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Lottare strenuamente: in ricordo di Sinisa Mihajlović

Napoli, 16 Dicembre – Il sei settembre scorso, leggendo di sfuggita i quotidiani digitali, son giunto a conoscenza dell’esonero di Sinisa Mihajlović ad opera dei vertici del Bologna: tale decisione, che il presidente stesso ha definito “sofferta”, è la chiara riprova che non si ha più un briciolo di riguardo per un essere umano che cerca di vincere la propria battaglia contro una malattia…per poter tornare in campo più forte di prima.

Aveva chiesto tempo, il tecnico Serbo: necessitava, invero, di dialogare con i calciatori e lo staff in maniera approfondita per trovare una soluzione ai problemi che, dopo una stagione pressoché dignitosa, erano venuti alla luce; ma in Italia, si sa come va a finire: quando non sei più “utile”, oppure dici la verità, ti gettano via come un sacco dell’immondizia.

Tutto sommato, la compagine Emiliana era tecnicamente ben preparata: il giuoco che esprimeva testimoniava appieno l’impegno instancabile profuso da Mihajlović, dato che ogni avversario era chiamato a lottare fino allo stremo per avere la meglio su quel Bologna plasmato dal Sergente, noto per i continui incitamenti a non gettar mai la spugna.

Giunto ad un certo stadio della sua esistenza, anche lui è stato chiamato a combattere: l’avversario, da identificarsi in una grave forma di leucemia, era a dir poco insidioso, ma a Sinisa non è mai mancata la voglia di vivere, o meglio…di vincere. La prima parte di questa lotta è stata, infatti, vinta dal compianto atleta: un trapianto di midollo osseo gli ha consentito di debellare il peggio, dunque di tornare nel luogo da lui sempre denominato “casa”, ovverosia il campo da calcio, ove lo attendevano, festanti, i suoi giocatori, coi quali è sempre intercorso un legame che va ben al di là della mera relazione lavorativa.

È accaduto, tuttavia, che il nemico invisibile cennato nelle righe precedenti…gli ha teso un’autentica imboscata: come i Lettori ben ricordano, Sinisa ha dichiarato che la malattia s’era improvvisamente ripresentata, ragion per cui era costretto ad allontanarsi nuovamente dai campi sportivi; cionondimeno, egli ha solennemente promesso di non abbandonare mai il gruppo che aveva costruito, promessa cui ha tenuto fede fino al giorno in cui i piani alti dei Rossoblù hanno assunto la decisione, alquanto reprensibile ed inumana, di mandarlo via, temendo la relegazione nella serie cadetta e la conseguente perdita di liquidità.

Mihajlović, però, non la vedeva così: lui, facendo tesoro della lezione impartitagli da Vujadin Boskov, suo allenatore ai tempi della Roma, asseriva – scientemente – che la fine del campionato era ancora lontana (“la partita finisce quando l’arbitro fischia”, soleva dire il defunto allenatore classe 1931), quindi avrebbe ben potuto, insieme con la squadra, imprimere alla stagione quella svolta tanto auspicata dai vertici societari.

La “partita” dell’esistenza terrena è terminata per Sinisa; ma, da credente, ritengo ch’essa sia solo un passaggio: il nostro fratello, campione con la palla tra i piedi e signore al di fuori dei campi da giuoco, è ora nella Gloria di Dio, sorridente e grato per quel dono dell’humanitas che l’ha sempre visto al servizio di tutti. Dio Ti abbia in gloria, grande Sinisa!

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