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Annotazioni sull’Ambiente politico europeo con vaccinazioni, sanità meno disumanizzante e scuola migliore di prima

Napoli, 11 Marzo – A Padova la storica Università, che la Serenissima Repubblica di Venezia dopo il 1405 potenziò non poco, il prossimo anno celebrerà i suoi primi 800 anni d’esistenza. In quest’ambiente culturale e politico si laureò la prima donna al mondo nel XVII sec., da poco ricordata per la 100esima giornata internazionale della donna. Era una delle figlie di un nobile veneziano ammogliatosi alla regina di Cipro. Una delle  figlie era monaca e si chiamava Lucrezia Episcopa Cornaro, era intelligente e plurilinguista già in giovanissima età e il nobile padre non poteva sottostare ed ubbidire al Cardinale che vietò la

laurea in teologia alla figlia. I nobili veneziani, a differenza degli altri in Europa e fuori, erano meno guelfi e sapevano negoziare con tutti su tutto. Riuscirono anche a proteggere dall’Inquisizione sia Galileo che Giordano Bruno, mentre insegnavano a Padova, poi fuori dai loro territori non più. Ecco che tali nobili, moderati ed illuminati dall’esperienza, riuscirono a fare  laureare la nobile Cornaro  in Filosofia e non in Teologia, come avrebbe preferito. Furono necessari poi ancora un paio di secoli prima di poter vedere altre donne laureate e non solo in Europa.  Ad Abano Terme, cittadina epicentrale dei Colli Euganei- con molti stabilimenti balneari in crisi speciale per la Covid19- giorni fa ho rivisto il monumento al prof. universitario patavino, Pietro d’Abano. Lo ricordo perché un collega aponense, Francesco A. Barcaro, mi diede un suo saggio “Pietro d’Abano medico o mago?” Tale prof. all’Università patavina, fu il primo a dire che la malattia non era causata solo da una punizione divina, ma anche da interferenze astrali, e per questo le sue ossa ai primi del 1300 furono bruciate per eresia. Ho fotografato anche una scritta sui muri aponensi che riportava il monito di Seneca, mi è sembrato d’attualità permanente. L’Europa da culla della Democrazia, del Rinascimento delle Arti e della Scienza si ritrova ad avere un ambiente politico ancora troppo diviso dai nazionalismi statalisti.

Dal 1945 l’Europa non ha più guerre interne tra i suoi stati che sono pari ad un settimo di quelli mondiali. L’Unione Europea è una realtà sovranazionale che bisogna solo migliorare e non solo denigrare per le inefficienze funzionali con l’asse franco-tedesco egemone. In Italia l’ambiente regionale vede ancora non pochi dei 20 campanilismi, soprattutto a nordest, fuori tempo massimo con il preconcetto che l’Ente Locale Regione sia qualcosa che possa agire in modo indipendente dal legislatore parlamentare. Lo studio dell’Ambiente, inteso come insieme di natura e cultura, mi induce a ritenere che il futuro di noi tutti del pianeta Terra è un unico ambiente globale con uno stato federato e democratico con i tre poteri: legislativo, esecutivo e giuridico. Quest’ultimo, soprattutto in ambiente mediterraneo e statalista tedesco e francese soprattutto, con i suoi magistrati è costretto a lavorare come eroi perché il cittadino si nasconde per timore di essere trattato da suddito. L’Ambiente politico italiano in questo periodo è in affanno più del solito per il nuovo governo che ha spiazzato dalla “Gomorra politica” (espressione coniata da poche ore da Casaleggio junior), i partiti, coordinandoli tutti ad eccezione di quello guidato dall’On. G. Meloni, che pure pare inneggi allo Stato tricolore e non al cittadino. Un politico ideale dovrebbe essere quel cittadino maturo che svolge una professione e che decide di dedicare parte del suo tempo o alcuni anni alla res publica. Non dedicare tutta la vita alla res publica appena terminato il liceo o il tecnico come non pochi alcuni politici italiani.  Insomma siamo ad un carnevale permanente e non solo in periodi dionisiaci quando ci si poteva permettere di scherzare non poco anche in ambienti sensibili. A Padova ho insegnato 24 anni tra cui 19 all’ITIS “P. F. Calvi”, eroe risorgimentale impiccato tra i martiri di Belfiore, incompreso dal padre di Noale.

