Cultura

FU VERA GLORIA?

Napoli, 5 Maggio – Questo è il tenore dell’interrogativo che il Manzoni, nel verso iniziale della seconda strofa dell’ode “Il Cinque Maggio”, si pone sul conto del gran condottiero Napoleone Bonaparte; tuttavia, il poeta e scrittore Meneghino sostiene di non essere (ancora) in grado di rispondere adeguatamente al summenzionato quesito: l’ “ardua sentenza“, a suo avviso, compete “ai posteri“, ossia a coloro cui, nelle epoche successive, saranno tramandate le gesta del Grande Còrso.

Questa mattina, dopo essermi ridestato al termine di una notte abbastanza tranquilla (al pari di quella del Principe di Condé, cui il Manzoni fa menzione nel primo rigo del secondo capitolo de “I Promessi Sposi“, cui va contrapposta quella insonne vissuta da Don Abbondio), ho realizzato che eran trascorsi ben centonovantotto anni dal giorno in cui l’uomo che modificò la cartina d’Europa esalò l’ultimo respiro nella lontana isola di Sant’Elena – dov’era stato mandato in esilio dopo la sconfitta a Waterloo ad opera degli Inglesi, comandati dal Duca di Wellington -, di talché i miei neuroni non hanno esitato a mettersi in moto: avendo studiato approfonditamente l’età napoleonica in secondo liceo (così era denominato, secondo il vecchio ordinamento, il quarto anno del liceo classico), ricordo quasi con certezza ogni singolo step che il Bonaparte ha dovuto superare per conquistare il potere; tuttavia, cari Lettori, vi confesso che il dubbio dal quale era tormentato il Manzoni…..sta assillando la mia mente da diversi anni. In altre parole, malgrado l’avanzare inesorabile dei secoli, neanch’io mi ritengo capace di sciogliere il dilemma su cui la presente riflessione fa perno. Ma perché mai? Cercherò di spiegarlo in maniera succinta, ma esauriente.

Orbene, siccome chi scrive i manuali di storia adottati qui in Italia non si dimostra particolarmente obiettivo nel descrivere la figura di Napoleone, ho ritenuto opportuno avviare, per mia scienza, una piccola ricerca sul suo conto: a molti storici “nostrani” sfugge, infatti, che i suoi provvedimenti legislativi, pur costituendo una grande conquista nel contesto giuridico dell’epoca (si ricordi il famoso Code Civil, altrimenti detto Code Napoleon, da cui trassero ispirazione i legislatori di tutt’Europa, incluso quello Italiano del 1865), segnarono una svolta radicale all’interno della società Francese e, al tempo stesso, seppero frenare ogni opposizione, spianando così la strada all’instaurazione di un governo suscettibile – secondo alcuni, beninteso – di assumere caratteri autoritari. Questa tesi, cari Lettori, va condivisa solo in parte: non cada nell’oblio, infatti, la soppressione della libertà di stampa, mossa con la quale gli obiettivi di liberté, egalité e fraternité (It.: “libertà, eguaglianza e fratellanza”) vennero completamente traditi (e, come ho già rimarcato in diversi lavori, senza stampa non potrà mai esservi libertà); eppure, sotto l’impero di Napoleone furono rafforzati princìpi costituenti tuttora la colonna portante di una serie di ordinamenti democratici: si pensi, ex multis, alla garanzia della proprietà privata, alla libertà d’iniziativa economica, alla libertà di lavoro, et cetera.

Anche sotto il profilo testé esaminato, però, c’è una….”malaparte”:  pur essendo stata sancita l’eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, la donna – che durante la Rivoluzione era stata posta sullo stesso piano dei citoyennes di sesso maschile – tornò ad esser considerata inferiore all’uomo, cosa che io reputo ingiusta e vergognosa.

Fu vera gloria, quella di Napoleone? Cari Lettori, non ho intenzione di deludervi, ma, data la natura dualistica dell’agire di Napoleone (non solo Bonaparte, ma anche “Malaparte”), mi rattrista dovervi dire che…..ancora non lo so!

 

Adriano Spagnuolo Vigorita 

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