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Ambiente globale e Earth Hour 2021 da Roma a Venezia, da Napoli al mondo

Napoli, 27 Marzo – All’”Ora della Terra” possono aderire tutti: singoli cittadini, scuole, imprese, enti locali, sindacati, organizzazioni varie. Non è un male prendere coscienza di non sprecare risorse e quelle energetiche in particolare. Forse aiuterebbe non pochi un po’ di prudenza nel capire cos’è la variazione climatica in atto. Ma sulle cause delle variazioni climatiche ci ritorneremo in altro articolo, adesso gioiamo tutti, me compreso, dell’”Ora della Terra”. Il 27 marzo 2021, nonostante la pandemia in corso, in tutto il mondo si celebra l’”Ora della Terra”, più nota, con la lingua inglese, ”Earth Hour. A Venezia come a Roma, Napoli, Parigi, Londra, Mosca, Sidney, Napoli, Caserta, Padova, ecc. si spegneranno le luci perché si aderisce all’iniziativa internazionale che, dopo l’accordo globale sul clima del 2015 a Parigi, subisce nuovo vigore. Sono non poche le preoccupazioni sulle variazioni climatiche dell’Homo sapiens del nostro tempo. La IUNC (International Union for Conservation of Nature) informa che a causa delle variazioni climatiche sono estinte 47% di specie di mammiferi e 24% di specie di uccelli per un totale di 700 specie. Le preoccupazioni dell’ ambiente naturale sono spesso amplificate dai media con comunicati brevi e poco rassicuranti. A mio avviso dovrebbero meglio spiegare all’utente del media che già prima di questi episodi di estinzioni di specie biologiche ve ne sono state almeno cinque in precedenza fino a ridurre la vita sulla Terra di oltre la metà di quella esistente prima della caduta del meteorite avvenuta 65 milioni di anni fa nel Golfo del Messico, attuale penisola dello Jucatan. Quel fenomeno naturale comportò probabilmente anche la scomparsa dei famosi dinosauri.

Dunque l’estinzione di specie biologiche non è sempre causata dall’uomo della specie Homo sapiens come ci classificò il Naturalista “creazionista o fissista” C. Linneo a fine 1700. In Ecologia esistono almeno tre scuole di pensiero: antropocentrica, biocentica ed ecocentrica. La prima è ritenuta superata ed anacronistica per il nostro tempo. La scenda è quella maggioritaria e proviene più dalla cultura anglosassone. La terza è nuova e più moderata perché contempera la prima e la seconda. Quest’ultima, che pone al centro dello studio ambientale non l’uomo, né la vita soltanto, ma l’ambiente stesso è quella migliore, almeno io la seguo e la insegnavo quando ero in servizio permanente effettivo nel sistema d’istruzione italiano  straniero. Quando si parla o si scrive d’ambiente- inteso come insieme di natura e cultura- bisogna tenere presente che esso non è quasi mai chiuso, ma aperto a flussi di relazioni che vi entrano ed escono. Ambiente inteso anche come soggetto ed oggetto concreti in un determinato territorio con i suoi paesaggi naturali e culturali. Credo che chi scrive di ambiente sia favorito (o almeno è meno campanilista, e, a, volte, succube o suddito di territorialismo alla stregua quasi del canto del gallo mattutino) se ha cambiato più volte ambiente di vita, non solo con fugaci visite turistiche e di lavoro. Certo ogni ambiente ha le sue peculiarità, ma non è isolato in un isola felice, che non c’è mai stata o che era solo nelle favole di almeno un paio di secoli fa. Scrivere poi dell’ambiente di una città, così singolare come lo è Venezia oggi, è meno facile perché prima della chiusura del “sipario” (come di un palcoscenico mondiale la cui opera è l’ambiente locale), per la covid19, circa 30milioni di persone la visitavano ogni anno. Anche col sipario abbassato, la scena di Venezia si intravvede, grazie all’uso della tecnologia digitale, e i flussi relazionali che vi entrano ed escono sono innumerevoli. Napoli, antica capitale del regno dei Borboni, che per primi fecero conoscere l’uso del bidè, il primo fu installato dalla regina alla reggia di Caserta, il flusso di turisti è minore di quello di Venezia, Roma e Firenze, nonchè Pompei e Caserta e in futuro anche Teano.