Al Calvi ho insegnato agli studenti lavoratori che ancora incontro nelle più varie professioni. Ricordo che spesso li conducevo in visita d’istruzione di Domenica perché gli altri giorni lavoravano. Li conducevo sui Colli Euganei a Museo Geopaleontologico di Cinto Euganeo, alla vetta del monte Venda passando per Teolo, patria di Tito Livio, all’Orto Botanico e al parco regionale del delta del Po’ con i colleghi Walter Visentin, Franco Maretto, ecc.. I colleghi del Calvi erano oltre 100 e una trentina insegnavano ai corsi serali dove impartivo le “scienze integrate”.

Il Calvi era una sede storica, vicino alla Questura e alla Basilica di Sant’Antonio oltre ad essere il più antico Istituto per Ragionieri del Veneto.

 

 

Al nord come al centro-sud guidano le regioni persone che non hanno fatto altro nella vita che il “lavoro” politico. Questo consiste nel far crescere sul proprio nome e cognome il consenso popolare elettivo. Per farlo crescere usa mezzi leciti? Non sembra dai fatti di cronaca che ci informano di personaggi collusi con tutto pur di avere i voti e restare a galla per sopravvivere, ed anche con compensi non trascurabili rispetto al lavoro mediamente compensato. A servire questa necessità del nullafacente che si dà anima e corpo alla politica spesso vediamo anche non pochi media. Questi ultimi non hanno più il coraggio di usare o servire la stampa come paladina della libertà dell’amministrato e governato dai politici. La rosa di avvocati che li difende in caso di indagini su prove gravi, coincidenti e plurime è agguerrita per trovare il pelo nell’uovo e ridurre la pena che quasi mai arriva a maturazione per le lungaggini del nostro sistema giudicante anche se in alcune regioni si è dimezzato il tempo biblico del processo. Non pochissimi ritengono che l’Ambiente politico italiano, sempre più, prima del liberale M. Draghi, si era caratterizzato da statalisti di maniera con la quasi scomparsa dei portatori d’interessi del cittadino. In Gran Bretagna, invece, il cittadino più a centro dello Stato padronale,  è riuscito a vaccinare oltre 50 milioni di inglesi, mentre gli italiani vaccinati sono circa 6 milioni, il 10% del totale. Che peccato non utilizzare da subito i medici della mutua e i medici volontari specializzandi che sono sempre disponibili a fare bene al prossimo anche perché giovani e come tutti i giovani si lasciano meno condizionare da calcoli ed interessi personali. Il cittadino italiano deve probabilmente essere ancora aiutato a crescere e chi meglio dei genitori e della scuola, anche con la didattica a distanza, può farlo.

Ribadisco ad ogni occasione, come in questo articolo, l’importanza del cittadino e non del suddito di sua maestà la burocrazia italiana, tedesca, francese, ecc. perchè ho terminato di scrivere un saggio sull’evoluzione del cittadino. In esso, in 192 pag., mi rifaccio spesso all’evoluzione del suddito in cittadino grazie alla nascita delle arti liberali, formatesi tra i borghesi- non nobili- abitanti nei borghi dei castelli del feudatario. Furono i possidenti borghesi, dopo la caduta dell’impero romano, che riuscirono a pagare un istitutore per i figli e poi li mandarono a scuola dapprima private o libere e poi pubbliche o statali. Affianco ai colti nobili apparvero, nella scena ambientale locale e generale europea, anche i borghesi, la borghesia, il ceto medio, fino al cittadino attuale. Fu il cittadino a pungolare i ricchi nobili ad investire. Furono i cittadini e pochi nobili illuminati culturalmente che causarono la rivoluzione industriale e quella francese fino all’abolizione dei feudi del primo 1800. A Presentami il saggio è stato un mio compagno di classe, discendente dei nobili Gaetani che hanno avuto due papi tra cui Bonifacio VIII che discende dai Caetani di Anagni dove nel duomo ho visto la cappella votiva del 1200. Una dei Gaetani vive anche a Padova ed ho conosciuto anni fa con la Giornata del FAI perché permise di visitare un suo palazzo storico in centro cittadino. Oggi che siamo alla IV rivoluzione industriale con la tecnologia digitale siamo ancora lontani da un ambiente politico con a centro il cittadino e non lo stato padronale che alimenta la burocrazia, come precisava un ex ministro liberale con il saggio ”Lo Stato criminogeno”. Peccato che i liberali italiani siano una sorta di specie in estinzione né legano con i verdi come succede in Germania che insieme superano le 2 cifre di consensi. Adesso con l’emergenza climatica potrebbero dare un migliore contributo a risolverla in parte. Invece i liberali italiani sono costretti ad allearsi con altri politici fortemente intrisi di rosso o di nero entrambi colori statalisti e più lontani dal cittadino artefice del proprio ambiente.

