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LA FANTASIA AL POTERE

Napoli, 1 Dicembre – A volte la fantasia va al potere… almeno nella nostra mente. Così possiamo consolarci e sognare a occhi aperti, ma anche immaginare il futuro che vogliamo. E mettere poi in pratica soluzioni creative. La storia infinita, i giochi dell’infanzia e i sogni a occhi a aperti hanno tutti un unico comune denominatore: la fantasia. Potente strumento della mente che ci proietta in mondi inesistenti dove tutto è possibile. Attraverso il gioco, i bambini creano fantasie che consentono di andare oltre i loro limiti.
Sono consapevoli che il “fare finta di” non è la realtà ma, fin che il gioco dura, è come se lo fosse. Anche l’adulto che fantastica sperimenta quel senso di onnipotenza: abbatte le barriere fra passato, presente e futuro e vive l’illusione di manipolare la realtà a suo piacimento. Con la fantasia non può azzeccare la schedina del totocalcio, ma può immaginare ciò che farebbe se diventasse milionario. Finché, poi, la fantasia non arriva al potere: comici, saltimbanchi, trasformista, venditori di fumo, nullafacenti, nani e ballerine. Difficile non scorgere nell’attuale mediocrazia che domina la politica e qualsiasi altro ambito della vita italiana un inveramento, magari distorto, di certi principi del ‘68. Nell’anno del cinquantenario, che una classe di ex giovani che ha fatto fuori brillantemente i padri, senza lasciare manco un trapuntino ai figli, si appresta a celebrare per festeggiare la presa del potere, si palesano le contraddizioni di una rivoluzione sui cui meriti, oggi, avanziamo parecchi dubbi. Il ‘68, a lungo salutato come una “rivoluzione progressista”, anche per le brillanti carriere che molti protagonisti di quella stagione hanno fatto, oggi appare, non solo come un momento di crisi dell’Occidente, ma della stessa Sinistra che ne doveva incarnare l’anima più profonda.
Dalla sinistra comunitaria, alla sinistra individualista e liberale, al punto tale di poter parlare di “sinistra fase suprema del Capitalismo”, per spiegare come quei valori libertari e anti autoritari del ‘68, lungi dall’emancipare l’Uomo, abbiano favorito le dinamiche più perverse e “biopolitiche” del Capitalismo. L’enfasi libertaria del ‘68, infatti, ha finito per legittimare il liberismo, puntellando l’individualismo ostile a freni e inibizioni della “Milano da Bere”. Vietato vietare è il mantra del mercato che deve ricondurre alle logiche di profitto ogni ambito della vita, a incominciare dal privato. L’ultrademocraticismo livellante ha condotto verso la scuola che non boccia, favorendo la tabula rasa culturale di un Paese affetto da analfabetismo funzionale: l’uno vale uno nasce qui, e dall’odio di classe di quegli italiani profondamente ostili alla competenza e al “culturame”, come lo chiamava il duce. Il libertinismo e la liberazione sessuale hanno spianato la strada al capitalismo totale desiderante, che fa del primato dei bisogni indotti la sua ragione d’essere. L’anti autoritarismo si è trasformato in rigetto dell’autorità. Lo smantellamento dell’etica protestante del Capitalismo e la distruzione di ogni formazione sociale, sono servite per assoggettare ogni ambito di vita alle logiche dell’economia.
La dissoluzione di ogni legame comunitario o istituzione tradizionale, quali famiglia, Chiesa, Stato, accusati di fascismo, è servita a spianare la strada a un Capitale che, per funzionare, ha bisogno di basarsi su di un iperindividualismo totale, che fa della retorica dell’uomo libero, artefice di se stesso, la propria pietra angolare. Paradossalmente, quando famiglia e morale borghese diventano un impaccio per l’espansione della sfera economica, ecco che il capitalismo di destra sposa la morale libertaria di sinistra. Una sinistra dei valori, non più legata alla base materiale che l’ha prodotta. “Il potere della fantasia ci ha condotti sin qui”.
#NonCapiscoNullaDiNulla

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