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Facoltà di Medicina, come in altre facoltà il test va sostituito con meriti al secondo anno

Napoli, 8 Settembre – Il Veneto ha grave carenza di Medici sia della mutua che ospedalieri. Le altre 19 regioni non sono messe meglio, ma tutti subiscono la volontà del Legislatore che ha legiferato, in altri tempi, il numero chiuso alla Facoltà di Medicina, ma anche per poche altre facoltà, mentre a Giurisprudenza, invece, no. Eppure i medici mancano ma di avvocati il numero è elevato, pari a tre volte quello dei tedeschi che pure sono oltre 83 milioni. Siamo di fronte a una contraddizione dal volere del Legislatore, sovrano in democrazia, e la società reale che muta con l’economia. Come il Governatore del Veneto Luca Zaia, anch’io, sostengo che è meglio uno sbarramento, al secondo anno di corso universitario: magari basato sulla media dei voti non inferiore a 24/30.  Un test d’ingresso non sempre premia i migliori poiché è il primo anno che lo studente capisce meglio se la sua era un capriccio, una moda, un male consiglio o una volontà ferma di fare il Medico.

Ieri alla Fiera di Padova c’è stato il test di ingresso per i Corsi di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e chirurgia e in Odontoiatria e protesi dentaria erogati in lingua italiana. Quest’anno a Padova gli iscritti al test sono stati 3119 (2131 donne e 988 uomini) per i 428 posti a disposizione (340 a Padova e 88 a Treviso). Nella selezione del 2019 furono 3.056, nel 2020 3.382 e nel 2021 si iscrissero 2.968 (2048 donne e 920 uomini) candidati per 414 posti (334 a Padova e 80 a Treviso). La prova è durata 100 minuti, durante i quali i candidati hanno dovuto affrontare 60 domande a risposta multipla con un punteggio massimo previsto pari a 90 punti. Le opzioni di risposta sono state 5 e il candidato ha dovuto individuarne una soltanto, scartando le conclusioni errate, arbitrarie o meno probabili, sui seguenti argomenti: competenze di lettura e conoscenze acquisite negli studi (4 quesiti); ragionamento logico e problemi (5 quesiti); biologia (23 quesiti); chimica (15 quesiti); fisica e matematica (13 quesiti).

Rimodulati quindi rispetto agli scorsi anni, la nuova ripartizione della prova di selezione prevede il 15% del test per quiz di ragionamento logico, ragionamento numerico e humanities. La restante percentuale del test è attribuita alle materie disciplinari: dalla biologia alla chimica, dalla fisica alla matematica. Il candidato otterrà 1,5 punti per ogni risposta esatta; meno 0,4 (-0,4) punti per ogni risposta errata e 0 punti per ogni risposta omessa. I candidati potranno accedere alla sede d’esame a scaglioni, per evitare assembramenti, con autocertificazione obbligatoria (candidati e personale di vigilanza), mascherina FFP2, mantenendo il distanziamento e riponendo i propri effetti personali in guardaroba confezionati singolarmente. Il personale predisposto dell’Ateneo per la sorveglianza alle prove ammonta a circa 270 persone. 

Zaia afferma da tempo: «Lo dico da anni, esattamente dal novembre 2013: il numero chiuso a medicina non è certo il metodo migliore per investire sulla professione dei nuovi medici. Tutti i ragazzi che vogliono iscriversi hanno il diritto di conoscere la Facoltà di Medicina e di frequentarla. E la selezione va fatta durante lo studio, come accadeva in passato».

Lo dice il Presidente della Regione Veneto, per ribadire il suo “no” al numero chiuso a Medicina, alla luce dei dati diffusi oggi relativamente ai test di ammissione di quest’anno dell’Università di Padova dove, a fronte di 3.119 iscritti, sono disponibili 428 posti. «Tra gli oltre 2.500 aspiranti che verranno esclusi – prosegue il Governatore –potrebbero esserci futuri medici coi fiocchi, che però non hanno potuto mettere in mostra le loro attitudini perché ‘bocciati’ da un test… Il vero valore di un giovane lo si deve vedere sul campo. Per questo è fondamentale garantire l’accesso a tutti e poi aprire la selezione, rigorosa ed equa sulla base di parametri di valutazione uguali per tutti. Molti dei nostri grandi clinici di oggi – conclude il Presidente della Regione – non sono certo partiti da un quiz, ma dando prova delle loro capacità sul campo, prima accademico, e poi sanitario».

Come dargli torto! Eppure i rettori si ostinano a vedere i test d’ingresso come prove di merito per la meritocrazia, che, dicamocela tutta, è sparita nel sistema d’istruzione italiano dove la secolarizzazione o indifferenza al servizio di qualità erogato la fa da padrone, tranne eccezioni. A quando una concorrenza sana tra scuola pubblica e statalista secolarizzata e scuola libera, fresca e più capace di rispondere alla domanda dell’utenza che non è più quella pre-boom economico italiano 1953-73, per il Veneto 1953-79. I 55 miliardi spesi dal contribuente italiano per mantenere il sistema d’istruzione pubblico non sono pochi rispetto alla bassa qualità scolastica, fatte le dovute eccezioni come anticorpi di un sistema malato.

Tra il pensiero leghista veneto e il mio liberale c’è una piccola differenza sulla regionalizzazione della scuola in Veneto. Riguarda il populismo leghista che chiede ai 75 mila del personale della scuola se sono per l’autonomia, che avrà un risultato pari all’altro già fatto. Invece non è solo l’aumento di stipendio da statale a regionale del personale scolastico, ma come strutturare la nuova scuola con l’imparzialità e la libertà d’insegnamento aggiornato e spendibile in gran parte. Dare alle famiglie venete o ai maggiorenni dei circa 600 mila studenti veneti un bonus scuola da spendere in scuole libere o statali, ma senza bonus e con tassa d’iscrizione almeno decuplicata. Oggi uno studente costa 125 mila euro in Veneto a fine scuola media di secondo grado.

Prof. Giuseppe Pace

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