Per alimentare il suddito nella moderna società ci hanno pensato i partiti degli ultimi decenni, almeno in ambiente dell’Italia non più di quella risorgimentale o “se desta…” ma dormiente. Sono i partiti che hanno creato i feudi elettorali dove a prevalere non è il principio costituzionale democratico di portatori di interessi ideali diversi, ma di quelli reali, troppo spesso illeciti con il prevalere di Gomorra partitica o politica” come riflette Casaleggio tra i suoi 5Stelle, responsabili di un neostatalismo di nullafacenti forse più di altri partiti con il mito dell’egalitarismo dogmatico. In questi giorni, per il secondo anno consecutivo, ‘Newsweek’ ha stilato la classifica “World’s Best Hospitals 2020“, che mette in fila i migliori ospedali in Italia e in altri 20 Paesi del mondo (Stati Uniti d’America, Canada, Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Svizzera, Olanda, Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Israele, Sud Corea, Giappone, Singapore, India, Thailandia, Australia, Brasile). Con la recrudescenza pandemica italiana che vede regioni di colore rosso anche nel Mezzogiorno d’Italia, non mi pare di aver visto qualche ospedale meridionale emergere in tale graduatoria. Al primo posto si conferma il Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano davanti al Policlinico Universitario Gemelli di Roma, al Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, all’Istituto Clinico Humanitas e all’Ospedale San Raffaele – Gruppo San Donato, entrambi milanesi. La Top 10 dei migliori ospedali in Italia secondo il ranking “World’s Best Hospitals 2020” è completata, poi, dall’Azienda Ospedaliera di Padova (al sesto posto), dall’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, tra le città più colpite dalla Covid19 (in settima posizione), dall’Ospedale Borgo Trento di Verona (8/o posto), dall’Ospedale Policlinico San Matteo di Pavia (9/a posizione) e dall’IRCCS Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia (10/o posto). Il Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano, primo in Italia, si è posizionato al 47esimo posto nella classifica globale. Quello meneghino è l’unico ospedale italiano a essere riuscito a conquistare un posto nella Top 50 mondiale. Molti familiari di persone morte in ospedale hanno scritto ai media che non hanno taciuto al grido di dolore del figlio o della nipote per la disumana (perché senza l’assistenza del familiare) morte del genitore o nonna. Leggiamone una: ”scrivo perchè quest’esperienza mi ha segnata nel profondo, ha ribaltato ciò che per noi tutti significa accompagnare il proprio caro negli ultimi momenti del difficile e doloroso passaggio del fine vita. Quello che più mi ha ferita in questi giorni è stata l’assenza di umanità, la mancanza di attenzione per i pazienti e per le loro necessità assistenziali e umane, ma anche per i famigliari, completamente abbandonati e lasciati ad elemosinare notizie sui propri cari. Quando una persona viene ricoverata, dovrebbe esserci una presa in carico globale dei suoi bisogni, non riducibili alle cure prettamente mediche. Il paziente è innanzitutto una persona, con le sue paure e le sue necessità”. L’Italia ha bisogno di partiti composti da cittadini onesti sia che siano orientati al centrosinistra sia che siano orientati a centro-destra. Invece la cronaca ci informa di un sistema di corruttele diffuso con insospettabili coinvolti. Allora il monito dell’onesto cittadino ligure, nonché partigiano antifascista e nazista e Presidente della nostra Repubblica, S. Pertini, bisogna tenerlo sempre presente ed agire in base all’art. 4 della Costituzione.

