Politica

Giustizia, Tirelli (Cpi): “Se Cospito muore, salta il 41bis”

Il presidente delle Camere penali internazionali: ma carcere duro oggi è tortura

Roma, 3 Febbraio  – «La vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito ha messo in risalto tutte le criticità del sistema giustizia in Italia dove alla pericolosissima filosofia manettara della sinistra, negli ultimi tempi, si è aggiunta anche quella della destra. La politica non riesce più a controbilanciare il potere giudiziario, purtroppo. E la magistratura, nei fatti, governa il Paese». Lo afferma l’avvocato Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale e già commentatore per la Bbc e il New York Times.

«Il polverone che si è alzato attorno alla protesta estrema di Cospito, in realtà, è solo una cortina fumogena. Per evitare la sua morte, a causa del prolungato sciopero della fame, può essere applicato il trattamento sanitario obbligatorio al fine di curarlo anche contro la sua volontà. Se questo non accadrà e se, malauguratamente, Cospito morirà, ne risentirà tutto il sistema normativo penale e penitenziario del nostro Paese». «Con la conseguenza unica che l’articolo 41bis vacillerà e chi ne trarrà più vantaggi saranno proprio i mafiosi, per i quali il carcere duro è stato a suo tempo promosso» rileva Tirelli. Che spiega ancora: «Carcere duro che, nella sua attuale impostazione non è uno strumento di contrasto alla criminalità organizzata, ma una vera e propria tortura di Stato».

«Già in passato lo abbiamo denunciato. Il regime detentivo andrebbe profondamente rivisto e applicato secondo i principi per cui è stato concepito: combattere le organizzazioni criminali e isolarne i capi dal loro contesto di provenienza. Il 41bis deve essere solo un mezzo di rottura dei legami ambientali; non una punizione fisica e psicologica. E peraltro, proprio riguardo alla vicenda dell’anarchico Cospito, c’è da sottolineare il rischio che il carcere duro venga applicato in maniera estensiva non solo alle fattispecie mafiose ma a tutti i reati che, sotto la spinta dell’opinione pubblica, vengano ritenuti di particolare allarme sociale. Una deriva che di fatto trasformerebbe uno regime penitenziario di carattere eccezionale in un strumento ordinario di punizione anti costituzionale. All’isolamento deve corrispondere inoltre massima attenzione alla dignità: impedire i contatti non deve significare torturare un detenuto. Bisogna dare anzi l’opportunità ai reclusi di “nutrire” l’anima: leggere, studiare, scrivere, ascoltare o fare musica. Il confine tra esecuzione della pena e tortura mascherata è molto sottile. Ed è stato valicato da troppo tempo».

«Il tema, insomma, va oltre la posizione processuale di Cospito – conclude il presidente delle Cpi – ma attiene al rispetto dei diritti umani. In questo senso il Governo deve lavorare a una riforma più ampia anche per quel che riguarda l’ergastolo ostativo, che non può e non deve essere eliminato ma opportunamente rimodulato».

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