A differenza dell’ambiente meridionale e campano, dove chi scrive d’ambiente ha altri vezzi, in quello che, invece, scrive del proprio ambiente settentrionale italiano e locale, appare spesso, a me pare, e di più il campanilismo sia pure comprensibile ma non sempre giustificabile per il lettore attento e nuove generazioni. Nell’ambiente culturale della Regione Veneto sono immerso da quasi mezzo secolo. Il vezzo del campanilismo o regionalismo lo noto spesso quando chi scrive improvvisa l’esame ambientale oppure rimbalza i pensieri locali sedimentati storicamente. Prima dell’esperienza quinquennale all’estero, ho insegnato per breve tempo in Campania, in Liguria e in Molise, molti anni, invece, a Padova e nel Veneto. Ho insegnato pure a Venezia insulare, vicino alla chiesa dei Carmini. Là, ho notato come i colleghi di storia dell’arte illustravano la loro città capoluogo del loro Veneto nativo e formativo. Erano colleghi, indubbiamente, preparati sui secoli pittorici veneziani. Non tutti, ma molti però, quando illustravano Venezia ponevano la Serenissima Repubblica di San Marco al centro di tutto. La ponevano all’inizio e pure alla fine, nel senso che dopo il 1700 tutto è cambiato, in peggio secondo loro. Qualcuno sposta il peggio a dopo il 1866 e nel popolo veneto poi si arriva a scrivere “Cheto tacà fora el tricolore…” per denigrare l’annessione all’Italia. Insomma esagerano oltre il minimo comprensibile e giustificabile, ma il campanilismo è sempre frutto del seme dell’ignoranza, storica in questo caso. Chi parla e scrive ciò non conosce o vuole dimenticare dell’esistenza della civiltà dell’Egitto, della Grecia e di Roma caput mundi. Queste tre civiltà sono state antecedenti al 25 marzo 421 d. C., giorno ed anno che si fa risalire la fondazione di Venezia. Quest’anno è coinciso con il Dantedei. Sere fa in una Tv locale, si ripeteva il luogo comune che Venezia nasce non per fuga in laguna, nei casoni dei pescatori, dei abitanti della costa prima dell’arrivo degli Unni di Attila, ma per altro e si accennava ai cambiamenti climatici. Mi sovviene il ricordare che nel 1978 accompagnai degli studenti del liceo classico di Chioggia alla veneziana, centrale e storica Fondazione Querini Stampalia per fargli vedere le carte nautiche veneziane.

All’ingresso, il bigliettaio museale, mi invitò a fare zittire gli studenti. Gli risposi di avere un po’ di pazienza che erano giovani pertanto un pò vivaci e suoi conterranei. Non lo avessi mai detto. Precisò, con la sicumera tipica degli ignoranti, che quei giovani non erano, come lui, veneziani, ma chioggiotti cioè pescatori! Eccoci dunque ad un esempio, dei tanti possibili, di luoghi comuni. Tale luogo comune acritico porta a ritenere Piedimonte Matese (che errore storico fu il cambio del predicato Alife con Matese nel 1970) più antica di Alife, quando è dimostrabile il contrario.

 