A circa un anno dall’inizio della prima pandemia del XXI sec., non possiamo più considerarci in emergenza: oggi si conosce la malattia e si conoscono le difficoltà trasversali che ne conseguono.  Il leader M. Draghi, ci invita ad avere fiducia nell’arrivo dei vaccini e la più efficiente somministrazione. Tuttavia gli ospedali stanno operando come se fossero in perenne emergenza, senza aver implementato alcuno strumento per supportare gli ammalati. I pazienti sono soli, nell’impossibilità di avere qualsiasi tipo di contatto con i propri familiari. Nella mia esperienza personale, in tre settimane di ricovero ho avuto la possibilità di una videochiamata di otto minuti, solo due giorni prima del decesso e quando ormai era chiaro che non ci sarebbe stata alcuna possibilità di ripresa. Un’altra italiana scrive al media: ”Spendere qualche minuto con una videochiamata, per chi trascorre le proprie giornate in solitudine, è più che terapeutico, è vitale. Se non è possibile che i pazienti siano circondati dall’affetto dei loro cari, vorrei che fosse almeno possibile poterli contattare e sostenere nella loro battaglia, fargli sentire una presenza costante, fargli sapere che non ci si è dimenticati di loro. Poter mandare loro un bacio o un saluto, prima che giungano alla fine. Sono convinta che questo, con un po’ di umanità e volontà, sia possibile”. L’Italia rinasce con un fiore, è il motto della campagna vaccinale anticovid, una primavera radiosa ci aspetta, così ci ripetono i sacerdoti del dogma europeo. Più che una rinascita, parrebbe un cupo medioevo in cui il Rinascimento è alquanto lontano. Non pochi, erroneamente, trova analogie tra il nascente governo Draghi e quello guidato da un altro Mario. Niente di più sbagliato. 10 anni fa M. Monti prese in mano un’Italia che si trovava quasi in bancarotta, da lì a poco sarebbero mancati i soldi per pagare gli stipendi agli statali, e con un spread che era sei volte quello attuale. Insomma, per farla breve, avete presente la crisi argentina con il popolo che scendeva in piazza a battere le pentole? Ecco, noi ci eravamo molto vicini. Oggi, invece, la situazione non è assolutamente problematica, anche se la politica ha mostrato tutta la sua debolezza strutturale.  Certo, abbiamo la pandemia, abbiamo la perdita dei posti di lavoro, abbiamo registrato una forte perdita del Pil e non mi dilungo ulteriormente. Ma nonostante tutti questi elementi negativi non siamo disarmati, siamo ben attrezzati per uscirne meglio di come eravamo prima che si propagasse il Coronavirus nel nostro Paese. Abbiamo a disposizione due vaccini, quello sanitario e quello economico costituito da qualche centinaio di miliardi di euro che l’Europa ci ha messo a disposizione.  Ora si tratta di inoculare correttamente questi due vaccini. Per quello sanitario è solo un problema organizzativo legato anche alla disponibilità dei vaccini stessi. Per quello economico la partita è più complessa e articolata ma è la partita della vita, una sorta di finale della Coppa del Mondo. Non si tratta solo di spendere, in modo intelligente, i soldi ma anche, e soprattutto, di mettere mano, con serietà e determinazione, alle riforme di cui il Paese ha bisogno con una particolare visione innovativa per uno sviluppo digitale della nostra società.  Concludo dicendo che, mentre Monti arrivò in una situazione disperata, Draghi si presenta per raccogliere opportunità mai viste prima. Questa è la differenza, una grande differenza, che speriamo si riverberi anche per una scuola migliore. . In 20 regioni e circa 8mila comuni ci sono ambienti sociali non poco differenti per percentuali di aspetti consuetudinari considerevoli di tradizionale e d’innovativo. Il 9 marzo 2021 è stata superata la soglia dei 100 mila morti da Covid19 e la soluzione resta nei vaccini che giacciono negli scaffali di chissà quale deposito globale. Il governo ha dichiarato che entro questo mese avrà un gran numero di dosi di vaccino da iniettare ma pare che mancano i vaccinatori. Eppure vi sono quasi 40.000 medici di base che hanno aderito al piano vaccinale anticovid, ma sono tuttora fermi a livello regionale per la messa appunto e firma  di accordi differenti tra le varie regioni. Unmedico di base del Sud Italia propone”riserviamo loro i 2 vaccini astrazeneca e janssen di imminente approvazione che possono essere stoccati in un comune frigorifero (2C°-8C°), mentre affidiamo ai centri vaccinali che sono in difficoltà pfizer e moderna di più complicato stoccaggio e da riservare alle persone fragili (pazienti fragili con importanti patologie, anziani, non deambulanti ecc…) e gli altri due disponibili. Un medico di base – aggiunge un medico mutualista italiano- può tranquillamente vaccinare pazienti non complicati, rispettando distanziamento ,tempo di osservazione post iniezione, accesso programmato x massimo due vaccinandi x volta, almeno 10 soggetti al giorno, in orari che non siano quelli dedicati al normale svolgimento del proprio ambulatorio che causa covid ha notevolmente ridotto l’accesso ad esso e molte richieste vengono evase per telefono, wh,mail”. Ma aiutiamolo ad aggiornare il suo calcolo aumentando i medici di base dimenticati più i medici specializzandi. Facciamo qualche calcolo: 10 vaccini die x medico x 40.000 medici fanno 40.0000 x 22 giorni lavorativi al mese fanno 8.000.000 di dosi somministrate alla popolazione attiva. Oltre 2 milioni di dosi somministrate in tre mesi solo dai medici di base, altrettante dai medi specializzandi, ricordando che sono esclusi, per ora, dal vaccino la fascia di età 0-16 anni, potremmo acquisire facilmente l’immunità di gregge entro maggio e programmare con calma le vaccinazioni per il prossimo inverno. Ieri sentivo mio genero tedesco che mi precisava che il fratello docente liceale in Germania non è stato ancora vaccinato, mentre il mio si. Ho fatto una battutina al genero dicendo che la Germania sempre prima in competizione europea stavolta arriva seconda all’Italia. Poi ho pensato che anche la Germania soffre non di poco per un’amministrazione statalista che imbavaglia spesso il cittadino a favore del suddito ubbidiente. Anche là, da esperienza acquisita, non tutti gli statali impiegati si comportano in modo esemplare, Ricordo che chiesi a due tedeschi in divisa, mentre sorbivano una bevanda al bar in cui ero entrato per chiedere un’informazione. Mi risposero in modo poco gentile che sarei dovuto andare a chiedere all’ufficio turistico senza indicarmi dov’era. Poi incontrai un’altra coppia di persone in divisa e chiesi  pure a loro la medesima cosa anche per verificare se tutti i tedeschi in divisa erano tutti così inefficienti e sgarbati. Invece, con piacere, verificai che questi furono molto gentili e con l’uso del mini computer mi aiutarono a trovare l’indirizzo esatto della casa della persona che cercavo. Ecco che dedussi che non bisogna mai fare affidamento su luoghi comuni, stereotipi. ecc.. Avevo già scritto un saggio sulla Germania tra Cultura e Natura con leolibri.it e l’esempio citato non lo comprendeva ancora ma comprendeva la dose di statalismo che l’ambiente tedesco ha come quello di non pochi altri stati europei senza escludere il nostro a sud delle Alpi. Dal governo Draghi ci aspettiamo meno burocrazia e più libertà per il cittadino responsabile e consapevole ma anche pronto a lottare per una scuola migliore della precedente riforma della “Buona Scuola” quando Renzi aumentò solo il potere decisionale dei circa 9mila dirigenti scolastici con un considerevole aumento stipendiale senza curarsi degli 800mila docenti quasi tutti laureati come gli ex preside che non insegnano ma fanno solo i burocrati, che chiosano circolari interne- fino a superare alcune centinaia annue- sulla falsariga di quelle centraliste ministeriali. Bisogna fare insegnare anche i Dirigenti Scolastici come si fa ancora all’estero. Bisogna che la scuola dia spazio ai diritti reali dell’utenza che sono la libertà di scelta del tipo di scuola- libera o statale- la libertà di scelta del docente disciplinare sulla base di un gradimento segnato sulla domanda d’iscrizione ed anche e soprattutto al 18enne, libertà di scelta anche del Dirigente Scolastico e del Rettore, non più solo statale ma anche e soprattutto proveniente da consolidata esperienza ed attività culturale riconosciuta da enti certificanti extraprovinciali con comitati di genitori che propongono contratti a chi lavora nella scuola libera. Il 30% dell’attuale personale non docente deve avere una diversa organizzazione e non un contratto unico con i docenti sottopagati, sottostimati e resi impiegati oggi più di ieri. Nel Veneto i 680 mila studenti della primaria e secondaria hanno 75 mila persone retribuite dallo Stato che la maggioranza leghista a Venezia vorrebbe regionalizzare con un semplice aumento di stipendio. Sicuramente la mossa populista troverebbe tutti concordi. E poi tutto continuerebbe come prima? No è necessario cambiare rotta! Bisogna saper spendere meglio i 5 miliardi che la Regione Veneto prenderebbe da Roma per una suola di migliore qualità oltre la buona scuola renziana! Dalla scuola il cittadino italiano in particolare si aspetta quel miracolo, invocata dal padre ostituzionalista Pietro Calamandrei, che da solo può fare avvenire di trasformare il suddito in cittadino. Per fare ciò bisogno ricordarsi che la scuola è sorta per un rapporto diretto tra precettore e precettato, poi maestro ed alunno, fino ad oggi un rapporto quasi anonimo tra burocrazia impersonale dell’ambiente docente e quella di sudditi dei discenti. Lo Stato si faccia da parte e dia ai suoi Enti Locali, le Regioni, la responsabilità di programmare nuovi modelli scolastici sia pure in una cornice normativa nazionale ed europea. Lo Stato non può gestire, senza la burocrazia deresponsabilizzante, circa un milione di personale scolastico con circolari, pochi ispettori e quasi novemila presidi o dirigenti scolastici. Deve affidare ai cittadini genitori e a quelli maggiorenni le responsabilità formative dei giovani del territorio che amministra e dei 60 milioni di italiani, persone che governa. Per la scuola o meglio il sistema d’istruzione italiano, a partire forse da quello di nordest in Veneto dove vi sono più diffuse esperienze di scuole libere anche se in gran parte gestite da religiosi, bisogna iniziare a rompere il muro contro muro e creare ponti tra ambienti scolastici liberi e statali.

