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Guerra in Ucraina, Studio: se il conflitto si protrae a rischio 30mila tra top manager e quadri

Firenze, 13 Aprile – “Anche i ricchi piangono”, ricordate il vecchio slogan di Rifondazione Comunista del 2006 che face tanto discutere? Non è una consolazione, ma se il conflitto dovesse malauguratamente protrarsi per un anno le conseguenze per l’economia italiana sarebbero catastrofiche. Va da sé per chi ha già una situazione politica precaria, ma a pagare il prezzo di un conflitto folle sarebbero anche i manager di PMI e grandi aziende. «A seguito del prolungarsi del conflitto Russo-Ucraino, l’Italia rischia lo stop dell’economia, l’inflazione e l’incremento della disoccupazione.
E la crisi economica colpirà duramente anche le professioni manageriali: un conflitto lungo un anno potrebbe costare il lavoro al 10% dei dirigenti e dei quadri. Non solo le categorie professionali medio-basse, ma anche quelle dei manager potrebbero subire un duro contraccolpo per quanto riguarda il livello occupazionale», lo afferma Sandro Susini, consulente del lavoro e fondatore di Susini Group, studio di Firenze leader nella consulenza del lavoro.
I dati di Susini Group ci dicono che anche dirigenti e quadri, qualora il conflitto dovesse prolungarsi per 12 mesi (come sembrerebbe dalle ultime analisi degli strateghi militari), saranno interessati dai licenziamenti nel corso del 2022. Si stima che circa 30.000 top manager potrebbero trovarsi senza lavoro a seguito di “riorganizzazioni aziendali”. Diverse sono infatti le società entrate in crisi per i rincari del costo dell’energia e la difficoltà di reperire le materie prime. «In Italia – continua Sandro Susini – dobbiamo temere conseguenze in particolare per settori come Made in Italy, turismo, metalmeccanico (soprattutto l’automotive), agroalimentare, petroli, petrolchimico e trasporti. È proprio questa la parte del tessuto economico dove perderanno lavoro la maggior parte dei top manager.
In particolare: in Toscana è a rischio il settore camperistico, in Emilia Romagna quello relativo all’import/export, soprattutto di moda e di lusso, in Sicilia sono coinvolte le imprese operanti nel settore dei petroli e del petrolchimico, in Lombardia le esportazioni agroalimentari e la produzione del Made in Italy, in Piemonte l’automotive e così via. Occorre che il Governo – conclude Susini – fornisca un sostegno concreto alla liquidità delle imprese attraverso misure agevolative quali la dilazione del credito oppure contributi a fondo perduto, in particolare per i settori maggiormente colpiti dalla crisi».
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