Ma andiamo al settentrione italiano, anzi nel suo nord-est. Storicamente Venezia risalirebbe al 25 marzo 421, giorno in cui venne consacrata la splendida Chiesa di San Giacomo di Rialto, probabilmente la più antica della città, che conta oggi circa 256 mila residenti, comprendendo il mega quartiere di Mestre che da solo ha oltre 200 mila abitanti. Venezia è un comune esteso 416 kmq e la sua parte insulare è l’habitat di solo 60 mila persone in una laguna di circa 500 kmq, lunga 50 e larga 10 km e con il Mose, che funziona. Dalla fondazione di pescatori nei casoni veneti a città speciale Venezia deve sempre ringraziare (ma molti lo vogliono ignorare il fatto storico-ambientale) anche Roma caput mundi in oriente che con le sue ancora potenti legioni sulle barche accorreva ogni qual volta Venezia chiamava. Passano i secoli, ma Venezia non perde il suo incredibile fascino che l’ha resa una delle mete più famose città del mondo, nonché simbolo della bellezza italiana che supera tutte le altre in urbanistica e pittura. Il 25 marzo 2021 si è celebrata un’importante ricorrenza, nella data convenzionalmente scelta per festeggiare e fare riferimento alla nascita di questa splendida città: sono trascorsi ben 1600 anni. Oggi la Serenissima, adagiata sulle acque placide della Laguna, è uno scrigno che custodisce tantissimi gioielli preziosi, ogni anno destinazione di milioni di turisti provenienti da ogni dove. La sua fondazione si fa risalire storicamente al 25 marzo 421, giorno in cui venne consacrata la Chiesa di San Giacomo di Rialto, probabilmente la più antica della città. All’epoca, tuttavia, erano già presenti diversi insediamenti di pescatori che hanno pian piano accolto i popoli dell’entroterra veneto in fuga dalle invasioni barbariche, sino a diventare una florida comunità dedita al commercio con porti anche lontanissimi. Ripercorrere la storia di Venezia richiederebbe davvero tanto tempo, e l’anniversario della nascita di questa città è l’occasione perfetta per scoprire qualcosa in più su un luogo considerato da sempre tra i più tipici, romantici e suggestivi. Sebbene la ricorrenza cada in un periodo particolarmente sfortunato, a causa della pandemia virale che l’ha colpita mettendo a dura prova il settore turistico, il berlusconiano sindaco di Venezia ha comunque dato il via ai festeggiamenti che si protrarranno per tutto l’anno, in un ciclo di eventi e manifestazioni volte ad omaggiare la Serenissima. È questo il momento giusto per tornare ad ammirare le sue infinite bellezze. Come Piazza San Marco, capolavoro monumentale che ospita nel suo baricentro l’incanto che emana la Basilica di San Marco, interamente rivestita d’oro, di mosaici e di elementi decorativi tali da renderla unica al mondo. O come il celebre Ponte di Rialto, il più antico ad attraversare il Canal Grande e senza dubbio il più ritratto dalle cartoline che immortalano la città. E ancora i palazzi storici che si affacciano sulle acque dei canali, i tantissimi musei che celebrano un enorme patrimonio artistico collezionato nel corso dei secoli, i deliziosi caffè che si affollano ai margini delle piazze principali e lungo le strette calle di Venezia, divenuti un vero e proprio simbolo della città. La Serenissima è un luogo magico, un capolavoro da preservare affinché mantenga ancora intatto il suo fascino nei secoli a venire. Gli studenti di Venezia affidati alla mia cattedra, alla domanda geografica: qual’ è la cima o punto più alto che hai frequentato? Rispondeva spesso ”Ponte di Rialto”. Uno mi disse ma lei sa che noi veneziani abbiamo il salotto di casa esterno e non interno. Risposi di no, ma la precisazione arrivò repentina: ”E’ piazza San Marco che è il nostro salotto aperto al mondo”. Capivo il loro sano orgoglio ed anche la vita pigra che alla loro età giovanile ancora non erano stati tutti almeno alle Tre Cime di Lavaredo. Io allo loro età conoscevo tutte le vette oltre i mille metri del mio paesetto appenninico, Letino, nel Sannio, tra l’attuale Molise e Campania con la cima di Miletto, al lato nord della piccola pianura delle Secine, a quota 2.050 m.