Ciò non significa che lo Stato sia assente, ma sovrintende le regioni a cui delega l’organizzazione dell’istruzione, altri Paesi anche in Europa lo fanno da tempo. Lo Stato però non deve neanche favorire provincialismi emergenti di alcune regioni, in modo speciale alcune al settentrionale territorio italiano, che vorrebbero sostituire allo Stato per la scuola ed altre 22 materie. Esse vorrebbero pare sostituire la burocrazia scolastica “romana” con la loro burocrazia regionale, dimenticando che sono gli stessi politici consigliere regionali cresciuti con la tecnologia del consenso di feudi elettorali. Molti, ma non tutti, conoscono le migliaia di impiegati delle 20 regioni italiane che fanno poco o niente e sono generatori di nepotismo e nuovo feudalesimo per carpire il voto ai novelli sudditi diffusi. Né lo Stato può permettere alle regioni meridionali di continuare ad invocare solo lo Stato padrone che risolve tutti i suoi problemi di assistenzialismo diffuso. Il cittadino italiano aspetta e spera che lo Stato funzioni meglio, sia più trasparente, meno burocratico e più giusto verso chi produce beni e servizi e non alimenti i nullafacenti sia dentro i suoi circa 3 milioni di dipendenti diretti che fuori nei restanti 57 milioni di cittadini! Non dimentichiamo che gli impiegati regionali sono del comparto statale perché le 20 regioni, fino a prova contraria del legislatore parlamentare, sono solo Enti Locali dello Stato! A Padova, vicino e sotto al Palazzo della Ragione, c’è il “Canton delle Busie” dove sostano spesso professionisti della politica municipale, provinciale e regionale e mi fa sorridere che ad alcuni di loro non pare sia nota la storia di quel monito quando sono “pizzicati” in loschi affari di Palazzo, che va sempre controllato dal cittadino.

