla drammatica esistenza ”degradata” socio-lavorativa (e quindi esistenziale) che molto minorenni (stranieri e non) sono costretti a vivere (pure avendo meno di 15 anni) dietro l’illusoria prospettiva di una entrata patrimoniale (percepita ”in nero”) che, il più delle volte, risulta insufficiente persino per comprare il pane ed il latte.

Ne deriva che l’ingresso delle innocenti vittime minorenni nel ”mondo oscuro del lavoro” risulta solo il primo passo verso una discesa agli Inferi terrificante (specialmente laddove si tratti di minori, già di per essi, vittime dell’odioso reato di tratta di persone (articolo 601, secondo comma, c.p.) e/o di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600, terzo comma, c.p.), anche attuati, ove opportuno, con lo strumento della tortura (art. 613-bis, primo comma, c.p.), quantomeno sul lato psicologico (ad esempio: reclusione al buio ed in pessime condizioni igienico-sanitarie e con privazione forzata dell’alimentazione per diversi giorni), anche con possibile esito fatale.

Detto in altri termini: le suindicate vittime innocenti di età minore risultano, nulla togliendo a quelle già presenti sul nostro territorio nazionale, ancora più bersagliate e torturate, in quanto, dietro la falsa promessa di un rapido ricongiungimento familiare e di una dignitosa redditualità, arrivano in Italia per poi essere, a breve o medio termine, immessi nelle fila della criminalità organizzata e non di rado nello spaccio di sostanze stupefacenti(per approfondimenti: https://www.brocardi.it/testo-unico-stupefacenti/titolo- viii/capo-i/art73.html) o della prostituzione e/o del turismo sessuale minorile (ai sensi degli articoli 600-bis e 600-quinquies c.p.) perdendo ogni loro dignità e diventano ”beni di consumo”.

A ciò va aggiunto che i genitori e/o i parenti stretti, qualora non abbia partecipato attivamente alla compravendita della vittima, vengono, quasi sempre troppo tardi, a conoscenza della realtà dei fatti che avvolge il minore o la minorenne.

Tale quadro esistenziale diventa, parimenti, increscioso, qualora la ”piccola vittima” adibito/a al lavoro nero di stampo criminale nazionale o transnazionale, si trovi a risiedere sul nostro territorio nazionale, in quanto, molte volte ma non sempre, i genitori stessi ed i parenti più stretti dimostrano di sapere bene quel che gli sfruttatori gli propongono per uscire dallo ”stato di indigenza” e spingono, anche dietro pressanti insistenze, il/la malcapitato/a ad accettare la ”proposta indecente”.

Perché non si vara ancora un ”Codice Rosso del Lavoro Nero Minorile Nazionale e Transnazionale” e perché non sono state ancora create delle strutture psico-socio-legali ad hoc ”interconnesse” presso le Procure per i Minorenni ed i presidi di Polizia Giudiziaria e scolastici di ogni ordine e grado? Ad umile parere di chi scrive ciò va fatto in sede parlamentare e fattivamente altrimenti si chiacchiera solamente.

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