Ma vengo al dunque ambientale veneziano e veneto. Venezia, in laguna, ha iniziato ad esistere a partire a partire da capanne di pescatori  già esistenti sulle tante isolette lagunari prima ancora che arrivasse il pericolo distruttivo degli Unni, guidati da Attila sulla terraferma. Gli Unni non erano marinai né conoscevano il mare ma solo montagne, altipiani e deserti sassosi. Roma d’Oriente o Costantinopoli (Venezia al tempo delle crociate, trasportava i crociati con le poderose navi veneziane e al ritorno i marinai, ben istruiti da avventurieri riportavano  molti marmi, mosaici e la più nota quadriga romana dei cavalli di bronzo di Piazza San Marco, tutto gratis perché merce predata) aiutava sempre i pescatori lagunari, soprattutto durante il pericolo imminente dei barbari invasori. Un generale romano di stanza ad Aquileia con almeno una legione, prima del sopraggiungere degli Unni fu il primo a rifugiarsi in laguna, nelle capanne dei pescatori. Da là-oltre a tenere a bada eventuali pericoli d’invasione- mantenne i collegamenti economici, militari e politici con la fiorente Costantinopoli, che solo 1000 anni dopo cadde per mano dei Saraceni, segnando la fine definitiva della civiltà romano-bizantina. Il toponimo Venezia (e le sue antiche varianti: Venédia, Venétia, Venésia, Venéxia, Vinegia) era utilizzato inizialmente per indicare tutta la terra delle popolazioni venete preromane. Oggi, invece, alcuni politici doc e dop del Veneto si auto incensano veneti con la V maiuscola, dimenticando la storia che forse non hanno studiato sufficientemente con il prof. veneto pure doc, dop e igp. Prima di Roma esistevano i Veneti, i Liguri, gli Etruschi, i Sanniti, i Siculi, ecc. dopo furono assorbiti dall’unica amministrazione romana con la lingua dei Latini. Roma dunque ha plasmato il paesaggio europeo,  nordafricano e del vicino oriente, non solo naturale ma anche culturale, che sta alla base spesso della storia generale e locale. Ma se ciò è trascurato che studio ambientale si può compiere in modo non superficiale? E’ anacronistico ed antistorico pensare ai Veneti o altri come se Roma d’Occidente e d’Oriente non fosse esistita o quasi. Siamo tutti bastardi cioè misti di patrimonio genetico nel DNA di tanti popoli pre e post romani. Geneticamete si ricorda allo sprovveduto che il bastardo è migliore e ciò vale anche in cultura: “sapere è potere”. Spesso nelle fabbriche venete come altrove in Italia, l’operaio straniero conosce più lingue oltre l’italiano e ciò pone dei problemi all’operaio italiano che ne conosce una sola ed anche dialettale. Il titolare d’azienda lo scopre casualmente e a molti di tali stranieri viene affidato l’incarico dmaggiori responsabilità e con aumento di salario. Con Roma caput mundi, Venetia compare così nella suddivisione amministrativa augustea dell’Italia (6 d. C.) e, accanto all’antica Istria, faceva parte della X Regio. Il toponimo continuò a essere utilizzato sotto i Bizantini che chiamavano Venetikà, o Venetia marittima in latino, la fascia costiera da Chioggia a Grado. Di conseguenza il nome è passato poi a indicare la sua capitale ducale e della Signoria splendente e potente di Venezia. Ma resta indiscusso che il centro di Venezia splendente e cittadino è sorto solo più tardi, dopo il primo vescovo, in epoca tarda riunendo gli abitati sorti sulle sue isole. La venuta dei Romani a Venezia non fa che rafforzare questa situazione. Il sistema dei porti viene potenziato, mentre l’entroterra viene bonificato e soprattutto graticolato con la centuriazione, ancora ben visibile nell’attuale disposizione di paesi, strade e fossi. Un museo ben tenuto e promosso da giovani preparati sta a La laguna divenne forse luogo di villeggiatura per la nobiltà, come testimoniano alcuni ritrovamenti. Prima dell’attuale Venezia gli abitanti della terraferma dunque cercarono rifugio nelle lagune a seguito delle invasioni barbariche che si susseguirono dal V sec.:Unni nel 452, Longobardi 568, ecc. Tuttavia Venezia si presentava allora come un insieme di piccoli insediamenti ancora molto eterogeneo, mentre maggiore importanza assumono alcuni centri limitrofi come Torcello, ecc.. Parallelamente, si vengono a trasferire in laguna le maggiori istituzioni religiose, come il Patriarca d’Aquileia a Grado e il Vescovo di Altino a Torcello. Venezia divenne Ducato nel 697 dipendente dall’Esarcato di Ravenna. La breve vicinanza con l’impero dei Franchi, il rapporto privilegiato con Costantinopoli ne fece uno dei principali porti di scambio tra l’Occidente e l’Oriente, permettendo lo sviluppo di una classe mercantile dinamica e intraprendente che nel corso di quattro secoli circa trasformò la città da remoto insediamento e avamposto imperiale a potenza padrona dei mari, ormai totalmente indipendente. Con il doge F. Foscari la Repubblica di