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Lavoro, l’art. 4 della Costituzione della Repubblica Italiana: l’illustre sconosciuto per molti liberi professionisti laboriosi

Napoli, 20 Gennaio – La quotidianità italiana del lavoro è tutt’altro che rosea (malgrado i titoli di studio accademici e le referenze che, con arduo studio e non poche difficoltà ed ostruzionismi, ognuno di noi può cercare – e riuscire – a conseguire).

Mi preme, tuttavia, evidenziare come tale situazione risulti essere drammaticamente vera per i liberi professionisti (forensi, come me) e di varie categorie.

Esemplificando: Lo Stato Italiano ha il dovere di rendere effettivo il diritto al lavoro (art. 4, primo comma, Cost.), ma questo per i liberi professionisti accade sempre nella realtà? A mio modesto parere, ritengo che la risposta sia positiva solo per pochi “pulcini bianchi”, mentre la maggior psrte di Noi deve, letteralmente, tirare i pugni (metaforicamente ma con notevoli sforzi) come agguerriti pugili per cercare di portare a casa il pane quotidiano (anche perché non sempre gli assistiti pagano il giusto compenso a tempo e luogo).

Il libero professionista non paga le tasse come tutti i cittadini (lavoratori e lavoratrici)? Non rende un indispensabile servizio di pubblica necessità in favore del consesso sociale? L’autonomia degli Ordini Professionali che garantisce, in concreto, agli iscritti, in termini di effettività del lavoro?

Per me la soluzione al problema, affinché il diritto al lavoro per il libero professionista non sia tale solo “sulla carta”, è la seguente: il Parlamento Italiano deve provvedere a statalizzare le libere professioni, in modo tale che i Consigli degli Ordini Professionali diventino Amministrazioni statali (sottoposte al Ministero competente per materia) con funzione di distribuzione delle pratiche di lavoro a tutti gli iscritti, secondo le competenze professionali maturate, progressivamente, nel tempo, garantendo lo Stato, di ufficio, il pagamento del compenso agli iscritti, in caso di insolvenza ad opera degli assistiti secondo parametri equitativi, con tassazione degli onorari percepiti non superiore al 5% (con previdenza sociale affidata per tutti all’INPS con abolizione delle Casse, fermo restando il riconoscimento dei contributi già versati in passato sin dalla iscrizione, come Praticante, al Consiglio dell’Ordine Professionale).

Ne discende che i Consiglieri degli Ordini Professionali (compreso il Presidente) potrebbero, di conseguenza, assumere il loro ruolo, solamente a seguito del superamento di un concorso nazionale, bandito dal Dicastero di riferimento (con cadenza biennale). Il vantaggio pratico? La certezza del lavoro per gli iscritti (da considerare, quindi, impiegati statali) ai Consigli degli Ordini Professionali e la fine del monopolio di fatto delle “grandi firme” delle libere professioni che, molto spesso, si aggiudicano le fette grosse del lavoro, elargendo le briciole ai Colleghi ed alle Colleghe “uomini e donne comuni”. Combattiamo per tutto questo con legalità e coraggio restando uniti!

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