Ho insegnato pure all’estero ma il campanilismo regionalistico che trovo in Italia mi sembra spesso esagerato e fuorviante, speriamo che il veneziano Brunetta come ministro”antifannulloni” sappia correggere il tiro della sua scorsa esperienza ed ammodernare anche la macchina amministrativa statale senza escludere quella culturale com’è la scuola che non regge più con la riforma renziana della “buona scuola”, ne con quella piediessina dei monobanchi comprati per combattere solo la pandemia e non anche l’analfabetismo degli studenti che, a mio parere, vengono formati meglio con la didattica a distanza che non in presenza, dove non pochi docenti lasciano correre ed abdicano al loro ruolo di insegnare cioè di lasciare il segno positivo soprattutto, perché se è negativo i genitori hanno il dovere di intervenire e non solo di delegare lo Stato e la sua burocrazia quasi ineliminabile. Con la video lezioni tutti possono ascoltare e vedere il docente, non solo i discenti. Ai migliori tra i docenti e i discenti è possibile intervenire con aumenti rispettivamente stipendiali e borse di studio. Si inizi da subito visto che il colore rosso pandemico ancora imperversa al nord come al sud senza trascurare il centro. La scuola, diceva Calamandrei è più importante anche della Corte Costituzionale, perché è là che si formano i futuri cittadini di uno stato che tuteli un ambiente sociale e politico moderno con la burocrazia strettamente necessaria e mai ottusa verso le necessità del cittadino, soprattutto minorenne come gli 8 milioni di studenti che frequentano il sistema d’istruzione.

 

 

 

 

Giuseppe Pace (studioso d’Ambiente e delegato regionale del Partito Pensionati Padova per regionalizzare la scuola in Veneto)

 

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