Venezia vide la maggiore espansione territoriale della sua storia e il dogato più lungo. Emblema della Repubbliche marinara, Venezia a ricordo ha il leone di San Marco, che appare nelle insegne marine della bandiera italiana unitamente ai simboli di Amalfi (prima tra le Repubbliche marinare), Genova (con cui detenne il primato su varie rotte e possedimenti come nel Bosforo dove ho visto il forte genovese) e Pisa. Il capo del governo era il Doge (dal latino dux), il quale vide, con il passare del tempo, il suo potere sempre più vincolato da nuovi organi istituzionali. La Repubblica marinara di Venezia è stata governata da 120 Dogi, la cui carica era a vita, quindi, qualora non indicato diversamente, con la fine del dogado si intende la morte del doge in carica. Gli stemmi dei Dogi dei primi secoli sono stati attribuiti a posteriori. Dopo oltre 1000 anni d’indipendenza, il 12 maggio 1797 il doge L. Manin e il Maggior Consiglio vennero costretti da Napoleone ad abdicare, per proclamare il “Governo Provvisorio della Municipalità di Venezia”. Molti Dogi, soprattutto prima dell’anno mille, si videro costretti a prendere i voti perché i cittadini li reputavano troppo bramosi di potere: alcuni vennero anche uccisi. Attualmente il Governatore leghista del Veneto è stato riconfermato alla guida regionale con il 74% di consensi elettorali, 20% in più del suo collega pidiessino in Campania. Il primo è sempre sotto i riflettori mediatici perchè gestisce, commenta e informa, un giorno si e l’altro pure, sui dati della pandemia locale, mentre i molti parlamentari veneti a Roma stanno a guardare tranne poche e rare eccezioni.  Entrambi i governatori pare che nella vita abbiano svolto solo il ruolo politico nel loro ambiente regionale. Niente lavoro diverso privato oppure pubblico. Eppure entrambi non sono nobili come i Dogi o della corte dei Borboni. L’ambiente veneto come quello campano e delle altre 18 regioni amministrative italiane pare che trascuri le vaccinazioni degli anziani per altri gruppi di persone, dice il Governatore nazionale, che ha il merito di aver studiato sodo e lavorato senza il premio dell’orticello elettorale o feudo che meglio esprime la democrazia partitica odierna nostrana. Ogni ambiente va esaminato senza trascurare la Storia generale e non solo quella locale spesso scritta con troppo campanilismo, governato ad arte popolare dai politici che approfittano della credulità dei sudditi, ma non dei cittadini pensanti e critici, cha applicano l’art. 4 della Costituzione. Anche quest’anno la Regione del Veneto ha riconosciuto l’opportunità di partecipare all’iniziativa ed infatti effettuerà lo spegnimento simbolico delle luci non essenziali delle sedi della Giunta Regionale del Veneto ubicate in Venezia Centro Storico (nel dettaglio: Palazzo Santa Lucia – illuminazione esterna; Palazzo Balbi – illuminazione facciata lato canale). Ma cos’è l’”Ora della Terra”? È un evento internazionale che nel corso degli anni si è diffuso rapidamente in tutto il mondo, fino a coinvolgere centinaia e centinaia di Paesi in tutto il mondo. L’iniziativa, partendo dal gesto simbolico di spegnere le luci per un’ora, unisce cittadini, istituzioni e imprese in una comune volontà di dare al mondo un futuro sostenibile e vincere la sfida del cambiamento climatico. Obiettivo dell’iniziativa è quello di incrementare la consapevolezza del valore della natura e della biodiversità e richiamare l’attenzione sull’urgente necessità di intervenire sui cambiamenti climatici in corso, con comportamenti volti ad un utilizzo più attento e consapevole dell’energia, a politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici, di riduzione delle emissioni di gas serra e dell’inquinamento luminoso. L’adesione all’iniziativa si concretizza in un gesto semplice ma concreto quale quello di spegnere la luce per un’ora, dalle 20.30 alle 21.30 del 27 marzo 2021. Il risparmio energetico legato a tale gesto e le relative minori emissioni di anidride carbonica, il principale dei “gas serra”, sono del tutto simboliche ma hanno lo scopo di sollevare l’attenzione sul tema dei cambiamenti climatici e dell’uso razionale dell’energia. Il  superbonus italiano del 110%, con salto di qualità di almeno due classi energetiche, va nella direzione del risparmio energetico nazionale e globale per rispondere all’accordo di Parigi del 2015 sulle variazioni climatiche in corso, che non bisogna sottovalutare, ma nemmeno applicare la scuola dell’ecocatastrofismo di moda corrente, basata sul biocentrismo, troppo diffusa nei media ed anche in non poche cattedre dalla romana cattedra San Pietro a quelle dipendenti globalmente e non solo di quelle dei novello guelfi.

Prof. Giuseppe Pace (esperto di studi ambientali internazionali).

 

 

 

 

 

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